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mente ed in forma autonoma, ben poco

ci sarà da attendersi da una spontanea

soddisfazione delle nostre esigenze da

parte di chi nOn le ({sente" direttamen–

te. Non suoni pessimistica questa affer–

mazione. Molti già lavorano in que–

sto senso. Bisognerà che i ({molti" di–

ventino la

({

totalità"

o

quasi; ed il ri–

sultato non mancherà, come non è man–

cato per tutte le categorie sociali che,

rispondendo alle esigenze d'una società

che tende sempre più a consociarsi, han

saputo dare vita ad organismi di tutela

dei propri legittimi interessi

».

Eugenio Torretta:

« Lo Stato può age–

volare lo sviluppo e l'esistenza delle

industrie minori e alcuni provvedimen–

ti stanno a dimostrare la sensibilità del

Governo al riguardo. La creazione di

Istituti per il finanziamento a medio

termine ha permesso a molte aziende

di aggiornare le attrezzature, riparten–

do in comode annualità il relativo im–

pegno finanziario. La creazione del Mi–

nistero della ricerca scientifica e tecni–

ca creerà la possibilità di una collabo–

razione diretta fra gli Istituti di ricer–

ca esistenti e le industrie minori. Lo

snellimento del sistema assicurativo e

una più giusta distribuzione del relati–

vo carico fiscale, potranno aumentare la

competitività delle nostre industrie. Un

rapporto economico più chiaro con gli

enti statali e una più aperta politica

finanziaria a favore delle industrie mi–

nori, potranno migliorare molte situa–

zioni di pesantezza finanziaria

».

Giovanni Dovis:

«Non vedo come pos–

sano essere rimosse le difficoltà che

ostacolano l'attività produttiva delle

piccole imprese, né, d'altra parte, pen–

so che il Governo possa varare, a fa–

vore del settore dolciario, provvidenze

di entità tali da permettergli di supe–

rare queste gravi difficoltà

».

Carlo Carmagnola:

« Bisognerebbe spe–

cificare la natura di questi ostacoli che

possono derivare anche dai pubblici po-

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teri ed allora, il discorso andrebbe fatto

in altra sede. Se gli ostacoli sorgono

spontaneamente da! mercato, _di qual–

siasi natura essi siano, il compito di

rimuoverli spetta agli industriali stessi.

Il rischio della conduzione dell'impresa

e la scelta della combinazione più eco–

nomica dei vari fattori produttivi è

nello stesso tempo, privilegio e dove–

re dell'industriale, che, se da un lato

difende la sua funzione nella società,

dall'altro non può e non deve preten–

dere di addossare ad alll"i, compiti che

gli spettano. Troppo facile la vita di

industrie protette da barriere doga–

nali, da leggi speciali, da esenzioni fisca–

li, da contributi dello Stato. Non biso ·

gna, tuttavia, peccare di presunzione

paiché le piccole e medie industrie,

troppo sovente, dispongono di mezzi li–

mitati per poter razionalmente sceglie–

re. Le direzioni delle picco'e e delle

medie industrie hanno bisogno di es–

sere informate e quindi sono necessari

servizi d'informazione legislativi, eco–

nomici, statistici che siano efficienti e

soprattutto, aggiornati; hanno altresì

bisogno di laboratori da utilizzarsi per

gli adeguamenti tecnologici della pro–

duzione e per i loro problemi finan zia–

ri, di strutture diverse da quelle at–

tuali. Bisognerà, poi, trovare accordi

con aziende affini per la ricerca e per

qualificare le maestranze. L'unione de–

gli sforzi permetterà di ottenere risulta–

ti migliori di quelli che si raggiungono

con iniziative isolate

».

Giuseppe Stroppiana:

«Il compito spet–

ta all' imprenditore. Il piccolo e medio

industriale non può sperare in una ra–

pida ed effettiva rimozione delle diffi–

coltà, se non modifica, innanzi tut/o,

quell'atteggiamento che lo ha spinto,

fino a oggi, ad isolarsi e a

({

rinuncia–

re

".

