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Achille

Busso:

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L'industria minore italiana, secondo l'o–

pinione di Achille Busso, non affron–

terà, ad 'armi pari, la concorrenza di

quella estera. Un primo fattore nega–

tivo

è

identificabile negli oneri che gra–

vano sulla retribuzione diretta delle

maestranze e che portano

il

costo to–

tale del lavoro a cifre globali superiori

a quelle di lalcuni paesi del MEC.

«Di qui le! prima attesa degli impren·

ditori minori italiani

- ha affermato

Achille Busso -

verso le autorità co–

stituite: non sarà su(jiciente una salva–

guardia transitoria per questa situazione

ma occorrerà riesaminare tutto il pro–

blema, se vorremo veramente metterci

in condizione di competitività

».

«Un

secondo fattore negativo

- ha prose–

guito Busso .-

è costituito dalla infe–

riore produttività media della nostra or–

ganizzazione di lavoro rispetto a quella

di altri paesi Europei, legata, fra l'al–

tro, alla non disponibilità di capitali

idonei per rinnovare Le proprie attrez–

zature adeguandole alla rapidissima evo–

luzione tecnica in atta. Lo sforzo del–

l'imprenditore in questo senso dovreb–

be essere affiancato da un maggiore in–

tervento pubblico nel credito a favore

del rinnovo degli impianti

».

Achille

Busso si è soffermato infine su quelli

che potrebbero essere gli aspetti posi–

tivi del problema: la stessa espansione

22

sui nuovi mercati della grande indu–

stria favorirà indirettamente le industrie

minori; la qualità e lo stile di taluni

settori giustificano serene speranze in

un ulteriore incremento della nostra

esportazione. Concludendo: un mode–

rato ottimismo e qualche giustificata

preoccupazione di fronte alla mancanza

di un'adeguata intelaiatura di imposta–

zione collettiva delle industrie minori

per il commercio con l'estero, che po–

trebbe incanalare domanda ed offerta

con maggior facilità e probabilità di

conclusioni positive, e con minor ag–

gravio dei costi.

Paolo Derossi ha così puntualizzato le

caratteristiche essenziali dei provvedi–

menti utili a risolvere i problemi delle

industrie minori alla vigilia della cadu–

ta delle barriere doganali:

«

1

o

Molte nazioni si sono preoccupate

di facilitare le fusioni. I n Francia sono

state emanate specifiche norme, in Giap–

pone è stata favorita la creazione di

cooperative (circa

40

mila), alle quali

partecipano anche aziende familiari,

mantenendovi la loro personalità. I n I ta–

lia è stata prorogata la legge che eli–

mina la tassazione sulle fusioni e tra–

sformazioni, ma l'agevolazione riguarda

solo le società regolarmente costituite

e che tengono un regolare bilancio. I n

tal modo vengono eliminate, dai bene-

INDUSTRIE E DIPENDENTI

Industrie

Dipendenti

FINO A 50 DIPENDENTI:

Italia

637.632

2.525.667

Piemonte

59.144

266.526

Torino e provincia

25.027

125.289

DA 51 A 500 DIPENDENTI :

Italia

13.780

1.660.000

Piemonte

1.678

210.250

Torino e provincia

897

, 116.803

fici di legge, buona parte delle aziende

minori. Sarebbe necessario inoltre -

sul modello degli U.S.A.

-

che i red–

diti di sviluppo di aziende trasformate

o

fuse fossero esentati dal pagamento

della

R.

M. per almeno

2

anni, e che

le ditte che lavorano in collaborazione

non fossero obbligate a doppia fattura–

zione, con relativa I.G .E. e doppio pa–

gamento della

R.

M., come succede at–

tualmente.

I capitali a credito sono troppo scar–

si, i tassi sui finanziamenti raggiungono

livelli elevati e si impegnano, come ga–

ranzia, valori assai superiori al debito.

Le banche impongono una quota rischi,

ma il rischio, date le restrizioni di cre–

dito e le garanzie, è quasi nullo e la

quota rischio, anzicchè accantonarsi a

riserva per consentire una azione di

((

promotion

)),

passa a far parte degli

I nteri settori

fra

i

più dinamici e

i

più efficienti

si sono affermati mediante l'opera

di piccole e medie imprese.

Nella foto, sopra:

lo stabilimento della Victory Gomma

utili della Banca. L'indebitamento però

non è un mezzo sufficiente a garantire

la sviluppo di una impresa: occorre

favorire l'a fflusso dei capitali che pro–

vengono direttamente dalla classe ri–

sparmiatrice. A tal fine, si potrebbe

consentire la formazione di società a

responsabilità limitata, con minori im–

pegni contabili di quelli richiesti alle

società per azioni, in grado di emet–

tere azioni a risparmio di tipo privile–

giato, quando sorge la necessità del fi–

nanziamento.

3° Si dovrebbero instaurare dei rappor–

ti umani, non di imperio e di lotta, fra

il fisco e il contribuente come era nel–

l'intenzione del ministro Vanoni.

4° La creazione di organismi di docu–

mentazione e ricerca, fra i grandi centri

statali ed anche privati, e le industrie

minori, potrebbero fornire materiali uti–

li alle piccole imprese che, per la loro

particolare struttura, non sono in gra–

do di sostenere i costi di. laboratori di

sperimentazione aziendali.

5"

Occorre mettere gli industriali; per

categorie e settori, a contatto con le

produzioni estere, oltre che con leggi

e le abitudini commerci;;[i dei paesi

stranieri, per evitare che si continui a

lavorare con sistemi di produzione or–

mai superate; le informazioni fornite

dagli istituti appositi quali, ad esempio,

l'Istituto Commercio Estero e il Comi–

tato della Produttività sono in genere

nebulose, inesatte, non aggiornate. Non

va dimenticato che alla base del com·

mercio estero sta la necessità di recarsi

sul posto e d'indagare sulle situazioni

con le quali si deve competere

».

A conclusione, quasi come un augurio

di buon auspicio, vogliamo riportare

quanto detto in proposito dal profes–

sor Forte :

«Certi timori sulla mancata

concorrenzialità italiana nel MEC si so–

no dimostrati in passato ingiustificati.

Dal

1963

le nostre imprese hanno sa–

puto adattarsi al livello tecnologico de–

gli altri paesi: in certi campi

-

ad

esempio in .quello della carpenteria me–

tallica

-

hanno dimostrato di essere

competitive non solo nei confronti della

CEE, ma anche degli USA

».

Piero Novelli

/

Giuliana Bertin