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tecentesca, si ponevano come modello di riferimento per le riviste degli altri paesi, dal

testo alle illustrazioni. A Torino, dati i rapporti tradizionalmente stretti con la Francia,

l'influsso di quelle mode era particolarmente evidente: nel

1852

si osservava che anche

«le donne di minor levatura portano tutte il capo coperto di una cuffia alla parigina»9.

La pur rinomata produzione di tessuti di seta non sfuggiva a quel prestigio: «Essi imi–

tano, a non accorgersene, le più ricercate ed eleganti stoffe di Lione, e poiché il vezzo

delle cose francesi prevale tra noi, del pari che in ogni altra parte d'Italia, i prodotti

nostrali si smerciano come se fossero lionesi»lO.

La maggior sobrietà e semplicità dell' abito maschile inglese aveva invece fornito un

modello per quelle esigenze di democratizzazione, serietà evita attiva che l'abito bor–

ghese doveva incarnare, secondo caratteri che con la Regtaurazione sarebbero divenuti

normativi: impeccabilità di taglio, qualità di materiali (con lane inglesi), raffinatezza

degli accessori, improntati a essenzialità e rigore.

I modi di Brummel e dei

dandies

,

che avevano consacratola nuova eleganza

maschile, e sancito la fine dell' abito

Ancien Régime,

sopravvivevano ancora nei loro

epigoni degli anni quaranta dell'Ottocento, in quelle figure di

lions

eleganti e annoiati

che comparivano anche nelle cronache mondane torinesi

ll

.

Le caratteristiche fissate

nell' abito femminile di quel periodo, che è definito dagli storici della moda come

romantico-borghese, prevedevano alcuni caratteri essenziali ricorrenti: corpetto ade–

rente a punta sul davanti, vita esile, ampia gonna a cupola lunga fino a terra, sostenuta

da sottogonne e crinolina, maniche per lo più aderenti.

La pettinatura aveva capelli spartiti al centro e rigonfi ai lati, di giorno racchiusi

dalla tipica

capote,

il cappello con l'ampia ala in avanti che incorniciava il viso.

A queste linee di struttura che non subirono sostanziali mutamenti nel decennio, si

era accompagnata una grande novità sartoriale: dal

1842

era stata introdotta l'inven–

zione dello scalfo della manica.

Questo, grazie al taglio asimmetrico all' attacco della spalla permetteva. rispetto a

quello ad arco simmetrico del passato, una libertà di movimenti che spiega la grande

diffusione della moda di maniche lunghe e aderenti.

A compensare una certa uniformità della linea venivano previste le più disparate e

infinite varietà di decorazioni e accessori, sia per quanto riguardava le fogge che per

quanto riguardava i materiali e quei complementi dell' abbigliamento come sciarpe,

scialli (più che mai in auge l'ampio e lussuoso scialle

cachemire),

mantelline, pellegri–

ne, casacchini.

Altrettanto ricco e vario era il campionario di tessuti in cui predominavano sete e

velluti di cui anche l'Italia era forte produttrice, e lane di vari pesi e lavorazioni, tra

cui primeggiava il tradizionale

cachemire

o

casimiro.

Più spiccata rispetto alla fase dopo la Restaurazione si era fatta la contrapposizione

nell'uso dei colori: banditi quelli intermedi, si prediligevano tinte scure e smorzate, o

colori tenui e chiari per la sera; il bianco era ormai riservato all' estate o agli abiti da

ballo. Un'eccezione era fatta per i tessuti scozzesi, in voga dalla metà del secolo per

entrambi i sessi, moda che ha una matrice storico-romantica legata ai fermenti nazio–

nali che agitavano il secolo.

Kilt

e

tartan

infatti erano rimasti proibiti fino al

1822

per motivi politici e nel tenta–

tivo

di

pacificazione seguito, il loro uso era stato fortemente promosso dalla regina

Vittoria e dalla sua corte: di qui una moda in cui si intrecciavano gusto per la novità,

anglomania e simpatia per la leggenda di un popolo in lotta per la libertà

12 •

Anche l'abito maschile risentiva della stessa uniformità di fogge di quello femmini–

le, e in modo anche più marcato, fissato in quegli elementi che ne saranno alla base

9

GUGLIELMO STEFANI e DOMENICO MONDO,

Torino

e suoi dintorni,

Torino, Carlo Schiepatti, 1852, p. 34.

lO

DAVIDE BERTOLOTTI ,

Descrizione di Torino,

Torino,

G. Pomba, 1840, p. 338.

11

«li

Mondo illustrato», a.

I,

n. 7, 13 febbraio 1847,

p.

lO9.

12

G RAZlETTA BUTAZZI,

Moda /Arte/ Storia/ Società,

Milano, Gruppo Editoriale Fabbri, 1981, p. 115.

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