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che» di manipolazione dell'uomo, sna–

turando le stesse « scienze dell'uomo »,

le quali si propongono lo studio siste–

matico e rigoroso dei fatti umani, non

certo per trovare più raffinati metodi di

sfruttamento e di alienazione, quanto

piuttosto per offrirgli nuove vie di libe–

razione e di realizzazione di se stesso.

Inoltre, lo spirito tecnico, vincolato alla

ricerca positiva, alla sperimentazione, ri–

schia di ridurre il campo del «reale»

al campo del « verificabile », dello « spe–

rimentabile », rifiutando in blocco quelle

realtà che si sottraggono ai suoi metodi

di indagine; correrà il rischio di traspor–

re in termini nuovi certe ingenuità del–

lo scientismo ottocentesco, negatrici delle

realtà spirituali e soprannaturali nel no–

me della ricerca empirica.

D'altra parte, lo spirito religioso, orien–

tato a valori e realtà non riducibili ad

oggetto di verifiche «positive» può tro–

varsi in posizione di diffidenza nei ri–

guardi del tecnico, « troppo fedele alla

terra»: nei tentativi di impadronirsi

sempre più a fondo delle realtà create,

potrà credere di veder ripetersi la su–

perbia dell'uomo che vuole erigersi con–

tro Dio, simboleggiata nel racconto bi–

blico della «Torre di Babele ».

Una tensione che sarebbe frutto , in de–

finitiva, di una «ristrettezza mentale »,

sia di chi si chiude nei valori teclllC1,

sia di chi ne diffida nel nome di una

vaga religiosità.

c)

Lo sviluppo tecnico stesso e una più

profonda meditazione religiosa ci por–

tano oggi a nuove sintesi, di cui tro–

viamo una prima autorevole espressione

in recenti documenti, quale ad es. la

«Costituzione pastorale su La Chiesa

nel mondo contemporaneo », la

Gau–

dium et Speso

Il documento conciliare, come già ad es.

la « Pacem in Terris » di Papa Giovan–

ni , supera quelle posizioni «storiche»

non solo per il contenuto delle affer–

mazioni, ma per il metodo stesso con

cui affronta le problematiche cui inten–

de dare risposta: un metodo «positi–

vo », quasi «induttivo»: non la sem–

plice « applicazione» di principi astrat–

ti, « metafisici » a realtà contingenti, ma

20

sforzo di risalire, attraverso un'adeguata

riflessione, dai valori propri dell'attività

umana, dai problemi che assillano l'uo–

mo di oggi, all'incontro con Dio che si

rivela e che salva l'uomo manifestan–

dogli il valore di eternità della sua vita,

di ogni sua attività. Nella prospettiva di

Dio Creatore, nella luce della Redenzio–

ne di Cristo, ogni realtà umana assume

la pienezza del suo significato.

d)

Si tratta di una sintesi che vuole de–

cisamente superare l'ambiguità da cui

derivano certe «opposizioni» non giu–

stificabili tra scienza e fede, tra tecnica

e fede: è l'uomo che dà valore alla sua

attività: un valore che può essere ne–

gativo o positivo: anche la tecnica non

sfugge a questa condizione: è di per sé

« neutra»: può servire al bene o al ma–

le, a « liberare» o a rendere più schia–

vo l'uomo. Alla « sapienza» dell'Uomo

stesso, cioè alla sua capacità di cercare

e amare il vero e

il

bene è demandato

il compito di dare un senso alla tecnica

e alla scienza.

« L'epoca nostra, più ancora che i secoli

passati, ha bisogno di questa sapienza,

perché diventino più umane tutte le sue

nuove scoperte.

È

in pericolo di fatto

il futuro del mondo, a meno che non

vengano suscitati uomini più saggi»

(Gaudium et Spes,

n.

15).

Chiudersi in una vaga « religiosità » ne–

gatrice dei valori tecnici, o, dall'altra

parte, ridursi attraverso la tecnica ad

essere un puro «ricercatore» positivi–

sta, o peggio ridursi nella tecnica ad es–

sere un semplice « produttore» di effi–

cienza, senza riguardo ai valori supremi,

negati o ignorati solo per la loro « non

verificabilità », significa porre l'uomo sul

cammino della distruzione.

Si distrugge l'uomo nei suoi valori mo–

rali: chiari esempi possono essere certe

tecniche attuate su vasta scala, di mani–

polazione dell'uomo in vista dell'efficien–

za politica, economica, ecc... In partico–

lare per quanto riguarda il lavoro, ap–

pare oggi ancor più attuale il grido di

allarme di Pio XI: « La materia inerte

esce nobilitata dalla fabbrica, le persone

invece vi si corrompono e vi si avvi–

liscono »

(Quadragesimo Anno,

n. 55).

Corruzione e avvilimento che non si ri–

versano solo su chi è «vittima » di

queste tecniche: chi le applica, in vista

dell'efficienza produttiva, della difesa del

« potere» nell 'azienda, delle esigenze

del mercato e della concorrenza, dimo–

stra di possedere una personalità ben

più avvilita e corrotta di coloro che so–

no vittime: salvo poi gridare allo scan–

dalo quando qualcuno si ribella a questi

sistemi... Non è affatto raro, oggi, sen–

tire giustificare come «esigenze tecni–

che» sistemi raffinati di pressione psi–

cologica su persone e gruppi, atti di

vera e propria intolleranza, «provvedi-

menti» presi per impedire il sorgere di

leaders e di gruppi capaci di intavolare

un dialogo rinnovatore ... « Trasferito per

esigenze tecniche»: è l'espressione nor–

male per giustificare atti del tutto in–

giustificabili...

