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G ANDOLFI,

V

AlANI,

Costume

italiano.

Incisione in legno, in

«TI Mondo illustrato», a. II, n.9,

4 marzo 1848, p.144 (Torino,

Biblioteca Civica) .

Pagina a fro nte.

G . ARNAUD,

Costume italiano .

Litografia

Doyen e

c.,

Torino, 1848

(ASCT ,

Collezione Simeom,

D

2004; 2005).

carroccio, o nei teatri, dove «il ballerino che n'era adorno balenava in mezzo agli altri

come la visione di un'altra età che si illumina di piacere». Ma la consacrazione avven–

ne nelle eleganti sale dell 'Accademia Filarmonica, dove si mescolò al tradizionale abito

da ballo. Fu soprattutto l'abito maschile a suscitare l'ammirazione dell' autore perché il

nuovo abito virile non derivava da esempi storici, ma era moderno pur ricordando

l'antico: la tunica era abbottonata fino al collo, azzurra o nera, stretta da un' alta cintu–

ra con fibbia, il collo della camicia usciva a risvolto, una catena con medaglia posava

sul petto e un corto mantello era appoggiato sulle spalle. Il cappello bianco, bigio o

nero, con nastro e piume poteva avere varie forme: a cono, a cerchio, con falde ampie

o strette, risvoltate o no. Si descrivevano qui, senza citarli espressamente, il cappello a

cono alla calabrese,

il

tondo cappello alla Puritana e il feltro piumato all'Ernani. Tra–

scinato dall'entusiasmo, l'autore metteva

in

opera tutta la sua forza di convincimento

per dimostrare che l'adozione del nuovo costume non solo abbelliva l'uomo, ma che

valori morale ed eleganza potevano e dovevano coesistere e concludeva: «Sia bello e

forte l'italiano come quel giovine spartano, che per le forme e il valore creduto un dio,

volse nella mischia in fuga il nemico».

La foggia un po' marziale, ritornava in alcune divise per i corpi di volontari propo–

ste allora in Italia e pubblicate sullo stesso giornale qualche tempo dopo, come quella

dei crociati veneti, il cui costume riprendeva il tema della tunica, indossata su una

gonna corta con pantaloni sottostanti a vista. Più difficile era discostarsi dalle mode

correnti nell'abito femminile, che nell'illustrazione pubblicata, del Gandolfi, ci mostra

un vestito di velluto all' amazzone caratterizzato da grande semplicità rispetto alla ric–

chezza ornamentale allora in auge: la fascia a tracolla, i guanti alla scudiera, e soprat–

tutto il cappello di feltro piumato sono una ripresa dall' abito maschile, una tra le tante

ricorrenti nella storia della moda. L'idea di abbinare questo tipo di cappello al vestito

all'italiana

è

attribuita al pittore Pietro Ayres che ne propose numerose varianti con

piume, nastri e coccarde, in contrapposizione all'uso dominante della

capote,

che si

proponeva di abbandonare: «Oh deponga

la

donna il cappello prosaico che le viene

dalla Senna, ove si perdono i suoi capelli e i contorni del capo, per cui si alterano i

suoi lineamenti e l'espressione del volto!

».

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