

Sulla necessità di incrementare la
ri–
cerca scientifica come presupposto di
sviluppo per la piccola industria, l'ing.
Mario Catella ha rilevato come:
« l' in–
tuito e l'esperienza di tipo artigianale,
su cui finora si è poggiata la piccola e
media impresa, vedano oggi limitare
la loro efficacia e validità. Il piccolo
e medio imprenditore non può quindi
che attingere alla ricerca scientifica ed
instaurare con essa un'efficace collabo–
razione, onde affrontare e risolvere i
crescenti problemi di individuazione
delle nuove possibilità operative
».
E così si concretizza l'esame critico di
Mario Catella:
« La piccola e media
industria è nella condizione da un lato,
di non poter sostenere direttamente -
come singola unità
-
gli elevatissimi
oneri che un tale impegno comporta;
dall'altro, si trova ad agire in un con–
testo socio-economico e culturale che,
finora, ha trascurato la ricerca scienti–
fica
-
non alimentando né i settori fon–
damentali né quelli applicativi
-
e non
ha neppure favorito quelle forme di col–
laborazione sistematica con l'industria
che sono indispensabili nel mondo scien–
tifico per svolgere una proficua attività.
In questa situazione, il grado di com–
petitività delle piccole e medie indu–
strie può rischiare di ridursi drastica–
mente negli anni futuri
».
Giuseppe Stroppiana ha criticato inve–
ce che in Italia sia ancora presente, in
questo settore '(
una percentuale note–
vole di imprese la cui organizzazione
è su basi totalmente empiriche, affidata
cioè soltanto alla buona volontà e al–
l'intuito, purtroppo insufficienti ad af–
frontare la complessità delle situazioni
in cui si
è
oggi chiamati ad operare
».
Per Carlo Carmagnola
«il problema è
di dimensionare le aziende al punto
ottimo,
adeguando continuamente la
capacità produttiva alle esigenze del
mercato . Il problema
è
di sempre, ma
la rapidità odierna delle scoperte tecno–
logiche
-
che impone veloci ristrut–
turazioni di impianti e la riqualifica–
zione del personale
-,
l'estendersi del
mercato
-
che aumenta la concorren–
za e modifica, al tempo stesso, la di–
mensione
((
ottima}} delle imprese
-,
impongono alle medie e piccole indu–
strie impegni spesso superiori alle loro
forze. Molte aziende avranno perciò
in futuro una vita difficile e potranno
perfino scomparire. Altre, però, prende–
ranno il loro posto . La loro funzione,
infatti è insostituibile. L 'economia di
mercato ha questo grande vantaggio:
cadono i rami secchi e ne crescono al–
tri più robusti e vigorosi, con evidente
vantaggio della collettività
».
Luigi
Bogglora:
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Per Augusto Trussoni, il maggiore osta–
colo è dovuto ai costi salariali diretti ed
indiretti che non tengono conto delle
dimensioni delle imprese. In tal modo
i costi di produzione vengono a risultare
estremamente elevati, anche per la li–
mitata meccanizzazione esistente.
Paolo Derossi :
« Gli elementi negati–
vi che rallentano lo sviluppo delle indu–
strie minori sono principalmente due:
1)
la tendenza dei grandi complessi
privati e statali
-
tendenza combattu–
ta con apposite leggi negli U.5.A. -
ad essere autosufficienti, avocando a sé
attività che sarebbero di spettanza del–
l'industria minore.
2)
non sempre le
minori industrie seguono l'ambiente
produttivo generale, adeguandosi ai nuo–
vi climi che si avvicendano. In Italia,
particolarmente, le industrie nate dopo
le colleghe europee più giovani, meno
fornite di capitali, hanno subito il gra–
vame di due guerre e dell'ultima crisi,
superato con scarsi aiuti governativi,
con scarsa comprensione politica dei
presupposti economici, unicamente con
la volontà dei singoli imprenditori. Con
lo spirito di iniziativa ed il sacrificio
sono stati risolti i problemi immedia–
ti,
ma si sono ridotte le disponibili–
tà liquide, sono mancati il tempo ed
il modo per guardare oltre alle imme–
diate necessità e proiettare l'attività
produttiva verso il futuro, in armonia
con l'ampliarsi dei mercati e lo sviluppo
della tecnica. Questa inderogabile ne–
cessità di "far tutto da sé ", in presenza
di crisi e di disastri bellici, ha svilup–
pato ulteriormente ;1ei singoli impren–
ditori il già innato spirito personalistico
e la convinzione che solo sulle proprie
forze è possibile contare. Abbiamo per–
ciò molte industrie minori che operano
in un clima da ((padrone delle ferriere }};
troppe industrie che sanno di artigia–
nato e che stentano a raggiungere l'età
matura
».
