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per mesi, e qualora avesse voluto mettere in

atto la sua minaccia... se ne andasse pure. —

Egli era tranquillo.

L'automobile, i viaggi, la pelliccia: c’era

sempre tempo; se gli affari continuavano ad

andar bene, sarebbero venuti anche quelli.

Ma sua madre poteva morire da un giorno

all’altro...

Riccardo tremò dentro di sè a tale pensiero

e alzò gli occhi per guardare la sua vecchietta.

Le sorrise incontrando il suo sguardo, sempre

dolcemente fisso su di lui; ma osservandola,

gli venne quasi da piangere. A un filo, a un

tenue filo, si vedeva, era sospesa l’esistenza

di quella creatura; in quegli occhi carezzevoli

che lo fissavano, vacillava l’anima come la

luce d’un lumino in sullo spegnersi. Quanto

aveva sofferto, per tutti: eroicamente sofferto.

La barca, oltrepassate le dighe, andava sul

mare aperto; e già si profilavano le montagne

azzurre della costa. E, dentro un velo leg­

gero, biancheggiavano i paesetti nelle inse­

nature. L’aria era fresca e profumata di salse­

dine; e se non ci fosse stato il pettegolo tum-

tum del motore e, di tanto in tanto, qualche

zaffata vicina proveniente dalle balle di bac­

calà, si sarebbe creduto di fare un viaggio di

piacere sopra un cutter di lusso.

— Fra qualche anno ti porterò in motoscafo,

— disse Riccardo.

— Oh, fra qualche anno! No, caro; prefe­

risco questa barca di poveri. Sono sempre

stata una povera io e non lascerò mai, questo

mio scialle... Così dicendo si strinse tutta

dentro lo scialle, come per cercarvi prote­

zione.

— Hai freddo, mamma?

— Sto bene, sto bene, non sono mai stata

così bene.

— Dopo d’allora non l’hai più rivista la

tua casetta?

— No, da vent’anni. Che vuoi; al paese

ci sono stata qualche volta, ma mi doleva

il cuore a passar davanti la mia casa; non

era più mia, era d’ altri.

— Ma ora?

— Ora sì, caro, per merito tao. Quando mi

promettesti di ricomprarla, dicevo fra me:

«è buono lui, ma non potrà; deve pensare,

prima, a tante cose ». Vedi, anche una madre

«* sbaglia qualche volta ari giudicare il ernie

ma figM o . Ma ta mi pmd—i, m e ,

Riccardo? Tu sei stato tanto, troppo buono...

— Non dirlo, mamma... Quando entrai in

quella casetta sai che mi son venuti su tutti

i ricordi d’ allora?

— E sì che non avevi ancora sette anni,

quando la si dovette vendere.

— Eppure mi pareva d’esser tornato a

quei tempi. Il tinello con le rondini dipinte

sulle pareti! Ci sono ancora. La scaletta da

cui scendevi per venirmi incontro! La ca­

mera del povero babbo con le pareti verdoline!

No, non era più come allora; ma la vecchia

scrivania la trovai in soffitta e l’ho fatta met­

tere al suo posto, sotto la finestra. Ti ricordi

quando- entravamo insieme? Tu mi dicevi:

« Riccardo, andiamo a vedere se papà ha

finito i suoi conti », aprivamo senza far ru­

more, entravamo in punta di piedi e lui era

là, curvo sulla scrivania, e oltre la sua testa,

tramontava il sole nel gran mare. —

La vecchietta taceva, faceva ogni tanto sì

con la testa. Riccardo la vide improvvisa­

mente sbiancarsi e reclinare il capo.

— Mamma — griuu spaventato, alzandosi

e sostenendola perchè non cadesse in avanti.

L’ appoggiò ai sacchi d’avena, le aprì lo scialle

sul petto.

« Muore » pensò e, in ginocchio, le tastava

il polso, cercandovi ansiosamente il battito.

Batteva ancora, sì, appena appena; vibrava

come un filo nell’aria toccato dagli ultimi

soffi d’un vento che cessa.

La vecchia si riebbe; si guardò intorno,

vide il grande figliolo ai suoi ginocchi. La barca

puntava verso il campanile del paese.

— Povero Riccardo, non spaventarti. Mi

succede spesso; è stata l’emozione. Vedi,

siamo arrivati. — E volle accarezzarlo, ma

non ebbe la fona di aliare il braccio; gB sor­

rise.

S P I C C I O L I

allse. »Tt—i. —«La M|in fA t toéMi

*