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to non sia, per la grande impresa, un

numero di lire in proporzione aritme–

tica. Cambiando la dimensione dell'im–

presa, cambiano le esi[!.enze. Perché le

norme non tengono generalmente con–

to di questa situazione? Negli stessi

contratti collettivi di lavoro, in cui do–

vrebbe incidere anche il parere della

nostra rappresentanza, non si vede una

differenziazione che tuteli le nostre ne–

cessità. Molte piccole aziende, per la

particolar natura del nostro lavoro spe–

cializzato, sono Stlccubi di improvvise

decisioni della grande industria: un'in–

novazione tecnica che sostituisca la ne–

cessità di servirsi di una certa produ–

zione, può metterci in crisi. Perché

non prevederla per tempo, onde con–

sentire le riconversioni produttive del

caso? Gravi difficoltà, si incontrano

poi, per via dell'intricato sistema di

norme che ci riguardano: per esempio,

non possiamo avere a disposizione spe–

cialisti come la grande industria; eppu–

re gli organi ispettivi esistono per en–

trambe e le conseguenze delle involQI1-

tari inadempienze, si pagano. Perché

dunque non creare enti di cO/1Sulta–

zione

o

potenziare quelli che già esi–

stono, affinché realmente si possa la–

vorare in armonia con le norme, senza

timore di omissioni? Un altro pro–

blema

è

la ricerca dei mercati esteri.

Poiché l'interesse all'esportazione

è

co–

mune a tutta la collettività produttiva

nazionale, si dovrebbe potenziare que–

sto canale di ricerca con mezzi di pub–

blica istituzione, a disposizione di tutti

e nell'interesse di tutti

».

«Se portiamo il discorso sulla ricerca

scientifica

-

ha continuato Giovanni

Gamba -

la situazione

è

ancora più

critica. Qui non possiamo veramente

fare nulla. Si dovrebbe creare una col–

laborazione con istituzioni scientifiche

per dare uno spiraglio di fiducia all'in–

dustria minore del futuro

».

Anche

il

comm. Torretta riconosce che

«le industrie minori nel nostro Paese,

hanno grandi difficoltà da superare. Oc–

corre perciò realizzare una efficiente

specializzazione del prodotto, applicare

un continuo aggiornamento delle at–

trezzature, avere maestranze preparate

tecnicamente, rafforzare la penetrazione

commerciale

.'>.

Per

il

geom. Giorgio Bertolino l'osta–

colO' maggiore

è

dato dalla scarsa con–

siderazione verso la piccola impresa,

sempre dipendente dalla grande indu–

stria, e dalla conseguente mancanza di

assistenza o di previdenza da parte del–

lo Stato.

Giulio Rocco ritiene invece che,

«l'al–

to costo del denaro sia fra le maggiori

difficoltà che travagliano l'esistenza del-

16

le piccole e medie industrie

».

«Gli

operatori econr)mici di modeste impre–

se

-

ha specificato Rocco -

difficil–

mente possono attingere al mercato azio–

nario. Oggi, la scarsa vitalità del mer–

cato nazionale ed estero, non permet–

te all'industria di avere quei giusti uti–

li e quegli ammortamenti che danno

la possibilità di rinnovare il macchina–

rio e le attrezzature per sostenere la

concorrenza internazionale . A questi

grossi problemi, fanno compagnia altri

di non minore importanza. Per esem–

pio, il continuo aumento della pres–

sione fiscale,

i

rimborsi all'esportazione

-

che dovrebbero essere dati celer–

mente e non dopo anni di attesa

-

la

tassa di successione che non deve distrug–

gere un'azienda ed infine la concorrenza

da parte dell'impresa pubblica, che si

allar[!.a più di quanto la logica vorreb–

be. Nel settore tessile esistono le Mani–

fatture Meridionali che, da anni, per–

dono milioni e mil:oni e disturbano, con

prezzi molto bassi, il mercato. I n tal

modo, per noi,

il

danno

è

doppio: per–

diamo clienti e paghiamo più tasse per

sanare il deficit».

Per Luciano Ottonello le difficoltà sono

di diverso tipo: oltre la pressione fisca–

le, le difficoltà sul mercato finanziario,

lo scarso peso sindacale,

il

problema del

reperimento del personale, bisogna ri–

levare che le piccole imprese dello stes–

so settore non riescono ancora ad unir–

si:

« Il piccolo imprenditore

-

ha af–

fermato Ottonello -

continua ad orga–

nizzare l'impresa sulla base delle capa–

cità e delle esperienze personali e del–

l'intuizione dei suoi rapporti con il

prossimo, diffidando ancora, non solo

dell'aiuto che gli viene offerto da or–

ganismi particolarmente specializzati nei

vari problemi di organizzazione e con–

duzione aziendale, ma perfino della pos–

sibilità di collaborazione con aziende

dello stesso tipo e settore, collabora–

zione che si manifesta sempre più ne–

cessaria per risolvere, in modo celere

ed economico, i Droblemi che conti–

nuamente si prospettano. Difficile è in–

fatti per una piccola impresa affrontare

e risolvere da sola i problemi di pre–

senza sui vari mercati; arduo

è

soste–

nere gli alti costi di produzione e svol–

gere un'attività proficua nella ricerca

tecnolo.'Sica. Ultimo problema: ancora

non si

è

stabilita quella necessaria fi–

ducia fra l'imprenditore e la banca.

Non sempre l'imprenditore fa ricorso

co.n sincerità e fiducia alla collabora–

zione degli istituti bancari. Per contro,

le operazioni di finanziamento, oltre a

seguire oggi un ((iter" burocratico lun–

go

e complesso, vengono impostate più

sulle garanzie reali che sulle qualità

morali

Q

sulle prospettive di sviluppo

e di successo dell'impresa

».

G'o"ann_ Gambo:

" ••• le dispos'z'on'

legislati.,e, gra.,ano

quas' sempre,

sulle

nostre aziende,

con

gli

stes.'

crite ri adottati

per le grand.

_n.prese"

Buge.aio To....etta:

" ••• 10

cre azione

d. istituti

pe.·

il

Hna••:ia.uento

f••

nedio term'ne

ho pern.esso

o

naolte aziende

di aggiornare

le attre:zatllre,

ripartendo in

comode annualità

l'impegno

Hnan:larlo"