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Gli uomini:

I)Europa vista dal giovane Cavour

di Carlo Pischedda

Allorché Camillo Cavour, allora ventenne tenente del genio, richiamato il

31

otto–

bre

1831

dal forte di Bard (Valle di Aosta) cui era stato destinato ai primi di marzo,

ritornò in famiglia a Torino, richiese subito al padre, con una lettera dignitosa e acco–

rata, l'autorizzazione a presentare le proprie dimissioni dall 'esercitol. In verità - ricor–

dava Camillo all'inizio dello scritto - già in primavera, quando incombeva

la

minaccia

di una guerra contro la Francia orleanista e liberale, padre e figlio avevano convenuto

che, pur non essendo più possibile «de continuer à servir d'une manière honorable»,

conveniva, per motivi di dignità e di delicatezza, rimandare l'uscita dall'esercito a un

momento più propizio, quando fossero svanite le ragioni del rinvio . Undici anni

prima, stimolati dal giudizio autorevole, e sentenzioso, della zia materna di Camillo, la

duchessa Victoire de Clermont-Tonnerre (<<Camille est né et crée pour la vie militaire,

cette vocation sera celle de toute sa vie»2), e posti dinanzi alla scelta tra le due vie tra–

dizionali, la carriera militare o quella ecclesiastica, di cui le famiglie nobili disponeva–

no per una sistemazione decorosa dei figli cadetti, i suoi genitori avevano richiesto

l'ammissione del figlio all'Accademia militare di Torino, che era stata concessa pronta–

mente. Non ancora decenne, l'accademista fanciullo entrò il

30

aprile

1820

nel palaz–

zo seicentesco di via della Zecca (oggi via Verdi), e ne uscì sei anni dopo col grado di

luogotenente del genio militare, il

16

settembre

1826.

I cinque anni seguenti, in cui prestò servizio presso le direzioni del genio di Torino

e di Genova, e soprattutto nei forti isolati, nelle valli alpine e appenniniche, sul confi–

ne con la Francia, contribuirono notevolmente alla formazione intellettuale e morale

del giovane: le lunghe ore di solitudine, impegnate in parte in lavori molto noiosi, pro–

piziarono letture varie e scelte con cura, di quotidiani inglesi e francesi, e nel contem–

po di numerosissime opere di pregio, che furono formative ancor più delle esperienze

pratiche del periodo. Di quelle letture restano per buona sorte, come testimonianze

rivelatrici dei criteri di scelta e degli interessi preminenti, i brani da lui trascritti, con

scrittura ordinata e rotondetta, in vari quaderni miscellanei, tuttora gelosamente con–

servati nell' archivio di Santena: una selezione di passi, lunghi o brevi, di articoli gior–

nalistici e di opere dei più illustri scrittori europei, quali, per citare alla rinfusa i più

noti, i francesi Montesquieu e Voltaire, Constant e Chateaubriand e Cousin, Guizot e

Barante, gli inglesi Hume e Gibbon, Robertson e Hallam, Smith e Ricardo, Malthus e

Bentham, gli svizzeri Candolle e Sismondi, nonché, presenze rare, gli italiani Machia–

velli e Manzoni, Botta e Colletta

3 •

Con queste letture Cavour allargò gli orizzonti dei suoi interessi spirituali e delle

sue curiosità culturali, valicando idealmente la barriera alpina e superando la ristretta

l

Al padre, senza data (ma posto 31 ottobre 1831 ):

CAMILLO CAVOUR,

Epistolario,

I (1815 -1840), Bologna,

Zanichelli, 1962, pp. 118- 121 (d 'ora in poi citato E–

pist.,

n.

2

Lettera di Victoire de Clermont-Tonnerre a Filippi–

na di Cavour, senza data (ant. 1820): ARCHIVIO CAVOUR,

SANTENA,

Carte di Filippina di Cavour,

cartella 4.

3

Tutti questi quaderni miscellanei sono editi nella sil–

loge CAM ILLO CAVOUR,

Tutti gli scritti,

raccolti e curati da

CARLO PISCHEDDA e G IUSEPPE TALAMO, Torino, Centro

Studi Piemontesi, 1976-1978, voli. I e II (d'ora

in

poi cita–

to

Tutti gli scritti) .

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