Per concludere questo argomento, dalle
rispos te dei nostri intervistati, i pro–
blemi che amiggono la piccole e la me–
dia industria si possono sintetizzare in
questi sette punti:
1) particolare natura isolazionistica e
« chiusa» dell',industriale, portato ad
una specie di «anticollaborazioni–
smo» nei confronti dei suoi col–
leghi;
2) scarsi capitali, alto j:osto del dena–
naro , e non troppo elastica e lungi–
mirante azione del credito;
3) metodi fiscali troppo esosi e troppo
arretrati, in disarmonia con le esi–
genze dello sviluppo economico;
4) non sufficiente espansione capillare
della ricerca e della documentazione,
in quanto tutto ciò che si compie
in questo campo, non
è
ancora ade-
guato alle esigenze della piccola e
media industria;
5) scarsa conoscenza dei mercati esteri
e perciò delle economie con le qua–
li si dovrebbe competere;
6) non sufficiente azione delle catego–
rie interessate e dei relativi organi–
smi,
7)
inad~guata
organizzazione degli uffi–
ci commerciali all'estero.
Fino a questo punto gli intervistati ave–
vano elencato una serie di difficoltà e
di ostacoli che gravano sulle imprese
minori. Occorreva, dunque, che essi
stessi indicassero i mezzi più idonei a
rimuovere questi «handicaps» che
li–
mitano lo sviluppo del settore , nel qua–
dro dell'evoluzione tecnologica e delle
esigenze economiche della società fu–
tura «A chi spetta il compito di
ri–
muovere questi ostacoli? », abbiamo lo–
ro chiesto.
Augusto Trussoni:
« Per esperienza
personale, posso dichiarare che nessun
ente governativo o associazione quali–
ficata può risolvere questi problemi che
si sono manifestati con tanta rapidità.
Ogni piccola o media azienda dovrà af–
frontar e e predisporre le eventuali mo–
dificazioni strutturali secondo le pro–
prie capacità, il proprio senso di re–
sponsabilità nel programmare e nel
decidere il futuro della sua attività
».
Luigi Maggiora:
« Spetta agli stessi in–
dustriali. Non è una contraddizione in
termini, perché solo gli interessati pos–
sono trovare gli strumenti adatti per
ovviare alle difficoltà strutturali delle
aziende minori. Ciò può avvenire uni–
camente attraverso l'acquisizione di una
maggior coscienza di categoria, sì da
indurIi a confluire in una loro associa–
zione la quale, oltre a saper collocare
i particolari interessi del settore di
fronte ai pubblici poteri, deve avere la
capacità di mettere a disposizione ser–
vizi collettivi a vari livelli, che risolvano
quei particolari problemi di cui si par–
lava prima. Vale a dire, una particolare
considerazione da parte del fisco, affron–
tare i problemi della previdenza e quin–
di della contribuzione, la creazione di
consorzi per l'acquisto di materie pri–
me, nonché per l'incremento delle espor–
tazioni, con ricerche di mercato collet–
tive tra gruppi di aziende. Si tratta di
seguire due direttrici: unirsi per risol–
vere le connaturate comuni difficoltà
tecniche e quindi tenere il passo con
le aziende maggiori,: avere i mezzi e la
forza necessaria per orientare
i
pub–
blici poteri verso una politica più fa–
vorevole nei confronti della industria
minore. Fino a che ' gli industriali del
settore non prenderanno coscienza delle
necessità di sapere agire responsabil-
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