Un chiaro, costruttivo spirito di

collaborazione lo porterà ad associarsi

con gli operatori economici del suo set–

tore per unire idee, volontà, sforzi, al–

lo scopo di raggiungere, come

({

grup–

po", quelle dimensioni necessarie per

una presenza efficace in una moderna

economia ed in un mercato sempre più

competiti·vo. Tutto questo, naturalmen–

te, nel rispetto degli interessi di ogni

singola impresa. Questo spirito di col–

laborazione renderà più operanti gli

organismi di categoria e di settore, con–

sentendo, per mezzo di essi, una. più

efficace opera di sollecitazione dei pub–

blici organismi ed una più fattiva pre–

senza. Gli stessi organismi statali do–

vranno sostanzialmente modificare i lo–

ro atteggiamenti, rimuovere le posizio–

ni di diffidenza, di fiscalità non effetti–

vamente motivata, di burocraticismo,

perseguendo ogni fa'rma d'inerzia e di

malcostume che possano attenuare e

frenare la funzione delle piccole im–

prese

».

Mario Catella:

«

Si potrebbe rispondere

in maniera ovvia che il compito spetta

a tutti coloro che, direttamente

o

indi–

rettamente, convergono nel processo

produttivo. Ma occorre innanzi tutto

sottolineare che è l'imprenditore stesso

che deve ulteriormente affinare il suo

atteggiamento intellettuale e psicologico

nei confronti di una società sottoposta

ai travagli di un rapido ed intenso svi–

luppo di ogni settore. L'isolamento pri–

ma denunciato, la naturale tendenza

dell'italiano a considerare lo Stato qual–

cosa di profondamente estraneo al pro–

prio mondo, una inconscia deformazione

professionale che induce il capo d'im–

presa ad atteggiamenti acritici anche in

quei settori di non diretta competenza,

fanno sì che l'imprenditore non sia

nelle migliori condizioni per integrarsi

perfettamente nell'attuale fase di svi–

luppo. Naturalmente lo Stato, gli or–

ganismi finanziari, i sindacati, la stes–

sa struttura politica non potranno es·

sere assenti in tutto questo processo

di affinamento e dovranno promuovere

anch'essi quella rapida e talvolta radi–

cale trasformazione, che

i

tempi impon–

gono . Tutte queste forze dovranno fi–

nalmente comprendere quanto sia as–

surdo esigere validità ed efficacia e, nel

contempo, stroncare quanto c'è di co–

struttivo e di onesto nella funzione im–

prenditoriale

».

Luciano Ottonello:

«Prima di tutti, è

lo stesso imprenditore che deve rimuo–

vere gli ostacoli. Pertanto, sarebbe op–

portttno che ogni picco!o e media indu–

striale cercasse di eliminare gli impe–

dimenti di ordine psicolof!,ico che trova

in sé, che si togliesse dall'isolamento,

onde raggiungere una comunione di in–

tenti in grado di permettergli di arri–

vare più celermente ed economicamente

ai fini aziendali

».

Giulio Rocco:

«Poiché i maggiori mali

che ci affliggono vengono dallo Stato. è

logico attendersi, dal Governo, quelle

leggi e quelle disposizionì che permet–

tano alle industrie minori non di vivac–

chiare, ma di vivere e prosperare per

il bene nostro e del Paese. Non dob–

biamo sentirci dei tolleranti, ma parte

integrante della società produttiva

».

Paolo Derossi :

«A nessuno specifica–

tamente, a tutti doverosamente. I pro–

blemi grandi e p.'ecoli, si risolvono

creando anzitutto un ambiente favore–

vole alla loro soluzione. L'ambiente

è

formato da tutte le attività, le inizia–

tive pubbliche

o

private che sono le–

gate all'economia produttiva e devono

agire armonicamente, wnfortate dal fat –

to che l'ltalia possiede l'elemento base

(capi d'azienda, tecnici ed operai) al

quale occorre solo l'ossigeno necessario

per il suo sviluppo

».

Giorgio Bertolino:

« Il compito di ri–

muovere tali ostacoli spetta inizialmen–

te alle associazioni di categoria, che do–

vrebbero farsi promotrici di un'azione

mirante, prima a rendere più unite e

compatte le industrie ad esse aderenti,

onde, poi, tendere ad un'azione dirètta

verso gli Enti dello Stato e ottenere

così sgravi fiscali e validi aiuti econo–

mici, per favorire una maggiore pro–

duttività

».