

“Ogni città riceve la sua forma dal deserto a cui si oppone”, scriveva Calvino.
Ogni città è il frutto di un sovrapporsi di stratigrafie, di storie, di atti che necessariamente hanno distrutto e a
cui il tempo avrà dato nuove forme.
Spesso viviamo ignari di respirare, nelle nostre città, lo spirito di tempi e di forme che, sovrapponendosi, hanno
lasciato traccia e segno di sé e del senso che hanno rivestito per generazioni. Indagare questi aspetti, dunque, è
tanto importante quanto rispondente alle domande che ogni storia pone, che ogni contesto urbano porta con sé.
Questo volume indaga quelle storie, quello spirito. Indaga le ragioni della sedimentazione in contesti che
si tramandano solo apparentemente immutati e tuttavia vivi, solo in apparenza slegati dagli innesti urbanistici
successivi. Esso è il frutto di una ricerca analitica, guidata da perizia urbanistica e sociologica, che mette in luce
edifici e angoli nascosti, raccontando così una storia che appartiene alla comunità.
Il lavoro dei professori Pia Davico, Chiara Devoti, Giovanni Maria Lupo e Micaela Viglino dà merito delle stra-
tificazioni intervenute in contesti popolari e che hanno visto un succedersi ininterrotto di insediamenti antropici.
È una Torino straordinaria quella che emerge dalle pagine che seguono. La cifra è lontana da quella dell’
Augusta
Taurinorum
, ma lo sviluppo ortogonale del
castrum
romano è lo stesso di duemila anni fa. L’analisi documenta
bene gli agglomerati di strade, vie e piazze che a partire dal Settecento hanno mantenuto pressoché inalterati
i loro connotati, o ai quali interventi successivi hanno acquisito prestigio e bellezza, come è avvenuto ad esem-
pio in Borgo Campidoglio, in Crocetta o, a Mirafiori, grazie ad interventi e arredi congrui e coerenti. Guardando
il volume emergono nitide le anime di una classe produttrice composta da famiglie di artigiani, tessitori nelle
filande, maniscalchi e osti, barbieri e sarte, lavoratori a domicilio impiegati in occupazioni che hanno sfidato i
tempi, in una città – che è stata prima capitale del Regno d’Italia – che si è votata per gran parte del Novecento
alla monoproduzione industriale, per poi cambiare ancora. Emerge così la memoria, ad esempio, dei lavandai
di Bertolla e dei loro edifici, di Aurora, Lingotto, delle vestigia di Borgo Dora – dove innestandosi sulla matrice
medievale si svela l’opera della devozione del Beato Cottolengo. Si restituisce così alla conoscenza un patrimonio
di tradizioni altrimenti a rischio di oblio. Analizzando le caratteristiche dei diciassette borghi e delle quattordici
borgate, si sono rese vive anche le ragioni delle trasformazioni legate alle accelerazioni del mondo produttivo
cittadino, dapprima artigianale, quindi industriale e poi tecnologico.
Il Comune di Torino ha dato volentieri il proprio patrocinio alla lunga ricerca che trova la sua esposizione com-
piuta in questo volume. Un’indagine complessa, appassionata, su quei brani di città – i borghi e le borgate – che
sono ormai profondamente radicati nella coscienza urbana, ma non sempre adeguatamente conosciuti e com-
presi nella loro specificità. Piccoli o meno piccoli “luoghi di centralità” non centrali, che, lungi dal contrapporsi al
più aulico centro cittadino, lo completano, vi si integrano, gli fanno da corona. Il progetto di ricerca è così venuto
a rinsaldare una consuetudine di lunga data alla collaborazione tra la Città e il Politecnico di Torino, cui sono stati
affidati, nel corso degli anni, programmi d’indagine che hanno posto l’Amministrazione cittadina in posizione di
reale avanguardia, a cominciare dagli studi per l’
Individuazione e classificazione dei Beni architettonici ambientali
nel Comune di Torino
, per continuare con l’
Individuazione del Patrimonio storico nella città extrabarocca
e con
altre collaborazioni legate al Piano Regolatore della Città.
Una consuetudine virtuosa che si rinnova con quest’ultima indagine che analizza aree già considerate in occa-
sione del grande rilevamento dei beni culturali ambientali, ma con un altro sguardo, e con la consapevolezza che
non poche di queste ora siano profondamente cambiate. Infatti, se talvolta mancano i caratteri aulici più tipici dei
settori presi d’assalto dai turisti, i borghi e le borgate di Torino offrono una dimensione “altra”, autentica, iden-
titaria, storicamente determinante e non meno carica di significati, che va compresa con le sue caratteristiche
e specificità, quelle stesse che questo lavoro approfondisce nella speranza di una sempre maggiore attenzione
a tessuti fragili, speciali, irripetibili. Un lavoro imponente: non solo l’analisi di un contesto ma uno strumento di
conoscenza e ricchezza per tutta la comunità cittadina.
Il Sindaco
Piero Fassino