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Del nostro caro Franco Ciarlantini, conser­

viamo un ricordo tutto diretto, che rifiuta i tra­

miti. sempre più o meno fittizi

,

delle figure che

ancora oggi con la loro presenza ne propongono

involontariamente un rinnovamento. Il fatto è

che nessuno è in grado di stabilire

,

di commen­

tare, di valutare con intelligenza fedele alla

realtà, quel che può essere stata la comunanza

stabilitasi fra esseri di cui Vuno sia scomparso.

Questa comunanza la si tiene per noi

,

dunque

,

e non se ne parla volentieri. Essa porta (e portò

,

nel nostro caso) a rapporti d'anima che

,

nessuno

di chi sta attorno

,

è in grado di conoscere

, e,

forse

,

sarebbe in grado di apprezzare esatta­

mente. Ma questo

,

possiamo dire

,

che Ciarlan­

tini era un umile ed un semplice

,

e parlava

,

con chi voleva

,

spogliandosi di quellaforma

, più

• meno

falsa

,

imposta dalla vita a qualsiasi

uomo

,

specie a coloro che la gente media consi­

deri •personaggi ». Allora c'era modo di inten­

dere che egli sapeva e capiva molte cose

, ctiw

tanti non sanno e non capiscono.

DelTultimo libro Suo,

«

Stagioni

>, si è

recen­

temente occupata la critica. Noi pubblichiamo,

di lui

.

queste pigine non conosciute, evocative di

uno dà suoi viaggi

,

che furono tanti

, « db*

rispondevano ad una delle necessiti da lui mag­

giormente sentile.

La tranquillità del mare dopo i sussulti

della notte scorsa aumenta la vastità degli

orizzonti. Nel cielo d’oriente coronelle di nu­

vole, sfumate di grigio, si avviano docili per

vie fantastiche.

La notte ci ha quasi assaltato con un incon­

sueto sfarzo di stelle.

Sarebbe stato un sogno vegliare in coperta

per seguire la rotta sul mare oleoso immersi

in quella pace che solo sanno dare i silenzi

oceanici. Invece l'alba ci ha sorpresi nella

nostra cuccetta coi rumori della caduta del­

l’ancora e le solite pratiche dell’approdo.

Siamo a Porto Barrios, baia bellissima;

paese scialbo,- ancor sonnacchioso. Poche case,

poca gente. Vegetazione fastosa intorno, come

a protezione. Dietro il paese, un salire e suc­

cedersi di colline, in graduale sfumarsi di

piani azzurri sempre più lontani, sempre più

alti; e laggiù in fondo in fondo una barriera

di monti che ha un’aria di casa nostra, aria

delle Alpi.

Accoglienza eccezionale: pescicani si aggi­

rano lenti, intorno al nostro panfilo, strani

gabbiani roteano sul capo con petulante grac­

chiare.

• • •

Nel pomeriggio ripartiamo per Rio Dulce.

Gran fiume, questo Rio Dulce: dove è più

stretto, il suo letto è cinque, sei volte quello

del Po; grande e arginato da alte, rocciose

pareti, ma la roccia non si vede, è tutta una

parete di vegetazione, un’alta muraglia di al­

beri. Atmosfera suggestiva resa vibrante dagli

aromi acutissimi dei sambuchi, delle magnolie

e di certe tuberose selvatiche.

Pigolii curiosi di uccelli, sibili, canti nel

groviglio boschivo, in alcune zone gran canti

di grilli, proprio come sull’altipiano etiopico.

D Rio* si allarga man mano che procediamo.

Ora stiamo per sboccare verso

un

grande

lago. Dopo la sensazione di angustia del canale

data dal verde cupo delle foreste che lo costeg­

giano, lo specchio dell’acqua pare addirittura;

immenso e sullo sfondo i grandi monti che

profilano azzurrognoli dènse un grande