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sessioni parlamentari, la pinacoteca ebbe una vita travagliata per questa convivenza

forzata. Infatti, se

il

pubblico e la stampa ammiravano la solennità dell'aula della

Camera alta, organizzata secondo

il

modello allungato e neogotico della Camera dei

Lords inaugurata a Londra l'anno prima, i senatori non erano dello stesso avviso:

erano oppressi dalla pessima acustica che li costringeva, per lo più anziani, spesso

sordi e non abituati a parlare in pubblico, a grossi sforzi vocali; si lamentavano per la

mancanza di spazio, di luce e per i centoquarantatre gradini dello scalone juvarriano.

Soprattutto soffrivano

il

freddo, per la grandiosità del salone,

il

contatto diretto con lo

scalone, gli scompensi termici; e continuavano a

c~iedere

cortine di panno sugli acces–

si e un sostenuto regime dei caloriferi, con evidenti danni alle preziose tavole della

pinacoteca e nonostante le vane proteste del direttore e senatore Roberto d'Azegli0

3 •

Per essere nominati senatori occorreva avere quarant'anni compiuti e appartenere a

una delle ventuno categorie elencate all'articolo 33 dello Statuto albertino. Nei fatti il

senatore-tipo della Camera vitalizia subalpina fu, sino alle nomine del

1860-61

che

seguirono le annessioni, di famiglia aristocratica, di professione alto funzionario dello

Stato o generale, nato allo scorcio del

XVIII

secolo, con buoni studi spesso giuridici e

storici, con un attaccamento assoluto alla dinastia sabauda e un cattolicesimo di stretta

osservanza. La borghesia delle professioni, del denaro, del commercio, dell'impresa

era al Senato pressoché del tutto assente

4 •

Aristocrazia di nascita , di cariche, di

dignità, di meriti, gli uomini che formavano la Camera vitalizia le diedero sin dai primi

passi un'impronta grave e solenne, ereditata dalle vecchie magistrature sabaude, ed

erano noncuranti dei molti strali di cui erano fatti oggetto e del tono sovente soporife–

ro dei dibattiti, soprattutto se confrontati con quelli vivacissimi della Camera elettiva

5 .

Essi peraltro interpretavano fedelmente lo spirito secondo cui il Senato era stato pen–

sato, come presidio della monarchia e dell' antico Stato militare, burocratico, aristocra–

tico, cattolico; come antagonista dei temuti sviluppi in senso parlamentare e laico che

potevano provenire dalla elettiva Camera dei deputati.

li

Senato doveva essere, per i

costituenti subalpini, la qualità opposta al numero, l'equilibrio della tradizione oppo–

sto alla instabilità e agli eccessi delle passioni politiche, la certezza fornita dalla coop–

tazione di membri nominati a vita e in numero illimitato dal re, opposta all'incertezza

della competizione elettorale, anche se limitata a un numero molto ristretto di aventi

diritto al voto: nelle prime elezioni politiche generali del

27

aprile

1848

fu ammesso al

voto per la Camera, sulla base del censo, dell'istruzione, delle «capacità», un cittadino

ogni sessantatre abitanti del regno di Sardegna, ed esercitò effettivamente tale diritto

solo uno su novanta

6 •

Non va comunque dimenticato che la vita parlamentare nel regno sardo mosse i

primi passi poche settimane dopo alcune grandi rivoluzioni europee, con una guerra

in corso, in una capitale percorsa da inquietudini crescenti.

In

tale contesto, se da un

lato si comprende come i primi sessantatre senatori nominati il 3 aprile e il 3 maggio

} FRANCESCO QUINTERIO,

Il Palazzo Madama di Tori–

no,

in

Il Senato italiano nelle tre capitali,

Roma, Editalia,

1988,

pp.

67, 88-89, 97, 99-102, 105-106, 108-109;

LUIGI

MALLÉ,

Palazzo Madama in Torino,

voI. I,

Storia bimille–

naria di un edificio,

Torino, Tipografia Torinese Editrice,

1970,

pp.

106, 132-134,205-272,330-337.

4

UMBERTO LEVRA,

Dallo Statuto alla Convenzione di

settembre,

in

Il Senato nella storia,

voI.

II,

Il Senato nel–

l'età moderna e contemporanea,

Roma, Istituto Poligrafico

e Zecca dello Stato,

1997,

passim.

5

Sono molteplici i giudizi contemporanei, anche di

liberali moderati, sulla inutilità o sul carattere eccessiva–

mente conservatore del Senato. Per esempio, COSTANZA

D'AZEGLIO,

Lettere al figlio

(1829- 1862),

a cura di

DANIELA MALDINI CHIARITO, Roma, Istituto per la Storia

del Risorgimento Italiano,

1996,

voI. I, pp.

830, 857, 876,

885,

lettere

6

febbraio,

17

aprile,

30

maggio,

2

luglio

1848;

MARCO MINGHETTI,

Miei ricordi,

voI.

III (1850-

1859)

Torino, Roux,

1890,

pp.

52-54;

RAFFAELLO

RICCI,

Mem;rie della baronessa Olimpia Savio,

Milano, Treves,

1911,

voI. I, pp.

3-11;

COMTE DE REISET,

Mes souvenirs,

voI. I, Paris, Plon,

1901 ,

pp.

114-116.

Si vedano anche

«L'Opinione»,

11

maggio

1848,

n.

85,

p.

338,

Interno.

Camera dei Senatori;

24

maggio

1848,

n.

96,

pp.

379-380,

Torino

23

maggio,

di Aurelio Bianchi-G.iovini;

.25

J?aggio

1848,

n.

97,

p.

383,

Torino

23

maggio,

di Aurelio Blanchl–

Giovini;

10

giugno

1848,

n.

11~,

pp.

435-436,

Tormo 9

giugno,

di Lorenzo Ranco;

2

dicembre

1~48!

n.

258,

p.

1017 Torino

1

dicembre,

di Aurelio Blanchl-GlOvtru.

6'

CARLO PISCHEDDA,

1848.

Il vecchio Piemonte libera–

le alle urne,

Torino, Centro Studi Piemontesi,

199~,

pp.

62-74'

PIER LUIGI BALLINI,

Le elezioni nella storia d Italta

dall'Unità al fascismo. Profilo storico-statistico,

Bologna,

il

Mulino,

1988,

pp.

43-60.

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