

«sorpassate, come sono state quelle dì religione;
e gli antichi strumenti di guerra saranno na
scosti con vergogna, come sono quelli della
tortura e della schiavitù ». Come dobbiamo
credere, sì, signor Poma; il fatto, oggi, non si
direbbe ancora certo. Il signor Poma ricerca
quindi, neìla storia delle guerre e delle batta
glie, la prova che, non ostante il furore e il san
gue, gli animi serbano sempre qualche cosa
della loro purezza e nobiltà ideale. « Allora si
vorranno ricordare, in mezzo agli oceani di
sangue, solo i pochi episodi gentili ed umani;
come sir Philip Sidney, che ferito sul campo di
Fiandra e ardente di febbre, cede l’acqua
portatagli ad un soldato che vede più grave
mente ferito, dicendo: « il suo bisogno è più
grande del mio »; e come il Bajardo che a
Brescia, nel 1512, rimette in grembo a due
donzelle, per dote, Toro offertogli dai genitori,
per aver salvato dai soldati il loro onore nel
saccheggio della città ». E, come è proprio
degli idealisti, egli si indugia più specialmente
sulla morte degli eroi, poiché principalmente
di fronte alla morte l'anima dimostra la sua
nobiltà.
Il piccolo libro del Poma, frutto di tante
sapienti indagini, si potrebbe in realtà chia
mare « La morte del Bajardo », piuttosto che:
« Dove morì il Bajardo ».
Di tutte le umane vicende, in verità, la più
augusta é la morte: essa consacra con indistrut
tibile maestà l’ uomo. Quello scolorire lento,
quel mormorare: « ho freddo, non ci vedo più »;
quelTannaspare con le dita smarrite come per
aggrapparsi ancora a qualche cosa di vivo;
quel dimenticare le cose tanto amate, quella
inesorabile stanchezza sulla via quasi sempre
non compiuta; quel confidare in Qualcuno
più grande di noi, poiché noi non abbiamo
più forza; clie tremenda e ammirabile prova
dell’uomo! Di lui rimangono sopra tutte le pa
role dell’agonia; e sempre producono un som
messo e profondissimo suono. Pare che rivelino
i personaggi, meglio dei lunghi anni e dei
molti fatti; da quando l'antichissimo Creso,
andando al supplizio, invocava Solone per
attestare che la vita
non
ha suggello e forma
•e non dalla morte, tutti
eroi restano
nella memoria delle genti
con
restremo atteg
giamento e l'estrema parola. Penso agli uomini
e ai giovanetti che balzano oggi nell'eternità,
coirje li scolpirono l’ultimo gesta o l'aitiaio
grido.
La aarta del Bajardo è veramente degan di
ricordo. Era aa valente e aaU e eavafinv;
« quando, nella sua vita », scrive di lui il
« Leale servitore », « andava in corsa, e pren
deva prigionieri, così umanamente li trattava
che era meraviglia, e così dolcemente li pu
niva di taglia, che tutti (i nemici spagnoli),
erano contenti di lui. E tutti conobbero che,
per la sua morte, la nobiltà fu molto indebo
lita perché, senza biasimare gli altri, egli fu
il perfetto cavaliere su questa terra. I giovani
gentiluomini che facevano la guerra contro di
lui, diventavano valenti. E disse uno dei loro
principali capitani, che lo venne a vedere
prima che rendesse l'anima e si chiamava il
Marchese di Pescara, una alta parola a lode
di lui, che suonò così nella sua lingua: « Pia
cesse a*Dio, gentil signore di Bajard (il nome
di Bajardo si scriveva, nel *500 così col t come
col d finale) che mi fosse costato un quarto
del mio sangue, senza pregiudizio di morte,
e non dovessi mangiar carne per due anni,
ed io vi avessi tenuto in sanità per mio pri
gioniero: perché, dalla mia condotta avreste
conosciuto quanto stimassi la vostra grande
prodezza ».
A lui si rivolse l’ammiraglio di Bonnivet,
comandante dei francesi, come ad ultima spe
ranza, per impedire che la ritirata diventasse
sfacelo.
—
Monsignore di Bajardo, disse il sire di
Bonnivet, io vi prego e vi scongiuro per la
gloria e per l'onore del nome francese, che
voi oggi difendiate le artiglierie e le insegne,
che io affido e consegno unicamente alla vostra
fedeltà, valentia, e savia condotta, poiché nes
suno nell'esercito del Re vi sta a pari per va
lore, esperienza e consiglio —.
Alle quali parole rispose il Bajardo: —
Monsignore, assai avrei voluto, che voi mi
aveste fatto questo onore in qualche favore
vole occasione, e quando la fortuna ci fosse
meno avversa. Ma quale essa sia, vi assi
curo e prometto che le difènderò in modo,
che, me vivo, non cadranno in mano del
nemico —.
La qual promessa mantenne bravamente.
Poiché per dae ore caricò il aemico cori im
petuosamente e lo fece tanto indietreggiare,
che l’esercito ebbe il tempo di condursi al
salvamento, eoa tatti i carriaggi e scasa di
sordine alcaao.
Ma, quasi ale dieci
ore
avanti
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