

LA LESTA DI SAN Q IOVANNI
vivaci colori, adorno di fiori e di spighe e
tirato da due magnifici buoi aggiogati, ve
nivano introdotti solennemente nella nave
maggiore del San Giovanni vicino al pre
sbiterio i prodetti della
Dacia
: sacchi di
frumento, fusti di vino e grandi ceste di
pani o
michini
bianchissimi.
Interveniva alla funzione il Corpo Decu-
rionale ed i maggiori personaggi della città
con una rappresentanza di tutte le arti cit
tadine e campestri. La funzione comincia
va a metà mattinata. A ll’Offertorio della
Messa Pontificale si presentavano al V e
scovo celebrante i doni destinati all’Altare
e quelli destinati alla popolazione. Il V e
scovo li benediceva solennemente e termi
nata la Messa, uno dei Priori o Massari
della Festa leggeva — ritto sul carro —
l ’elogio o sonetto del Santo, spiccando alla
fine un gran salto in onore di S. Giovanni.
Poscia a corsa moderata si faceva girare il
carro per le navate laterali ed uscendo da l
la chiesa i buoi erano spinti a corsa sfre
nata per le vie principali della città in
mezzo agli applausi e alle grida della folla
esaltante.
Frattanto da persone deputate a ll’uopo si
facevano le sopra mentovate distribuzioni
di cibarie : i poveri si portavano a casa
grano e vino, tutti il pane benedetto, la
carità
di S. Giovanni.
Dopo la funzione religiosa aveva luogo
la baldoria, detta dei
vignolanti,
e si mena
vano danze e carole paesane regolate dal
sunnominato
Re Tambucando,
sovente
facevasi pure una corsa di cavalli fuori del
la porta Marmorea, verso San Sebastiano.
» Nel 1463 — così scrive il Cibrario nella
Storia di Torino (voi. I, pag. 375) — do
dici cavalli furono ammessi a corrert : otto
di nobili, fra i quali, un Malabaila, un Roe-
ro ed un Borgaro : quattro di cittadini, fra
i quali Antonio di Firenze, che fin dal 1456
leggeva chirurgia nell’Università di To
rino.
« 1 fantini non potevano portar frusta o
verghe con cui battere il cavallo. Il I" pre
mio era un pallio di velluto perso lungo
dodici braccia ; il 2" un berretto molto bello
di fino scarlatto ; il 3" una bella spada. Era
no anche in uso quei sacri spettacoli che si
chiamavano propriamente misteri. A San
Giovanni del 1468 v ’ebbe corsa al pallio e
recita del martirio di S. Vittore ».
Scomparsa dalla festa la corsa del carro,
anche le distribuzioni di cibarie ai poveri,
per mancanza di fondi, andarono in disu
so, e rimasero solo i pani benedetti, surro
gati oggi con biscottini avvolti !n una carta
con l ’impronta del Santo, che la Compa
gnia di S. Giovanni Battista, detta la
« Consorzia » distribuisce nel giorno della
festa ai Confratelli e Consorelle.
Parlando della processione di San
I
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vanni, sempre lo storico Torinese Cibrario,
dice che « mandavano grosso torchio — le
Dame, i Notai, i Mercanti, i Sarti, i Beccai,
i Tavernieri, la Compagnia degli Scuolari,
coloro che si facevano sposi in tempo pros
simo alle feste del Santo ; gli uomini di
Grugliasco, ed in breve ciascuna delle arti
cittadine e campestri ; e questi torchi si con
servavano poi nel Duomo dinanzi a ll’a l
tare del Santo ».
Tutto il popolo ed i personaggi più in
fluenti della città, u . . u capo il Vescovo,
intervenivano alla processione di San Gio
vanni.
* * *
Nel I 509, per causa della peste, la Com
pagnia si era ridotta ai minimi termini.
Ma l’arcivescovo Broglia esortò i Consi
glieri della città a fare qualche voto a San
Giovanni Battista, ed al 23 giugno, vigilia
del Santo, infierendo maggiormente la tra
gica epidemia, la città per ottenere la li
berazione fece il voto di mandare in
per
petuo,
nel giorno della Solennità del San
to, sei Decurioni con torcia ed occorrendo
che si dovesse fare qualche spesa a ll’a l
tare del Santo.
Bentosto la Compagnia riprese nuova vi
ta, ascrivendosi ad essa numerosi perso
naggi, fra cui lo stesso Duca Larlo tm a -
nuele con tre dei suoi figli.
« Alla processione votiva del 24 giugno
intervenivano i Sindaci ed i Decurioni della
città mandando sempre le loro torcie, che
lasciavano poi in dono alla Compagnia.
Oltre al dono delle torcie, ciascun membro
componente la deputazione della città, al
bacio della reliquia nell’atto che il Priore
della Compagnia gli presentava il pane be
nedetto, faceva l’offerta di un testone d ’a r
gento, moneta antichissima di Genova e di
Firenze, coll’impronta di San Giovanni
Battista.