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■ À j y i f e H A

N t M I I L I v M

Leggende e miti della regione subalpina

« Ciò che si radica più facilmente presso

un popolo » disse Carlo Nodier « non sono

le finzioni che lo conservano, ma le menzo­

gne che lo divertono ». Queste lucenti e im­

maginose menzogne sono forse nel Piemon­

te più numerose e diffuse che altrove. E si

comprende il perchè. Gli archi millenari, i

castelli vetusti, i ponti giganteschi, i con­

venti tetri come fortezze, di cui le provincie

di Torino e d'Aosta sono disseminate, com­

pongono uno scenario magico e fastoso par­

ticolarmente atto a stimolare la fantasia; e

quelle costruzioni che sorgono sullo sfondo

di conche verdissime, agli orli di laghi cri­

stallini, a cavallo di foschi burroni e di spu­

mosi torrenti, su vertici rocciosi e su scabri

pendii, in una cornice di vette aguzze e di

nevi perenni, sembrano il domicilio più

adatto a tutti gli esseri sovrannaturali che lo

spirito dei valligiani ha creato per la propria

sete d’irrealtà.

S’è accumulato così, attraverso i secoli,

una specie di patrimonio popolare, che il

nostro popolo si è tramandato di padre in

figlio, di avo in nipote; storie di fatti non

mai accaduti ma su cui nessuno sente il bi­

sogno d’invocare un controllo, ideati con

un gusto che fa pensare a embrionali ma­

nifestazioni liriche di cantori primitivi.

Dalla Valle d'Aosta, cui formano smisu­

rato diadema le più eccelse cime d’Italia,

alla Valle di Susa che s’incorona di gem­

mati valichi: dalle valli di Lanzo(l) care

alle cacce regali, giù giù fino alle fertili pia­

nure canavesane, è tutta una folla di fanta­

smi cui, da centinaia d’anni, il montanaro

e il contadino hanno riconosciuto poteri dia­

bolici o virtù celesti.

Fate e folletti

Si parla di fate generose che protessero

raccolti e greggi ; di seminagioni distrutte

per influsso di fate malefiche; di fontane

della morte la cui acqua fu ad arte avvele­

nata, e di fontane della giovinezza il cui

fresco zampillo, sorseggiato, ha l ’efficacia

terapeutica press’a poco delle glandole Wo-

ronoff; di favolosi tesori nascosti e vigilati

da anime in pena ; di torri

finestre, la

notte, s’illuminano misteriosamente; di ca­

verne abitate da mostri ghiotti d’uomini e

di bestie; di pastorelli stregati e di folletti

maliziosi che mutan sembianze, apparendo

nei travestimenti più impensati. Tutta la

brillante e suggestiva atmosfera, come si

vede, dei Racconti meravigliosi di Carlo

Perrault.

Ma si ritrovano, anche, significati più alti

di filosofia che rammentano le saghe nordi­

che a cui si ispirò Wagner. Ecco immense

ricchezze il cui possesso reca sventura come

se un sinistro anatema vi fosse legato (im­

placabile maledizione dell’oro nell’Anello

dei Nibelungi) ; foreste i cui rami, agitan­

dosi, intonano la melodia dell'universo o

ripetono la voce di trapassati, i corpi dei

quali furon tramutati in nodosi e contorti

tronchi d’albero; fate avvenenti che fanno

un po’ la parte delle sirene tentatrici, trasci-

nando i riluttanti mariti altrui; e raggi di

sole a cui gli eremiti appendono i laceri

mantelli, offrendo così una prova della pro­

pria santità.

Qualche episodio consiste in apparizioni

penose e incoerenti come quelle di certi in­

cubi nel senno tormentato di un dispeptico.

é