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I a guerra ha portato via anche la giovane esistenza di O scar

Sacchetti, giovane d'in gegn o che lavorava a T o r in o , d o v e aveva

compiuto i suoi studi. Collaborava ad alcune riviste letterarie,

ed av veniva spesso di incontrare il suo nom e nelle pagine del

. Frontespizio », la rivista fiorentina che ha cessato lo scorso

anm> le sue pubblicazion i.

Sacchetti non aveva dato ancora un'opera. M a pa recch io

au-\a scritto. Si avvertiva in lui un travaglio, una crisi, da

qualche tem p o I

ori«i nei giovani sono non soltanto salutari,

ma indispensabili.

La sua scomparsa lascia in noi un rimpianto, magari anche

tristezza per n on esserci capiti.

Pubblichiam o, ricordandolo, queste pagine, che son o le

ultime che fu ro n o da lui portate in redazione, ed erano destinate

non al « F iore • ma alla Rivista ch e lo ebbe collaboratore. C i

sembra qu esto un om aggio d ov e roso che com p iam o co n cu ore

puro e comm ozion e.

Dopo la processione, le strade restano colme

d’incenso e il selciato essendo ricoperto di fiori,

si cammina come su un tappeto trionfale. Ad

ogni passo, ci si imbatte con stuoli di ragazze

di svelta andatura. In genere hanno gli occhi

azzurri ed alcune hanno il capo chiuso da un

fazzolettone che. nascondendo i capelli, viene

ad annodarsi per i capi estremi sotto la gola.

Quest’ultime, sembrano favolose madonne.

Certo non è dato tanto spesso, al paese, di

camminare tra tanto movimento.

Sulle due piazze, davanti al sagrato, ci sono

in fila tutti i banchetti dei torroni e dei giocat­

toli; sotto una tenda fanno friggere certi pe­

sciolini ancora guizzanti in piccoli cartocci. Il

caffè di Fumetto invece, ha messo fuori tutte

le sue sedie e adesso Fumetto ha un gran da fare

a servire la gente che si vuole smorzare la sete.

Le ragazze consumano di preferenza i gelati,

mentre gli uomini hanno i bicchieri ricolmi

d’un vino rosso e gagliardo che mette a fuoco

il sangue.

Le ragazze poi sono vestite di colori prima­

verili, di verde di rosso e d ’argento; muoven­

dosi, danno un senso di leggendario splendore

che si diffonde all’ intorno e trasforma le voci

in un’ansia d ’accordi quasi musicali.

Ma dove la passeggiata è al colmo è sul

belvedere : una piazza antica dove ci sono an­

cora le case scavate nel tufo dagli Etruschi;

(se si entra, si trovano le pareti ricoperte di

umido verde secolare). Di qui si può intendere

quanto sia ricca di maestose bellezze la natura.

Il fiume scorre tra le due colline come in un

quadro irreale. All'intorno, i colli sono ver­

dissimi e più lontano, dove l’acutezza dello

sguardo si sperde fino al punto di non più

distinguere i netti colori delle cose, sono addi­

rittura d ’argento e sopra ci sta sospeso il cielo

rosso e azzurro quasi a protezione.

Più in basso invece, — un buon punto di

riferimento lo possono dare i pochi resti della

prima arcata d ’ un ponte romano, — dove sci­

vola il fiume, ci sono foltissimi boschi rotti

ogni tanto da vasti campi di grano e da olmi

legati tra loro da ricurve viti quasi vive e feb­

brilmente attorte. Sull’estremo colle a sinistra,

un superbo palazzo sembra che voglia fermare

il corso del sole che fra poco invece cadrà

sull'altra guancia del colle e rotolerà su un

altro pezzo di cielo; a noi non lascierà che un

guizzare di ardite linee luminose a raggiera

come la sensazione d’un misterioso fuoco che

fugga e, incendiando l’aria, tracci un arcobaleno.

Ma i bambini che si rincorrono per la piazza,

non pensano alla bellezza che esiste immobile

al di là de’

> che fa da parapetto; non

sanno ancora — non lo possono saper ancora —

che forse l’unica cosa del mondo che non in­

ganni, l’unica bellezza che sia sempre nuova

esiste soltanto nella natura. Io vorrei eterna­

mente vivere per eternamente contemplare,

quasi immedesimarmi e concrescere con i prati,

con gli alberi, con i fiumi e con queste dolci

colline incoronate di cielo.

Gli uomini che sono accanto a me, parlano

e non si sono accorti dell’universo; neH’aria

già lucida passa ancora quel profumo d’in­

censo che avvolge di castità cose e pensieri.

In queste ore gli uomini sono più vicini, senza

possederne la consapevolezza, alla santità. R i­

vedo una processione lunga in cui tutti can­

tano con gioiosa fede i salmi e le preghiere,

mentre il concavo fiato del cielo si fa improv­

visamente buono come se si popolasse d’angeli

per virtù di soprannaturale prodigio.

Egisto che è un vecchio amico della mia

famiglia e che è stato garibaldino assieme al

mio povero nonno, mi parla di come era il

paese ai suoi tempi, me ne parla con quel

candido affetto con cui si ama di ricordare

quello che è passato, quasi nell’illusione di un

ritorno.

— Al municipio — mi dice — c ’è anche un

busto di Garibaldi; lo fece mettere il nonno

tuo quando era sindaco.

Egisto mi dice ancora molte care cose della

sua giovinezza e la sua voce sembra pigliare

a volte il giro di un impetuoso entusiasmo;

— Garibaldi nel *75, quando le gambe già

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