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D i M t i K ' M ) n i s . t

HI M i n

INI

Nell’anno venturo io non farò che inse­

rire; inserire (Si

ride)

nel mio discorso di

domani tutte quelle che saranno state le

variazioni intervenute nel frattempo.

Ma prima di entrare nel vivo della

materia, prima di prendere quota, in que­

sto che sarà il discorso del ministro degli

interni, quindi senza troppe variazioni dot­

trinarie o svolazzi retorici, voglio porgere

il mio ringraziamento al relatore, non già

perchè sia una consuetudine, ma perchè io

sento il dovere di tributargli un elogio. F,

voglio nello stesso tempo ringraziare tutti

i miei collaboratori nell’Amministrazione

degli interni, a cominciare dal sottosegre­

tario Suardo. uomo probo e fedele

(Benis­

simo!),

fedele come sanno essere gli uo­

mini della sua terra.

Il mio discorso si divide in tre parti :

primo, esame della situazione del popolo

italiano dal punto di vista della salute fì­

sica e della razza; secondo, esame dell’as­

setto amministrativo della Nazione ; terzo,

direttive politiche generali attuali e futu­

re dello Stato.

Qualcuno, in altri tempi ha affermato

che lo Stato non doveva preoccuparsi del­

la salute fìsica del popolo. Anche qui do­

veva valere il manchesteriano : lasciar fa­

re. lasciar correre.

Questa è una teoria suicida.

E ’ evidente che in uno Stato bene ordi­

nato la cura della salute fisica del popolo

deve essere al primo posto.

Come stiamo a questo proposito? Quale

è il quadro? La razza italiana, il popolo

italiano nella sua espressione fisica è in pe­

riodo di splendore o ci sono dei sintomi di

decadenza? Se il movimento retrocede,

quali sono le possibili prospettive per il

futuro?

Questi interrogativi sono importanti non

solo per i medici di professione, non solo

per coloro che professano le dottrine della

sociologia, ma sopratutto per gli uomini di

governo.

Ora il quadro, a questo proposito, è ab­

bastanza grigio.

1

dati che mi sono riferiti dalla Direzio­

ne generale di sanità, diretta da ll’egregio

professore Messea, il quale fa il suo lavoro

avendo 91 impiegati di meno di quelli che

gli sarebbero consentiti dall’organico. so­

no mediocri.

Le malattie sociali sono in isviluppo, e

ci sono dei sintomi sui quali è opportuno

fare riflettere e far convergere l ’attenzione

di coloro che hanno senso di responsabi­

lità, tanto al centro che alla periferia.

Le malattie cosidette sociali segnano una

recrudescenza. Bisogna preoccuparsene e

preoccuparsene in tempo.

In tanto, che cosa ha fatto la Direzione

generale di sanità? Moltissime cose, che

io vi leggo, non fosse altro per la docu­

mentazione necessaria.

Ha. prima di tutto, intensificata la d i­

fesa sanitaria alle frontiere marittime e ter­

restri della Nazione. Sotto la diretta sor

veglianza degli organi della sanità pubbli

ca, si sono derattizzati novemila bastimen­

ti. cioè si sono uccisi quei roditori che por

tano da ll’Oriente malattie contagiose r

quell’Oriente donde ci vengono molte cose

gentili, febbre gialla e bolscevismo...

(Si

ride).

Ci siamo occupati della professione

sanitaria, dell’assistenza sanitaria, dell’i ­

giene scolastica, dei servizi antitubercolari,

della lotta contro i tumori maligni, della

vigilanza sugli alimenti e bevande, delle

opere igieniche : acquedotti e fognature,

delle sostanze stupefacenti, delle speciali­

tà medicinali, finalmente dei consorzi pro­

vinciali antitubercolari.

1 utto questo, probabilmente, non vi d i­

ce gran che. Ma passiamo alle cifre, che

sono sempre interessanti.

Intanto, si può oggi annunciare che una

malattia sociale, la quale gravava sulla

popolazione italiana da almeno un quaran­

tennio, è totalmente scomparsa. Parlo de l­

la pe llag ra

In

c ifre asso lu ta per

pellagra

ci furono 198 morti nel 1922; nel 1923

erano discesi a 108. Nel Veneto, che era

la regione più colpita, si ha 1,3 morto per

ogni centomila abitanti : si può, quindi,

dire oggi che la Nazione italiana ha vinto

definitivamente questa battaglia.

Ma non altrettanto può dirsi per la tu­

bercolosi. Questa miete ancora abbondan

temente. Sono cifre terribili, che debbono

far riflettere. Vanno da un minimo di

52,293 nel 1922 a 59,000 nel 1925. La

regione che è più colpita è la Venezia

Giulia ; quella che è meno colpita la Ba­

silicata.

Altrettanto notevole è il numero di co­

loro che sono colpiti dalle infermità do