

una forte specializzazione ed un'alta
produttività richiedono grandi investi–
menti per il rinnovo tecno!ogico La pic–
cola industria ha limitate possibilità di
autofinanziamento e deve ricorrere al
credito pubblico. Le agevolazioni cre–
ditizie attualmente previste, sono insuf·
ficienti come dimensione, mentre gli
intoppi burocratici giocano negativa–
mente rispetto alla tempestività. Si
può ancbe aggiungere il pericolo deri–
vante da un'eccessiva subordinazione
produttiva ai grandi complessi, che -
se può presentare allettanti tentazioni
di (( tranquillità"
-
comporta pesanti
condizioni sui costi e sulla produzione;
delega ad altri ogni decisione di svi–
luppo ed impedisce ogni autonoma pro–
grammazione aziendale e di settore. Un
altro problema
è
quello del manteni–
mento e della formazione dellà mano
d'opera specializzata: il motivo princi–
pale di questo ostacolo
è
da ricercarsi
nella mancanza di un'adeguata politica
per la forma zione e per la qualificazione
professionale e nella naturale attrazio–
ne che
i
grandi complessi esercitano
(più per motivi psicologici di sicurezza
che economici) verso i lavoratori
».
Passando, poi, ad esaminare le pos–
sibilità di eliminazione dei succitati
ostacoli, Fantino ha concluso :
« Sono
necessari interventi convergenti dei
pubblici poteri e dei piccoli impren–
ditori stessi. Gli imprenditori devono
superare quella rivalità che tradizional–
mente li divide e li costringe alla mercé
delle grandi aziende. Devono unire i
loro sforzi per realizzare, a livello di
settore, i necessari coordinamenti ri–
spetto all'efficienza aziendale, agli sboc–
chi commerciali e ad una seria politica
delle vendite. I pubblici poteri devono,
innanzi tutto, assicurare, nel quadro
della politica ((di piano", i fondi per i
necessari investimenti. La proposta di
creare un fondo comune per gli inve–
stimenti torna e rimane, quindi, di evi–
dente attualità. Risponde, per esempio,
a quest'esigenza la proposta contenuta
in un recente documento della FIM–
CISL di creare delle società finanziarie
pubbliche di carattere nazionale a li–
vello di settore. Queste (( finanziarie"
potrebbero trovare un efficace supporto
in iniziative analoghe a livello regio–
nale
(come quella per esempio, previ–
sta nel progetto di piano regionale per
il Piemonte ).
Così, oltre a venire in–
contro ad un'indilazionabile esigenza di
fondo della piccola e media industria,
si metterebbe l'impresa minore in con–
dizione di affrancarsi dalla (( ipoteca"
che, anche in questo campo, viene eser–
citata dai grandi complessi.
È
noto, in–
fatti, che l'industriale minore, in ca–
renza di pubblici finanziamenti, finisce
per ricorrere all'aiuto di istituti finan -
zzarz privati, diretta espressione delle
grandi concentrazioni
1>.
Quanto ai problemi che nasceranno con
la caduta delle barriere doganali (pro–
blemi che, più avanti, saranno affron–
tati direttamente dai piccoli e medi
industriali da noi intervistati) Fantino
si
è
cosi espresso:
«È
indubbio che le
piccole e medie imprese, con la caduta
delle barriere doganali, sono quelle che
rischiano di più. Solo prendendo co–
scienza dei problemi di fo ndo che la
realtà economica e sociale pone, portan–
do avanti quella politica nuova di cui
sono state tracciate alcune linee gene–
rali, si potrà giungere, come sbocco sto–
ricamente irreversibile, ad un nuovo
impulso anche in questo settore pro–
duttivo».
Gauseppe Baffo:
" ••• le
andustrae
-manora potranno
sopro",,,a,,ere
so'o se sapranno
a99aornarsa
te-mpesd"o-mente
09" s"Uuppa
dello do-mondo"
Il laboratorio della ditta Sciamengo, a
Mirafiori, per la confezione di
«
pancarré
l>
Per Giuseppe Raffo,
«il metro col
quale misurare le probabilità di soprav–
vivenza delle industrie, siano esse pic–
cole, medie o grandi,
è
-
nell'econo–
mia moderna
-
la competitività. Se–
condo questo punto di vista, natural–
mente, le piccole e medie industrie po–
tranno sopravvivere solo se sapranno
aggiornarsi tecnologicamente, se sapran–
no scegliere quei tipi di produzione
che più si confanno alla loro potenzia–
lità produttiva ed infine, se sapranno
adattarsi tempestivamente agli sviluppi
della domanda, sia sul piano qualita–
tivo che quantitativo. Alcune industrie
dovranno rinnovarsi, altre addirittura
trasformarsi, per passare da settori pro–
duttivi ad altri Più concretamente, le
piccole e medie industrie dovranno
orientarsi su produzioni qualitative più
che su produzioni quantitative. Le dif–
ficoltà maggiori si possono identificare
principalmente in questo rinnovamento
tecnologico. Infatti, sotto questo punto
di vista, vi sono diversi problemi da
affrontare, problemi di investimenti e
quindi finanziari , problemi di qualifica–
zione e quindi di strutture scolastiche;
ed infine problemi strettamente tecnici,
quali la costruzione di macchinari per
produzioni non di serie
1>.
«È
chiaro
-
ha concluso Raffo -
che
tutto questo deve trovare nella piani–
ficazione economica un coordinato svi-
11