

Gli osservatori, che tra Quattro e Cinquecento formulano un qual-
che giudizio su Torino, quasi sempre percepiscono la città, non impor-
ta quanto bella o mediocre, entro i limiti angusti del perimetro quadra-
to; pochi guardano con curiosità oltre le mura, per fissare nella memo-
ria i bordi fecondi dei fiumi, le geometrie ordinate delle colture, i nastri
polverosi delle strade, gli agglomerati casuali del contado. Non manca-
no tuttavia acuti viaggiatori che scrutano con interesse il vasto territo-
rio torinese, confrontano, ragionano, interrogano: tra questi il mercan-
te pellegrino Jacques Le Saige diretto in Terra Santa, durante la sosta
ristoratrice in compagnia della consorte
31
, osserva ammirato il paesaggio
dei dintorni di Rivoli. «Nous veismes – annota nel diario – les champs
estant assis à table, dont faisoit bien plaisant; car on voit les vignobles
dessus les bleds par rengue et s’y a tant damandiés que c’est merveille.
C’est ung plaisant païs et riche». E incuriosito prosegue: «Les beuf ti-
rent par le hatriau, et ont le dos couvert d’un lincheu». Sotto il sole, le
vigne coltivate ad alteno
32
gli appaiono belle e ordinate, lungo i filari al-
ternati a strisce di arativi, solcate dall’erpice tirato dai buoi. «Les jes
des vignes – spiega con competenza – sont tournans autour d’ung arbre
environ de vingt pied de lung à lautre et les branches desdites vignes
sont loiie de l’un à l’aultre, ainssy pendent le roysin en lair et ne laisse
on point à labourer dessoubs». Il gioco delle viti maritate, con ritmica
precisione contadina, a mandorli in fiore aggiunge nel pellegrino rifo-
cillato piacere al piacere.
Le gioie della natura non sono negate, alcuni anni più tardi, neppu-
re ad Andrea Minucci, il quale, proveniente dal «castelletto quasi del
tutto desolato chiamato Settimo», trova presso Torino «la campagna
meglio lavorata, come quella che è messa più in sicuro e lontana dalle
scorrerie degl’inimici»
33
. Confortato dalla propria esperienza, l’arcive-
scovo di Zara annota: «Qui io trovai il medesimo modo di lavorare la
terra che si usa da noi col piantare i campi al modo nostro». Le vigne,
a differenza di quelle del «Bresciano e Milanese», sono qui coltivate con
criteri di economicità: le viti sono infatti raggruppate e sostenute da tu-
tori piuttosto bassi, che non obbligano all’uso di scale per la potatura e
Immagini della città nelle relazioni dei viaggiatori e dei diplomatici
821
31
Cfr. sopra, nota 21; inoltre
le saige
,
Vojage de Douai
cit., p. 12. Commento in
comba
,
Pae-
saggi della coltura promiscua
cit., p. 17.
32
s. benedetto
,
Viticoltori di città: vite e strutture sociali a Torino nel
xv
secolo
, in
r. comba
(a
cura di),
Vigne e vini nel Piemonte medievale
, Cuneo 1990, pp. 143-61.
33
minucci
,
Descrizione di un viaggio
cit., p. 73. Commento in
comba
,
Paesaggi della coltura pro-
miscua
cit., pp. 28-30.