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Il

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Testi

Levi;

40

classici e d'avanguardia caratterizzano il repertorio del Teatro delle dieci. Una scena di

Storie naturali,

di Primo

la D'Eusebio e la Magoja in

Le serve

di Génet. Qui sopra: tre degli interpreti de

Gli amanti timidi

di Goldoni

ammorbidisce - e ha suggerito, per alcune di esse,

una rilettura critica. Per esempio per la

Comedia de

l'homo e de soi cinque sentimenti,

una sorta di « mo–

ralité» alla francese affidata a personaggi allegorici:

l'hom, gli eugl, el naas, la baca, le man, i pé, el cui,

in cui la grassa facezia - la ribellione del « funda–

mentum » che chiede e ottiene, con uno sciopero ante

litteram, parità di considerazione con gli altri e più

nobili cinque sentimenti - può essere intesa non

soltanto come un ritorno alla parabola di Menenio

Agrippa, ma anche come una lancia spezzata a favore

dei più umili e disprezzati fra gli uomini, sulla cui

fatica campano gli schizzinosi maggiorenti. La regia

lo indica con i costumi lussuosi e l'atteggiamento di

stolida e boriosa sufficienza dei cinque, in confronto

con l'abito rozzo e le maniere villane dell'antagonista

che, alla fine, diverrà loro uguale secondo una so–

lenne investitura.

Un anno cominciato bene

Anche la

Farsa di Pero e Cheirina jugalli, che litti–

goreno per un petto

ha le sue punte nella satira alla

giustizia, al personaggio di un « judex » parolaio che,

alternando sentenze latine senza capo né coda ad

amenità dialettali, dirime, appunto, la causa nella

quale un marito chiede la condanna della moglie per

l'incidente cui si fa cenno nel titolo. Tutta giocosa

e beffarda, infine, la

Farsa del braco e del milaneiso

innamorato in Ast,

in cui si narra di un amante not–

turno che, sorpreso dal marito, gli dice d'essere il

suo bracco e il citrullo prima si spaventa sentendo

parlare un cane, poi ci ripensa e gli tende un agguato,

finendo, però, gabbato dalle astuzie d'una vicina.

Donne lussuriose, uomini fresconi : un piccolo uni–

verso tutt'altro che irreprensibile, ma per nulla cupo,

colorato di un umorismo scoppiettante al quale si

sono aggiunti i lazzi e le indovinate baggianate, i ge–

stacci allusivi degli attori tutti assai in forma, dall'ir–

suto Franco Alpestre a Wilma Deusebio, Gapace con

tranquilla indifferenza di dir cose che fanno sobbal–

zare il benpensante sulla poltrona, al «judex» di

Gigi Angelillo, Giovanni Moretti, la Magoja, la Bo–

nasso, il Brusa e il Vaccaro. Le musiche di Casalino,

i costumi della Furno, spiritosamente ricavati dall'ico–

nografia dell'epoca, le scene di Liverani, hanno altri

meriti nella riuscita dello spettacolo e chi si è pro–

vato nella lettura dell'Alione, nel tentativo di deci–

frare, cioè, quel misto

di

dialetto astigiano antico, di

lombardo e francese ch'egli adopera, si sarà meglio

reso conto dell'ardua fatica che la compagnia ha con–

dotto a termine non solo con bravura, ma anche con

un rigore filologico appena attenuato, in qualche

punto, da qualche libertà del resto necessaria alla

comprensione.

L'anno dieci è, dunque, cominciato molto bene. Si

preparano ora novità italiane - Pratolini, la Mastro–

cinque - l'interessante

Fando e Lisa

di

Arrabal.

Dopo l'esito dell'Alione l'impegno è, naturalmente,

più gravoso :

il

pubblico, com'è giusto, fa confronti

e s'attende sempre di più dalla piccola compagnia.

Guido Boursier