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e le sue genti essendo accorse e volendolo

portare fuori dalla mischia, non volle permet-

tere che facessero ciò, nonostante le preghiere

del Sire d’Alègre. Ma disse che per lui era

finita, ed era morto, e non avendo mai mo­

strato le spalle al nemico non voleva comin­

ciare ora che moriva, e comandò che di nuovo

assalissero il nemico che cominciava ad avvi­

cinarsi, e disse a Giacomo Joffrey, giovane

gentiluomo del quartiere di Bourgon in Del-

finato, il quale era suo scudiero:

— Posatemi sotto quell’albero, e mette­

temi in modo che abbia la faccia rivolta al

nemico —.

La qual cosa, con l’aiuto di alcuni Svizzeri,

fu fatta incontanente... Allora, sotto la vasta

quercia, nella limpida giornata di aprile, il

Cavaliere senza macchia e senza paura si

levò gigante. Era venuto all’ultima, alla deci­

siva tenzone; e anche quella, come tutte le

altre, voleva vincere.

« Allora prese congedo il Sire d’Alègre dal

nobile Bajardo, e piangendo gli disse:

— A Dio, Sire Bajardo. Prego Dio onni­

potente di volervi tenere nella sua guardia. —

Quando il Sire d’Alègre ebbe preso congedo

da Bajardo, sopraggiunsero i nemici. E tro­

varono il Cavaliere Bajardo che confessava i

suoi peccati a Dio.

Quando il Sire di Borbone, che in quell’ora

comandava i nemici, seppe che il Bajardo era

mortalmente ferito, sì ne venne a lui, e così

gli disse:

— Bajardo, amico mio, molto mi duole

della vostra disgrazia. Soffritela con pazienza,

nè datevi malinconia. Io manderò per i me­

dici più sapienti del paese, e, con l’aiuto di

Dio, sarete presto guarito... —

Ma quando Bajardo ebbe udito queste pa­

role e l’ebbe conosciuto, così gli rispose:

— Monsignore, non è più tempo per me di

cercare i medici del corpo, ma quelli dell’a­

nima... Lodo Dio di farmi grazia di confes­

sarlo alla fine della mia vita e negli ultimi

giorni, e di riconoscere i miei peccati: perchè

in tutta la mia vita io ho seguito la guerra,

ed ho fatto molti mali e peccati... E accetto

la morte, e non ho nessun dolore o rimpianto

di morire, se non che non potrò più servire

per l’avvenire il Re mio Sovrano, e dovrò

lasciarlo nei più dari travagli... E prego Dio,

Re di tatti, che, dopo la mia morte, egli

servitori come io avrei volato e*-

(

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)-

Allora se se andò piangendo il detto Si­

gnore, e così disse a quelli che erano con lui

— È gran pietà vedere morire così il buoi

Cavaliere, che tanto nobilmente e lealmente

servito i suoi Principi e Re di Francia, nè

meritò rimprovero. Felice quel Principe che

possiede tal Servitore: ma la Francia non si

quanto abbia perduto oggi, con questo nobili

Cavaliere —.

E quando il Sire di Borbone si fu partito..

(Bajardo) rese l’ anima a Dio. E, dopo la si

morte, coloro ai quali il Signore aveva dato i

comandamento, presero il corpo, e lo porta

rono con grande onore alla chiesa, e furono

dette molte preghiere per l’ anima sua ».

Questa però, che sto per riportare, è la parti

più bella del racconto: la dimostrazione dello

stupore, dell’amore, della riverenza, che gl

eroi suscitano anche nei nemici.

« Ma l’ uomo che aveva tirato il colpo d’ar<

chibugio, quando seppe che per colpa sua e

morto il Cavaliere Bajardo, fu molto desolati

e triste. E promise e fece giuramento che

più non avrebbe sparato colpo nè tenuto

chibugio, e più e più volte maledisse il primi

inventore di quello, e disse:

— Oh sventurato! e come hai potuto, co

così diabolico ordigno, uccidere il più nobile

e virtuoso uomo di tutta la cavalleria? 0

misero! e come potrai scolparti dinanzi a Dio

di avere malvagiamente ucciso un capo degno

di reggere una monarchia del mondo? 0 triste

desolato! e che farai tu nel rimanente della

tua vita, chè penserai e avrai il verme e il

rimorso della coscienza, di avere ucciso un

tanto nobile cavaliere? 0 Spagna sottile, per

la tua sottigliezza e cautela non hai mai saputo

disfarti di questo cavaliere, nè fargli prendere

la fuga. Ed io, misera creatura indegna di

dirgli una parola sola che gli dispiacesse, un

colpo a caso, e ho dato morte a un tanta

nobile cavaliere! —

Dopo il quale lamento, il poveretto abban­

donò le schiere dei nemici, nè mai più

fa

veduto fra loro. E molti dissero che, per i

gran duolo e dispiacere d’essere stato causa

della morte del signore Bajardo, entrò in

religione

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ANGELO CATTI

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