

in Italia, e il « Leale Servitore » che fu quasi
certamente Jacques de Mailles, e Galeazzo
Capella segretario di Francesco II Sforza Duca
di Milano, e Messere Martino du Bellay si
gnore di Langey, e Francesco Guicciardini, e
Paolo Giovio, e Messere Claudio Expilly, pre
sidente del parlamento di Grenoble. Vengono
innanzi questi uomini assennati, e alcuni fa
mosi; e par di vederli, in corazza ed elmo, o in
robone e tocco, conversare piacevolmente col
compagno curioso. L’uno, con la sua parola
ornata, rivela un tratto de « La molto gioiosa,
piacevole e divertente Istoria dei fatti, gesta,
trionfi e prodezze del buon cavaliere senza
paura e senza macchia, il gentil sire di Ba-
jart »; l’altro racconta più largamente « Le
gesta insieme con la vita del prode cavaliere
Bajardo; con la genealogia: paragonato agli
antichi prodi cavalieri: gentili: Israeliti et cri
stiani; unite le orazioni: lamentazioni: Epi
taffi del detto cabaliere Bajardo. Contenente
molte vittorie dei Re di Francia: Carlo V i l i ,
Luigi X II e Francesco primo di questo nome ».
Fuori, ormai è inverno, perchè le lunghe
indagini hanno chiesto tempo, e nella vallata
nevica, e verso i monti l’oscurità si accumula
compatta, per distendersi sulle case e sulle
vie. Chiuso nella pesante veste da camera,
ben riscaldato dalla stufa che gorgoglia, quasi
sprofondato nella poltrona, il signor Cesare
Poma porge l’orecchio alle voci sapienti dei
testimoni. Ha dinanzi a sè l’antica carta del
Magini del 1620: « Italia di Gio. Ant. Magini,
data in luce da Fabio suo figliolo, al Serenis
simo Ferdinando Gonzaga, Duca di Mantova
e del Monferrato », e la celebre del Borgoni
« Descritione de’ Stati di Sua Altezza Reale
(di Piemonte) tanto di qua che di là da monti »;
e su essa scruta, misura e traccia segni, se
condo le testimonianze. Matite di colori di
versi e ben temperate, doppio decimetro, lente,
tutto è allineato con diligenza sulla tavola, a
portata di mano. Ma, sopra tutto, l’occhio
accarezza il tesoro delle ricerche; il documento
che, pur conosciuto da qualcuno, non è stato
apprezzate come meritava e il Poma ha ca
pito; la testimonianza che troncherà ogni
dubbio, ogni incertezza: l’atto verbale di
« prove testimoniali assunte, previo giura
mento dei singoli testi; dal Magnifico Podestà
di Gattinara, Francesco Montegrandi-Manuel-
lo di Biella, per delegazione fattagli in data
4 febbraio 1563 dal pure Magnifico Podestà di
Carignano, Bernardino Muratore, « borghese •
di Savigliano, in causa, ecc. ecc. ». In quel
l’ atto, Pietro Farina, abitante di Buronzo,
M
afferma che la morte di Giovanni Andrea
Berzetti, signore di Buronzo, è avvenuta
« da doij anni a tre proximi da poij el ritorno
de lo armiraglio con lo exercito francese de
la volta del Stado de Milano qual passo (passò)
per Gatt (inara) a Rouax(enda) a Burunzio
e da indi a Invreija per Franza, non sapendo
precisamente se egli passasse per il Piemonte
0 vero la Valle de Augosta ». E Giuseppe de
Buzinis, dei signori di Buronzo, rincalza l’affer
mazione in due deposizioni. Sì, Giovanni
Andrea Berzetti è proprio morto « dopo un
anno passato di la venuta del armiraglio di
Franza co’ l’esercito franzese al retorno che
gli fece da la parte del Stato di Milano pas
sando per Buroncio et Gatinara prima et
altri luoghi di là da Cervo fiume ». Dunque
l’esercito francese in ritirata è proprio pas
sato, negli ultimi giorni dell’ aprile del 1524,
da Gattinara, Rovasenda e Buronzo, diri
gendosi a Santhià e, non da Gattinara e Rossio,
dirigendosi a Biella; dunque il Bajardo, che
comandava la retroguardia dello esercito, e
fu assalito dagli Spagnoli varcata la Sesia
deve essere morto sulla strada fra i primi tre
luoghi. E la sera, nel crocchio degli amici, fra
1 quali sono alcuni di quegli avveduti e tenaci
mercanti, che dànno reputazione e ricchezza
alla città di Biella, il signor Poma può since
ramente affermare, che Pietro III de Terraill,
detto il Bajardo dal Castello Baiardo presso
Grenoble dove nacque, ha reso la grande
anima a Dio combattendo fra Rovasenda e
Buronzo, nelle prime ore del pomeriggio del
30 d’aprile del 1524 (1).
Io
non credo, però, che il signor Cesa
Poma si sia accinto alla sua fatica, soltanto
per curiosità di sapere il luogo preciso della
morte del prode cavaliere. Il signor Cesare
Poma è spirito raffinato e malinconico, che
dalla lunga comunione con gli Americani, ha
preso molte idee, le quali, oggi, alla distanza
di soli quindici anni da quando furono scritte,
paiono di un tempo senza data, svanito nella
nebbia dei secoli. Egli è, prima di tutto, un
propugnatore degli Stati Uniti d’ Europa, fuori
dei quali.non vede salvezza per le Nazioni
dell’antico incivilimento. Ed è, poi, un fer
vido credente nella pace universale, conse
guenza del progresso: « tempo verrà, dice,
tempo verrà — ancor lontano, in grembo
all’ avvenire — in cui, se il mondo è governato,
come dobbiamo credere, da una legge, e se
questa legge è, come dobbiamo credere, quella
del progresso, le guerre di nazionalità «arano»
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