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rio , fondato nel 1845 , la cui specialità erano «i guanti di castoro cuciti all'inglese, non

che quelli con bottoncini ribaditi, epperò più solidi che gli altri trattenuti con filO»51,

dava lavoro a oltre duecento persone.

Altrettanto notevole era la produzione di cappelli. I signori Varrone e Montù, con

una settantina di operai, producevano tredicimila cappelli di feltro l'anno, e quasi

altrettanti ne ricevevano da loro fabbriche di Andorno, Borgosesia e Pinerolo. Con

una cinquantina di dipendenti, invece, la ditta Zanotti e figlio, via Stampatori 24 e via

Dora Grossa presso la SS. Trinità, produceva cappelli militari, oltre a «sciakò e cintu–

roni secondo gli uniformi prescritti pe' diversi corpi dell' esercito»52 . Ugualmente

famoso era Felice Chienevale, con bottega in via di Porta Nuova, per i suoi cappelli

«di varia forma e pelo , cioè di castoro, di sorcio moscato e lepre, ai prezzi secondo il

fino di [lire] lO a 20»53 . In un certo senso, complemento, o sostituto del cappello

erano le parrucche: le migliori le produceva Francesco Cornaglia, e si potevano ammi–

rare nel negozio di via Carlo Alberto . E sempre per restare nel regno della frivolezza ,

non si potevano certo trascurare le piume per abbigliamento di Giuseppe e Carlotta

Pavesio, che riempivano di riflessi cangianti la vetrina del negozio di via Po.

Una Torino alla cui consacrazione come capitale del buon gusto concorrevano

anche le ceramiche di Dortù e Richard, subentrati al Rossetti nel vecchio impianto di

via Vigna della Regina; le argenterie che, in via Dora Grossa, brillavano dalle vetrine di

Carlo Balbino, Pietro Borani, Alessandro Bonanate, Giovanni Baglione; i lavori di ore–

ficeria di Luigi Capuccio e Giuseppe Capellaro, con i rispettivi negozi in piazza Castel–

lo, di Vittorio Morello, in via della Rosa rossa, e di Giovanni Canavero, in via Po.

Che se poi il nostro visitatore, sazio di frivolezze, avesse voluto dedicarsi ad argo–

menti più elevati, gli sarebbe bastato fare il giro delle stamperie e delle case editrici

che Torino proponeva in buon numero. Negli ultimi venti anni, con l'allentamento

della censura voluta dalla Restaurazione, si era assistito a una vera e propria rivoluzio–

ne, propiziata fra l'altro dall' alto consumo che si stava verificando di quotidiani e

periodici, testimoniato dal fatto che nel 1848 si stampavano in città ben 14 testate. Per

altro verso, la diffusione dell'istruzione e la nascita di scuole tecniche accanto al tradi–

zionale insegnamento umanistico, alimentavano una domanda crescente di libri scola–

stici. In realtà, però, la vera svolta si era verificata quando Giuseppe Pomba aveva

avviato la collana di «Classici Latini», cui aveva ben presto fatto seguito la «Biblioteca

popolare», i cui volumetti «tosto passarono, grazie alla tenuità del prezzo, nelle mani

di tutti, contribuirono potentemente a spandere in tutti gli ordini della società il gusto

della lettura, ed eccitarono in altri tipografi una viva emulazione»54 .

Colosso del settore era, in quel momento, Alessandro Fontana, la cui tipografia di

via del Fieno - vecchia di oltre tre secoli - occupava oltre 160 operai e produceva volu–

mi per un valore di circa un milione di lire l'anno. Dotata delle macchine più moderne,

la tipografia , oltre a pubblicare una collana di scrittori italiani viventi, vantava fra i suoi

autori alcuni dei nomi più prestigiosi della cultura torinese, quali il Cibrario, il Bertolot–

ti,

il

d'Azeglio. A contenderne

il

primato vi erano poi i cugini Pomba, con le già ricor–

date collane, che oltre alloro impianto, «in principio della contrada di Po», successiva–

mente trasferito nella via che oggi porta

il

loro nome, si avvalevano anche dell'opera

della Stamperia sociale degli Artisti tipografi, impegnata per conto loro a stampare testi

di divulgazione fra i quali primeggiavano

l'Enciclopedia popolare,

le

Meditazioni storiche

del Balbo,

l'Enciclopedia storica

di Cesare Cantù, oltre al settimanale «Letture di fami–

glia». Più orientato all' editoria scolastica e ascetica era invece Giacinto Marietti, situato

anch'esso in via Po, dai cui torchi erano uscite, fra le altre, opere quali

l'Homo Apostoli–

cus,

del beato Alfonso Maria de' Liguori , gli

Elementi di geografia

ad uso delle scuole

(in 18.000 esemplari) nonché

un'Antologia Greca

e un

Vocabolario della lingua italiana.

358

51

Giudizio 1850

cir.,

p.

107.

52

Giudizio

1844

cir. ,

p.

213 .

53

Giudizio 1850

cir. ,

p.

109.

54

Giudizio

1844

cir.,

p.

165.