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Città distrutte

Una concezione di grandiosità apocalit­

tica è senza dubbio quella che illustra la sor­

te di due città piemontesi sepolte per puni­

zione divina. Una di esse, veramente, esiste

ancora : Avigliana, antichissima, già in pie­

no sviluppo sotto i Romani ; sede, in segui­

to. dei conti di Savoia (vi nacquero Um­

berto II e Amedeo VII, chiamato il Conte

Rosso), grigia e un po' aduggiata nella

parte alta, ridente e fiorita nella parte bassa,

a specchio del lago in cui si riflettono il San­

tuario della Madonna e il piccolo silenzioso

convento attiguo : un tranquillo paesaggio

che si direbbe manzoniano per quel che di

pace tra borghigiana e claustrale che vi spira

attorno ; tanto manzoniano che, una dozzina

d anni fa, il ccnventino così caratteristico fu

utilizzato da una casa cinematografica tori­

nese per riprodurre... il convento di Pesca­

renico in uno dei primissimi films de I Pro­

messi Sposi.

Là dove oggi azzurreggiano i due laghi,

separati tra di loro da una striscia di terra,

vuole la leggenda che sorgesse un’altra

Avigliana, più vasta e fornita d ’ogni ben di

Dio, ma abitata da gente che non voleva

saperne di riconoscere gli obblighi della ca­

rità, tanto che scacciava brutalmente tutti i

mendicanti. Si dice che Gesù Cristo, tornato

una volta in terra e recatosi ad Avigliana

in vesti di mendico, fosse anch'egli respinto

e deriso. Solo una misera vecchia, che dimo­

rava in un casolare, gli porse l ’elemosina,

spezzando con lui il proprio pane.

Sdegnato, il cielo punì Aviglia, inabis­

sandola nelle acque e lasciando emergere

l'unico tratto che divide i due laghi, perchè

su di esso trovavasi la casupola della vec­

chia caritatevole.

L’altra città fu seppellita addirittura sotto

la neve e trasformata nel ghiacciaio di Felik,

di cui portava il nome. La città di Felik, af­

fatto chimerica, campata a 4068 metri, che

tale è l ’altezza di quella vetta, era popolata

di gente dedita ai piaceri. Sul calar del sole

d’una giornata d’autunno vi arrivò un vec­

chio lacero che chiese ricovero per la notte.

Non domandava se non pane per sfamarsi

e paglia per riposare. Fu schernito e costret­

to ad andarsene. La sera stessa una tremen­

da nevicata (si vuole che fioccasse rosso !)

bloccò le case e ricoprì la città fino a farla

sparire sotto gli scintillanti campi di ghiac­

cio che gli alpinisti ammirano ad ovest del

Liskam, nel gruppo del Monte Rosa. Gli

abitanti di Felik, colti dalla nevicata mentre

gozzovigliavano, sono dannati a rimanere in

eterno entro luminose grotte nel cuore della

montagna, sempre seduti dinanzi a tavole

magnificamente imbandite e sovraccariche

di cibi d’ogni genere, di cui però non osano

portar nulla alle labbra.

Sorprenderebbe un sì audace volo di fan­

tasia se non sapessimo che anche queste

narrazioni sono tutt'altro che esclusive del

Piemonte.

D’una visita di Gesù travestito si parla in

una leggenda della Sardegna, dove, a Tuia

(nella pianura d’Ozieri), un tal Malispina si

vide inaridire i campi per aver negato una

manciata di grano al Nazareno. Ma l ’ana­

logìa delle leggende di Tuia e Avigliana è

ancora nulla, che siamo sempre in Italia e,

almeno dal 1720, nel medesimo Stato Sar­

do-piemontese.

Più singolare è che favole di borghi som­

mersi per punizione divina corrano perfino

fra i negri pressoché isolati nel cuor dell’A-

frica. Ce lo testimoniano Davide Livingsto-

ne e il tenente Lowett Cameron.

Al grande misisonario inglese, arrivato al

lago Dilolo, gli indigeni raccontavano che

nel lilogo dove vedevansi le acque esisteva,

nel passato, un villaggio con ricchezze a

profusione. Giunse, un giorno, una miste­

riosa signora a demandare invano ricovero.

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