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!

In

Quaderno offriamo

la guerra etiopica

è

vissuta

come un'esperienza, un'altra esperienza di vita, sul

piano dell'uomo politico, intesa la definizione nel

senso più alto e comprensivo. Il florilegio letterario,

la composizione esuberante ed altisonante di agget­

tivi, i richiami storici e le immagini cosiddette fo l­

goranti cedono il posto ad una prosa sobria, casti­

gata, che trae la sua efficacia da un'esatta propor­

zione di toni, da un'ampia architettura di forma, e

si alimenta di continuo di rilievi calzanti e di argo­

mentazioni serrate.

Come non intravvedere, tanto per richiamarmi ad

un tratto saliente del libro, in questa preposizione

l'elaboratore — agli ordini del Duce — dei mag­

giori Istituti del Regime?

« Io penso — scrive il N. — a un ordinamento

militare con un nucleo professionale formativo e

direttivo, selezionatissimo, espertissimo, curato al

cento per cento nel mestiere, c con larga base,

estesa a tutto il corpo sociale articolato in sindacato,

in corporazioni, in fasci, volontaristica. Sostituire

alle leve, una leva permanente, che si rinnova di

continuo, che succhia alle radici stesse della vita

professionale, dei mestieri, delle arti, del lavoro

manuale e intellettuale, delle specialità ».

La Civiltà del Lavoro, delineata dalla Carta, si tra­

sferisce nella scuola e s'innesta nell’ esercito, con

la fona ed il metodo della Rivoluzione : la selezione

e la competenza sono chiamate ad innervare le mi­

lizie militari, sempre più caratterizzate dagli stru­

menti tecnici dell’ offeso e della difesa, e dal pro­

cesso progressivo della motorizzazione e della mec­

canicistazione.

Nè meno evidente balza il temperamento e la men­

talità del N. in questa breve nota di commento alla

battaglia del Tembien. Ecco: «La battaglia e la

vittoria ci hanno reso questo paese amico. Abbiamo

combattuto dentro di noi e vinta una diffidenza

quasi carnale, di sangue, per questi monti e queste

piane, allupatati da distanze non familiari al nostro

occhio e al nostro pensiero.

G

siamo

misurati

eoa

questa natura; e

Pattiamo misurata,

i l

dominio

di aa paese di civiltà e

stanai

diverse da quelle del

misurazione; ma non è la sola, e in sè non è suffi­

ciente. C'è, poi, l'aggiustamento fìsico nel terreno;

l'aggiustamento morale nel costume e nella menta­

lità delle popolazioni; l'aggiustamento giuridico e

politico nelle istituzioni locali; l'aggiustamento eco-

nomico-sociale. Una serie di conti da regolare. Per

ora non s'è regolato che il primo ».

Nel volgere di una lucida sintesi balza in primo

piano il problema essenziale dell'altra conquista;

quella più vera che al di là delle armi mostra la

potenza assimilatrice di un'idea e di un principio,

e rivela i lineamenti dell'impero.

« Siamo giunti in vista di Addis Abeba, sulle col­

line di Entotto, alle ore due e un quarto di ieri.

... E andiamo ad occupare Addis Abeba. Immense

nuvole massiccie a scatoloni degradanti chiudono

l'orizzonte, lasciando libera, al centro, una vasta

cupola azzurra. Ombre e luci danno all'altopiano

un'aria di favolosa trasfigurazione: di fantasia e di

leggenda, come se il fatto reale, da noi preparato

in sette mesi di battaglie, di marce, di digiuni e di

rinunzie avesse a compiersi in un mondo così nuovo

ai nostri occhi da parerci irreale. Quando la città

si para dinanzi a noi, nascosta nella foresta, tre­

pida nei fiumi argentei del pomeriggio, e muoviamo

a entrarci, le nostre mani tremano. Toccano, dopo

tanto soffrire, la meta ».

Il politico e lo scrittore si fondono; l'espressione si

fa intima, delicata, contenuta. E' un canto che

•orge dal profondo ed ama cuori sensibili ed orecchi

pronti. La prosa tersissima ha intonazioni e accenti

guardiughi.

«La vittoria

è

giunta di nuovo. Senza penitenza;

ma carica di problemi nuovi. Anche questa volta,

vinta la guerra si tratta di vincere la pace. E può

estere non meno difficile. Messomi subito al mio

ufficio, spio con ansia la lenta trasformazione della

situazione-rfilitare in situazione ovile, di presa

di

possesso* orgauieo, consapevole

del

Paese. In

me,

compiuta b

mia

opera

di

soldato, la nostalgia

degli

affetti e

del

lavoro

iusorge,

quasi paurosa,

dopo

che la tenevo stretta dentro. Ho via—fa

al di là della aia vita, seoza dolore •

C’è,

odia vita di uu

■fera

ia

coi il cuore

osa

balte piò.

IVoad

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