Table of Contents Table of Contents
Previous Page  332 / 652 Next Page
Information
Show Menu
Previous Page 332 / 652 Next Page
Page Background

Un ruolo determinante nell'economia torinese e un indispensabile complemento alla grande produzione - la di–

mensione " ottimale" - l ' impresa minore rappresenta una scuola imprenditoriale e di crescita professionale - Il

metro della competitività - Una reale autonomia tecnologica, di mercato e finanziaria - Specializzazione produt–

tiva e facilità di sintesi e di decisioni - Flessibilità e capacità di adattamento alle mutazioni del mercato - Nei

paesi più progrediti coesistono armonicamente grandi e piccole industrie - l'alto costo del denaro e la pressio–

ne fiscale - Dare vita ad organismi di tutela dei propri legittimi interessi - Una nuova figura del piccolo indu-

st riale

Favorire l'afflusso di capitali provenienti dal risparmio - Integrarsi perfettamente nell'attuale fase di

sviluppo

C reare organismi di documentazione e ricerca per adattarsi al livello tecnologico di altri paesi

Le piccole e le medie industrie hanno

sempre avuto un ruolo determinante

nell'economia torinese, sila perché, al–

l'inizio del secolo, sono state l'embrio–

ne delle grandi imprese industriali, sia

perché , ai maggiori complessi, hanno

sempre fornito energie, idee nuove e

uomini particolarmente dotati. Se si

volesse tracciare una storia della piccola

industria a Torino, non si dovrebbe

certo dimenticare che nell'estate del

1899, un gruppo di piccoli imprendi–

tori acquistò diecimila metri quadrati

di terreno in corso Dante, vi costruì

un 'capannone, e con cinquanta operai,

cominciò a produrre automobili a «sei

cavalli », le prime dieci Fiat. Erano

quei piccoli imprenditori di cui par–

lava Luigi Einaudi su un quotidiano

cittadino, rilevando che, in quell'epoca,

«veniva sù» una nuova classe impren–

ditoriale fornita di energie particolar–

mente vive e di uno sconosciuto di–

namlsmo.

Anche quando l'economia torinese si

caratterizzò sulla gl'ande produzione au–

tomobilistica, i piccoli complessi con–

tinuarono ad avere un compito molto

importante: quello di fornire mano

d'opera specializzata e di costituire un

indispensabile complemento alla grande

produzione. Se poi ci si rivolge ad altri

settori (il tessile, l'alimentare, ecc.),

sarà facile rendersi conto che innume-

8

revoli

marche

che affermano

il

nome

di Torino in tutti i mercati del mondo,

erano «piccole o medie» imprese.

Oggi, le piccole e le medie imprese

dànno lavoro a quasi duecentocinquan–

tamila dipendenti, sicché

è

addirittura

lapalissiano sottolineare la loro funzio–

ne sociale nella nostra provincia; inol–

tre, sono proprio questi complessi che

hanno 'Cambiato

il

volto della provin–

cia torinese, trasformando centri de–

pressi o strettamente legati all'economia

agricola, in piccole e moderne cit tà in–

dustriali. Gli esempi sono innumere–

voli : da Settimo a Chivasso, da Bran–

dizzo a Leinì., le ciminiere hanno spes–

so sostituito, nel paesaggio, i granai ed

i gelsi, portando un progresso econo–

mico e civile che nessuno può sotto–

valutare.

Ma quali sono le prospettive della

piccola e della media industria nel fu–

turo? Sono destinate a scomparire, op–

pure potranno vivere a patto di tro–

vare una loro nuova dimensione? Poi–

ché intendevamo arrivare ad un'inda–

gine aperta, in cui ogni problema po·

tesse essere affrontato in tutte le sue

innumerevoli sfumature, abbiamo affi–

dato a due docenti universitari, il

professore Sergio Ricossa ed il pro–

fessore Francesco Forte

il

compito di

tracciare un quadro generale della si–

tuazione.

Se...gl,o D.cossa:

" •••I,n

un ftlondo

'atto

dI, sole

g ...andl,

I,ftlp...ese

pubbliche

ve......ebbe

a D,anca...e

un'l,ftlpo...tante

va...l,età

dI, I,sdtudonl,

'avo...e v o

II,

all'l,ndl,vl,dua,l,sftlo"

«La sorte delle piccole imprese non

può non stare a cuore

Cl

chi pensa

che un buon sistema di vita sociale

debba offrire ad ogni individuo il mag–

gior numero possibile di occasioni per

dare il meglio di se stesso,

-

ha detto

Ricossa -

valorizzare le proprie doti

personali, affermare la propria perso–

nalità. Non

è

che le grandi imprese

siano

.(

necessariamente" ostili a tali

possibilità, ma

è

certo che in un mondo

di sole grandi imprese o, peggio, di

sole grandi imprese pubbliche, verreb–

be a mancare un'importante varietà di

istituzioni favorevoli all'individualismo

come sopra inteso. Per fortuna, sopral–

tutto per fortuna dei giovani, che più

degli altri dovrebbero esser sensibili

al fascino di una vita ricca di occasio–

ni e di libere scelte, un mondo del

genere non esiste ancora, né

è

in vi–

sta, almeno nelle economie

((

occiden–

tali

".

Vi sono,

è

vero, molte grandi

imprese, e ci si rende sempre più conto

che la grande dimensione consente di

ridurre i costi unitari di produzione;

ma al tempo stesso si osserva che ogni

produzione di massa suscita una coorte

di medie e piccole imprese ausiliarie,

fornitrici di ((particolari" e giustificate

da un'altra causa di riduzione dei co–

sti: la specializzazione, la divisione del

lavoro. Del resto, a un torinese, non

dovrebbe riuscire difficile convincersi