Si aggiungano le «tecniche di selezio–

ne » attuate al momento dell'assunzione

e tendenti spesso a mettere in luce non

tanto le vere «capacità» del singolo,

quanto piuttosto una non ben defini–

ta «socialità », riducibile a «capacità

di conformismo », «suggestionabilità »,

« mancanza di personalità propria ».

Passando dalle tecniche di «manipola–

zione dell'uomo» alle tecniche produtti–

ve, noi possiamo ancora notare le stesse

ambiguità: spesso « liberano » da certi

condizionamenti, creandone dei nuovi.

L'uomo «saggio» saprà vagliare con

obiettività le situazioni, saprà tendere

continuamente al superamento delle te–

cniche, non in vista dell'efficienza pro–

duttiva soltanto, ma soprattutto in vista

dell'Uomo, della sua sicurezza, dei suoi

valori personali: saprà, anzi, nel nome

dei veri « valori» dell'uomo, rinunciare

a «conquiste» che possano «costare»

troppo sul piano umano : l'uomo vale

più di ogni scoperta scientifica e di ogni

conquista tecnica.

È

ancora l'esigenza della vera «pover–

tà »: la « povertà evangelica »: non va–

le nulla conquistare anche tutto il mon–

do, se tale conquista « costa» la dignità

umana, la salvezza, la libertà dell'uomo,

il

rispetto dei suoi valori, della sua ani–

ma: «Non potete servire a due padro–

ni: a Dio e al denaro» (dal Vangelo).

Il rispetto per l'uomo, per la sua libertà,

la sua dignità terrena ed eterna di figlio

di Dio, garantiranno un uso «liberan–

te» della tecnica, una selezione tra le

varie possibili « soluzioni tecniche » per

attuare solo quelle che non opprimono,

anche se, al limite, fossero economica–

mente più costose; il culto dell'efficien–

za, del potere, delle leggi di mercato si

pone invece all'origine di un sempre

più accentuato sfruttamento dell'uomo

sull'uomo e può trovare in certe tecni–

che delle terribili alleanze.

Dobbiamo prendere coscienza che non

sempre una tecnica «efficiente », pro–

duttiva è pure una tecnica rispettosa

dei valori umani: certe tecniche, anzi,

produttivissime sul piano economico e

politico, sono un autentico attentato al–

l'uomo. L'uomo deve sempre essere un

fine, ridurlo a mezzo, strumentalizzarlo,

è sempre immorale, anche se egli può

apparire uno strumento estremamente

valido, dal punto di vista del «rendi–

mento ».

Vale appieno, per lo sviluppo della te–

cnica nel mondo del lavoro e per l'or–

ganizzazione del lavoro stesso, il prin–

cipio secondo cui «ogni essere umano

è persona, cioè natura dotata di intelli–

genza e volontà libera; e quindi è sor–

gente di diritti e doveri che scaturiscono

immediatamente e simultaneamente dal–

la sua stessa natura: diritti e doveri che

sono perciò universali, inalienabili, in–

violabili»

(Pacem in Terris,

n. 8).

Qualsiasi ente (azienda, nel nostro caso)

che tratti l'uomo come strumento, che

ne controlli e limiti la libertà personale

e civica, lo strumentalizzi e lo ricatti per

ridurlo a silenzioso e « valido» produt–

tore, riducendo la « collaborazione» del

lavoratore a pura soggezione, anche se

si ponesse all'avanguardia del progresso

tecnico, nella manipolazione delle mate–

rie prime o anche nella « manipolazio–

ne » dell'uomo stesso, si porrebbe nella

storia come fattore di distruzione e di

abiezione.

In definitiva, la teènica offre all'uomo

i mezzi per essere quel « dominatore »

della terra di cui parla la Bibbia; potrà

essere strumento di «liberazione », in

mano a uomini «liberi» che sappiano

attuarla, aumentando eventualmente i

costi e incidendo sui profitti, per

- creare condizioni di lavoro più u–

mane;

- creare canali e strumenti di comuni–

cazione interpersonale e tra i gruppi, va–

lidi a produrre una vera elevazione del–

l'uomo e della società;

- usare dei maggiori redditi e profitti

per creare nuove occasioni di lavoro, ele–

vare il tenore di vita di popolazioni an–

cora oppresse dalla miseria;

- ridurre gli orari di lavoro assorben–

do eventualmente nuova mano d'opera;

- elevare i lavoratori a livello di veri

collaboratori, dando loro vera possibilità

di partecipazione attiva sia alla vita del–

l'impresa, con le sue scelte, sia alla vita

politica ...

- stabilire rapporti umani fondati sul

rispetto delle persone e dei gruppi.

L'uomo d'oggi attende grandi cose dalla

tecnica: deve prendere coscienza che es–

sa

è

in grado di dargliele solo a una

condizione: che se ne faccia un uso

umano, onesto: la tecnica è per l'uomo,

non l'uomo per la tecnica.

Antonio Revelli