

La barca era di partenza. Il motorino,
quasi ridicolo in quel corpo così largo e pe
sante, cominciò a sbuffare e a scoppiettare
rabbiosamente, ma stentava a distaccarla dalla
riva; i suoi sforzi si disperdevano nel vuoto.
La mattina era uno splendore di cielo e di
mare, che comunicavano tra di loro per mezzo
d’un’aria cristallina, allegramente vibrata dal
vento. E allegro e vivace era Tumore di Ric
cardo, che ancora sul molo, conversando con
gli amici, aspettava Tultimo momento per
spiccare il salto a bordo.
— Presto, presto, Riccardo. Ahimè, non fa
a tempo! —
Ma Riccardo balzò elegantemente nella bar
ca, proprio sul punto in cui il motore, ripren
dendo fiato, Tavviava. E, sempre rivolto agli
amici che lo salutavano dal molo, aveva posto
una mano sulla spalla della vecchietta, che
un momento fa aveva lanciato un grido e
che ora si rabbuffava tutta, come un uccel
lino spaurito e consolato, sotto la mano di lui.
Il motoveliero era carico da poppa a prora:
mobili, sacchi, botti, lamiere di zinco, balle
di baccalà, cassette, damigiane, rotoli di fil
di ferro: un’arca ripiena degli oggetti più
disparati che servono alla vita e fra quei
cumuli di roba, una dozzina di passeggeri, a
piccoli gruppi o soli, sparsi qua e là dove
meglio s’eran potuti accomodare.
— La provincia! ho sempre detto che questa
è la provincia in mostra — gridava Riccardo
agli amici con la sua bella voce sonora, sten
dendo il braccio sulla barca, mentre questa
s’allontanava.
— Mamma — si rivolse poi alla vecchietta
che non lo aveva lasciato un momento col
suo sguardo tenero ed innamorato, gli occhi
levati in su verso di lui che la dominava con
tutta la persona, — oggi il mare è una delizia;
guarda che ondicine vispe, che cielo terso;
avremo una traversata d’incanto!
— Meglio, meglio, Riccardo: sai che il mare
mi fa male. —
La vecchietta era seduta come in Una nicchia
formata da alcuni sacchi d’avena. Riccardo
avvicinò una cassetta pesante di barattoli di
marmellata e
ù
sedette accanto a lei.
La barca filava ora fra boe e moli dirigen
dosi, pettoruta, verso le dighe, all’uscita del
porto. Gabbiani le giravano intorno, l’acqua
gorgogliava con dolce suono contro la prua,
da poppa si svolgeva panoramicamente l’ an
fiteatro della città che rimpiccioliva.
— Sei contenta, mamma? — Riccardo prese
in una sua, grossa e sanguigna, la piccola
mano della vecchia e con l’altra l’accarez
zava: una mano che sembrava una di quelle
foghe secche dalle nervature e dai nodi in
delicatissimo rilievo, come di filigrana.
— Oh, Riccardo. — In quell’oh c’era tutto:
commozione e gratitudine, trepido affetto e
pace dell’animo.
— Vedrai come ci starai bene. L’ ho fatta
mettere in modo che somigliasse quanto più
possibile a quella d ’allora. Sai, in soffitta
c’erano ancora molti dei mobili antichi. E poi
le pareti, mi dissero che non le avevano toc
cate. Sono un po’ scrostate, ma ho preferito...
— Sì, sì, hai fatto bene. — La vecchia
socchiudeva gli occhi come in un’estasi; alla
sua faccia terrea, dai lineamenti minuti e cesel
lata di finissime rughe, saliva dal cuore un
leggerissimo fuoco.
— Riavrai la tua casetta, mamma. Quando
firmai il contratto, mi pareva che tu stessa
mi guidassi la mano e mi sussurrassi all’o
recchio: « finalmente ».
— Finalmente. Morirvi in pace.
— No — esclamò Riccardo con impeto
sonoro, facendola tutta sussultare, — no,
mamma; ora che hai di nuovo la tua casetta,
devi pensare a vivere. Io verrò tutti i sabati
e resterò con te la domenica; sei contenta?
— Figlio mio! Dio vede, Dio sa, ed Egli ti
compenserà per quello che hai fatto. —
Riccardo si portò la mano della madre alla
bocca e la. baciò lungamente. Era commosso.
Da molti anni non provava un senso di sol
lievo così profondo nell’animo. Ringraxiava
Dio d’averlo ispirato e sostenuto. E
piò aveva dovuto lottare con se stesso,
dire di no a Rita, tanto più ora si sentiv
febee d’essersi deciso per quell’opera
di cni era in debite con Ma madre. Rita
avrebbe te n to il
limaci»
per settimane,