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Il Parco di Emanuele Filiberto

Nessuno ha pensato di ricordarlo, nel re­

cente periodo di rievocazione filibertiane.

Eppure fu un parco celebre, che ispirò

poeti, tra i quali uno de' nostri massimi,

Torquato Tasso, vissuto a Torino per al­

cuni mesi nel ! 578, abitando la casa d’E-

ste, sul cui ingresso, in via Basilica, una

lapide rammenta tanto ospite.

Quel parco, che dovè esser d’una bel­

lezza stupefacente, è ora scomparso. Non

un rudere, non una montagnola a conser­

varne la memoria. Sparizione totale da far

credere a uno scenario ingoiato dai sotter­

ranei d’una ribalta. Causa dei francesi che,

assediando Torino nel 1706, in quelle pia­

nure a nord della città, tra la Dora e la Stu­

ra, posero il loro primo campo, e lì, riz­

zate le tende, provocarono tale rovina che

poi non fu possibile neanche tentare di por­

vi riparo. Sorte che ad altre ville era toc­

cata, come Mirafiori, all'opposta zona del

contado.

Sul terreno dell’ex Parco (già denomina­

to «vecchio » all’inizio del secolo XV1I1

per distinguerlo da altro costruito poi, vi­

cino alle mura, e aneh’esso assorbito dal-

l’estendersi dell’abitato) scorgevansi, fino

a un centinaio d’anni fa, le opere difensive

improvvisate dalle truppe del duca de la

Feuillade.

Più tardi, su gran parte dell’area, fu si­

stemato — vedi la bizzarrìa del caso ! — il

vasto Camposanto attuale aperto e bene­

detto nel 1829 in sostituzione dei due ri­

stretti cimiteri preesistenti. Nel 1855 l’aba­

te professore Baruffi, insegnante filosofia