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G'useppe Grosso:
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proble'lIlo del roppoI·to
dello eu'turo tee"'eo
con lo eulturo
'nteso
eOllle orlllon,'o
dei vo'or' dello
v'to"
Nell'avviare questa nostra discussione sui problemi
della cultura in una città industriale, specificamente con
riguardo a Torino, e cioè a quelle che sono le carat–
teristiche dello sviluppo industriale di Torino, io credo
doveroso di richiamarmi ad alcune testimonianze,
Ho
scelto due testimonianze di uomini che hanno sentito
questo sviluppo come tale che poteva forgiare una nuo–
va Torino culturale e quella di un'altra voce che, men–
tre da un lato ironizzava sulle limitazioni di questa
Torino
-
pur amata, ma definita come la Beozia d'Ita–
lia
- ,
concludeva con un triste presagio di avvenire
industriale, Da un lato Gobetti e Burzio, e dall'altro
Enrico Thovez,
Sappiamo che Gobetti vedeva nella formazione della
grande industria, e quindi nelle masse di operai co–
scienti che si venivano a formare in questa, l'erede e
la continuazione del tempo della cavalleria in Piemon–
te. Il capitolo di introduzione al
Risorgimento senza
eroi
si conclude precisamente con un saluto a questo
avvenire del Piemonte.
Dopo aver detto che il Piemonte per rinascere cerca
altre vie che non la letteratura, che esso dedica il fer-
vore religioso di cui si era dimenticato dopo le guerre
feroci dell'alto Medio Evo, a costruirsi una economia
e una vita sociale autonoma, e dopo un accenno a quel–
la che è stata l'abilità amministrativa e la figura di Gio–
litti, Gobetti prosegue:
«Ma l'avvenire politico della
regione, pur non rinnegando queste qualità diploma–
tiche, è altrove. In pochi decenni di lavoro Torino si
è trasformata in un centro di grande iniziativa indu–
striale. Trent'anni fa era ancora
il
paese delle piccole
e medie imprese, di una scarna e debole borghesia. Oggi
ha creato la Fiat, un'azienda internazionale che è stata
capace di reggere alla crisi travolgente del dopoguerra.
Si potrebbero tentare analisi e riferimenti storici più
sottili e cogliere le psicologie nuove che questa vita
della fabbrica viene determinando. Non sarà più plebe,
sarà un proletariato fedele alla dignità del lavoro e al–
l'umiltà del sacrificio. Silenzio, precisione, coscienza tesa
e presente sono indispensabili in questo ritmo di vita.
Il senso di tolleranza e di interdipendenza costituirà
il fondo severo di questi spiriti nuovi ; e la sofferenza
contenuta dovrà alimentare, con l'esasperazione, le
virtù della lotta e l'istinto della difesa politica. Da que-