Table of Contents Table of Contents
Previous Page  444 / 1821 Next Page
Information
Show Menu
Previous Page 444 / 1821 Next Page
Page Background

DON ROSCO SANTO ITAL IANO

stenza delle ultime cellule della romanità: nè dalla

vita municipale governata da statuti e norme in

cui continua ad alitare il respiro di Roma, nè dalla

famiglia che continua a lavorare come un tempo

la sua terra ed a mandare i suoi figli a battersi per

tener chiuse allo straniero le porte d’Italia.

La Casa di Savoia vi ha reclutato, non diversa-

mente da Cesare, le sue truppe senza che, da molti

secoli fino ai nostri giorni, anche una generazione

andasse immune dalla guerra. Mutate le uniformi,

ma non lo spirito religioso, guerriero, tenace e sereno

attraverso i secoli, quella terra fu ed è madre di

alpini non meno che di camicie nere: presenti, com­

battenti e sacrificanti a tutto lo sviluppo della nuova

redenzione fascista della Patria. Duri nella fatica

come nella franchezza del linguaggio, accompagnano

l’opera sacra del pane o l’ardore del combattimento

con le loro canzoni e riposano con le loro danze.

Le une e le altre ebbero nel tempo il nome della

terra e furono chiamate «monferrine ». Oggi quella

musica e quella poesia, passate a tutto l’Esercito

di Vittorio Veneto e pertanto a tutta l’Italia vitto­

riosa attraverso la guerra, si chiamano «canzoni

alpine ».

La fede è connaturata in quei figli della terra,

del Piemonte e di Roma come il sale nel mare,

come l’arsura nel vento.

Da ima famiglia di quei contadini, fra i più umili,

fra i più diseredati, fra i più legati a quei campi ed

a quelle vigne, come un tralcio di vite generato dal

creatore nasce questo Santo italiano. Egli trae gran­

dezza e santità, intimamente legate come sintesi di

tutte le virtù della terra e della gente da cui ha

origine. È un prodotto di Dio e «del suolo ».

Suo padre era un povero contadino che posse­

deva una casa assai più significativa nella sua po­

vertà che non la «porziuncola » di San Francesco.

San Francesco aveva abitata la «porziuncola» per ri­

nunziare alla vita, per macerazione dello spirito e

del corpo in penitenza ed in ammonimento di ritorno

alle cose semplici dopo la ricchezza, il fasto ed il

disordine. Don Bosco è nato in quel povero abituro:

composto di una stalla per due capi di bestiame

bovino ed una cameretta a terreno e di un fienile e

due camerette al piano superiore alle quali si accede

per ima scaletta ed un loggiato di legno malamente

squadrato e nelle quali un uomo di alta statura

toccherebbe del capo. La vista di quella casa vi

prende fino in fondo al cuore.

Così potrebbe essere immaginata la capanna di

Betlemme, così può essere rappresentata in sintesi

la vita di tutto un mondo rurale che è, come fu, il

più puro custode della sanità e delle tradizioni della

razza ed al quale oggi soltanto il Duce della Rivolu­

zione Fascista prepara un migliore domani in un

clima degno di Roma.

Sua madre era una buona e pia donnetta di

campagna, dotata di qualche naturale ingegno, di

solide virtù risparmiatrid, di non poche qualità di

intransigenza che si faceva talvolta durezza; ogni

cosa fondata sopra una morale contadina, ma incrol­

labile. Non posso condividere gli entusiasmi a mio

avviso eccessivi di pressoché tutti i biografi per Mar­

gherita Occhiena. La formazione di Don Bosco è

figlia della Provvidenza e non della madre nè del

padre mortali. Questi era morto quando il piccolo

aveva due anni e quella non aveva capito il figlio,

come del resto non l’aveva capito il parroco del

paese al quale pure Giovanni aveva dato più di

mille prove della propria vocazione al sacerdozio ed

alla educazione dei fanciulli. La buona donna che

era stata sposata in seconde nozze dal padre di

Giovanni, morto il marito e fatto grandicello un

figliastro che della razza contadina aveva esagerati

i difetti e ridotte le solide virtù e che solo poteva

portare utile alla vita dei campi un bel giorno aveva

messo un pane in mano a Giovanni e l’aveva man­

dato per il mondo a guadagnarsi l’altro pane.

Il

pastore di greggi diventa così nell’abbandono

attraverso mille prove, artiere di ogni arte e quindi

pastore di -anime. Quanti uomini da questi abban­

doni, da queste solitudini, da questa lotta per la

esistenza negli anni più teneri e più difficili non

hanno ricevuto colla buona tempra la formazione

eroica!

Egli giunge tardi al sacerdozio ma vi giunge dopo

molte prove, avendo già conosciuta la vita, avendo

già provata la fame e il sopruso e l’affronto, ed

imparato fuori delle aule di una scuola o di un col­

legio ad accogliere ogni diversa necessità con volto

sorridente. Il bagno gelido fa del ferro l’acciaio.

Fanciullo ancora, prima che egli abbandoni il

suo gregge, don Bosco vede il suo futuro destino.

Lo vede in sogno, così come più tardi altri sogni gli

segneranno i gradini ed i piani della angelica scala

della Sua vita in continua ascesa verso la perfezione

che oggi la Chiesa ha additata al culto ed alla vene­

razione del mondo e della quale va fiera la Patria.

I Suoi sogni, le Sue visioni, le Sue profezie, la Sua

veggenza a distanza, provati nel tempo come verità,

ci portano ai margini del mondo dello inconoscibile

davanti al quale la vita ed il pensiero umano sono

costretti a fermarsi non sapendo della fonte e della

foce del nostro fiume se non quanto d dice, altis­

simo conforto, la fede.

Attraverso le pietre miliari di queste creature di

eccezione che il Creatore dispone sul camminò della

umanità, per noi oscurissimo, abbiamo qualche guida

e qualche sprazzo di luce, perchè la nostra fede, che

dovrebbe pur bastare a sé stessa, riceva nella sua

pochezza Ù suffragio e la scuola della storia.

Giovanni segue l’imperativo del suosognoe ricalca

le orme del destino che lo guida verso la Chiesa

— sarebbe tardi per tutti entrare in seminario a

quell’età e sarebbe tardi a 25 anni per uscirne come

ne uscì nd giugno dd 1841. Egli invece non ha

perduta un’ora della sua vita perchè tutte le avver­

sità, tutte le prove subite, tutte le arti imparate,

tutte le cose tristi e gioconde vedute gli erano in­

dispensabili, così che si può ben dire oggi die nep­

4