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Scacciata, si rivelò : era Moenè Monenga.

gran dama d’una tribù vicina; e si mise a

intonare un canto triste. All'ultima nota

l'intero villaggio spariva tra 1irrompere di

acque vorticose.

Racconti del genere, più o meno adorni

nei particolari (non senza l ’episodio dell u-

nica persona caritatevole risparmiata dal to­

tale disastro) registrò a sua volta il tenente

Caroeron durante il viaggio nell’Angola.

La Pasqua di Bussoleno e il Carnevale

d’ivrea

In Piemonte, due leggende che hanno tra

di loro parziale somiglianza si inseriscono,

l ’una nelle tramontate usanze pasquali di

Bussoleno (Valle di Susa), l’altra in un bra­

no di storia medievale eporediese. A Bus­

soleno. in occasione della Pasqua e fino a

or fa mezzo secolo, ai consiglieri comunali

si soleva distribuire un fuso, provvisto, a

ciascuna delle estremità, d’una punta di me­

tallo. Muniti di quest’ordigno, con banda

musicale in testa e accompagnati dalla fol­

la, gli amministratori della pubblica cosa si

recavano in un prato, venivano separati in

due squadre, si fissavano gli oggetti da col­

pire e le parti avversarie gareggiavano a

quale delle due coglieva meglio nel segno.

Dall’innocente trastullo, cui i consiglieri

partecipavano in veste ufficiale, è rampol­

lata la leggenda d’un signorotto, dominato­

re di quelle terre, il quale s’era incapricciato

d’una fanciulla, giurando di farla sua. Un

giorno in cui egli credeva di raggiungere lo

scopo con un odioso atto di violenza, la fiera

fanciulla si divincolò, scese sulla piazza (era

giusto la Domenica della Resurrezione), e,

strappato dalle mani dei giocatori un di que’

tali fusi dalla punta ferrata, corse a immer­

gerlo nel seno del persecutore. Il gesto par­

ve un segnale. Il popolo che si accalcava

alla festa, insorse, impegnò una dura

batta­

glia e scacciò il tiranno.

Poco differente è la leggenda d’ivrea,

dove si narra d’una leggiadra mugnaia che

si ribellò al diritto di prima notte imposto

dal barone feudatario, tagliando a costui, di

netto, la testa. Uscita poi sugli spalti del ca­

stello ne diè notizia al popolo, il quale, già

angariato dalle prepotenze del baroni, in­

cendiò il Castellazzo, demolendolo fino al­

l’ultima pietra e proclamando la libertà. In­

dagini storiche hanno assodato che il castel­

lo fu effettivamente distrutto in una rivolta

di popolo, dopo la morte del marchese di

Monferrato, Guglielmo II, in un’epoca in­

certa tra gli ultimi anni del XIII e i primi

del XIV secolo; ma escludono che alcun

signore vi sia mai stato decapitato, nè per

mano di una mugnaia nè

1 r; negano

altresì che sia mai esistito, nell’incantevole

città di Arduino, un

jus primae

noctis.

La leggenda è tuttavia ricordata ogni

anno con le feste del Carnevale d’ivrea, e

per la circostanza la mugnaia, una fra le più

belle ragazze eporediesi, avvolta in un man­

to bianchissimo, appare, come in soglio, su

di un carro, preceduta e seguita da folto

corteo di cavalieri, di dame e di paggi.

C A R L O ME R L 1 N 1

(I) Sulle leggende della Valle di Lanzo è diligente men­

zione in un volume di Maria Savy Lopez (editore Brero.

Torino, 1886). Vi è notevole la tradizione di Matolda, che

ha dato il nome a una regione tra il Colombardo e 'a

punta del Grifone. Si tratta d'una giovane (uggita al fian­

co dello sposo minacciato dal nemico, al tempo. Ione, in

cui i Saraceni devastarono i valichi vicini. Si racconta

d'una corsa penosa tra le rocce, finché lei. affranta, esau­

sta. non cadde per sempre, spegnendosi dopo una lungi

agonia. La neve ricoprì la spoglia di Matolda, mentre ii

marito, staccatosi a (orza, riprendeva il triste viaggio.

Tra Mezzenile e Ceres si racconta la (avola del

lame

Dogante, chiamato anche, da quei pastori,

fuoco fascialo,

il quale apparirebbe lontano, con riflessi vermigli, ai vian­

danti attardati di notte nei boschi o lungo le mulattiere

Si vuole che sia l'anima vagabonda d'una strega vissuta nel

medioevo. Non ha l’aspetto d'uno de' soliti i fuochi fa­

tui >: e se qualcuno osa avvicinarsi, parla, pronunziando

oscure minacce (che nessuno, naturalmente, ha mai udi­

to). Se poi l'uomo persiste ad accostarsi, il fuoco si sud­

divide in piccole fiamme rosse che circondano il malca­

pitato.

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