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D ISCORSO DI S. » . BEN ITO M U SSO LIN I

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bruzzi, il Veneto, la Sardegna, le Marche,

l’Umbria, il Lazio. Le regioni che si ten ­

gono sul 27 per mille sono l ’Emilia e la

Sicilia. Al disotto la Lombardia, la Tosca­

na, il Piemonte, la Liguria, la Venezia Tri-

dentina e Giulia. Nel 1925 la popolazione

è aumentata di 470 mila abitanti, nel 1926

di soli 418.000. La diminuzione è notevole.

Questo ancora non basta. C ’è un tipo

di urbanesimo che è distruttivo, che iste­

rilisce il popolo, ed è l ’urbanesimo indu­

striale. Prendiamo le cifre delle grandi cit­

tà, delle città che si aggirano sul mezzo mi­

lione di abitanti o lo superano. Non sono

brillanti queste cifre. Torino nel 1926 è d i­

minuita di 538 abitanti. Vediamo Milano :

è aumentata di 22 abitanti

(Commenti)

;

Genova è aumentata di 168 abitanti. Que­

ste sono tre città tipo prevalentemente in­

dustriale. Se tutte le città italiane avessero

di queste cifre, tra poco saremmo percossi

da quelle angoscie che percuotono altri po­

poli. Fortunatamente non è così. Palermo

ha 4177 abitanti di più (parlo di quelli che

nascono, non di quelli che ci vanno, per­

chè questo è spostamento, non aumento);

Napoli 6695 e Roma tiene il primato con

7925. Ciò significa che mentre Milano in

dieci anni crescerà di 220 abitanti, Roma

aumenterà di 80.000.

Ma voi credete che, quando parlo della

ruralizzazione dell’Italia, io ne parli per

amore delle belle frasi che detesto?

Ma no ! Io sono il clinico che non trascu

ra i sintomi e questi sono sintomi che ci de­

vono fare seriamente riflettere. E a che cosa

conducono queste considerazioni?

1) che l ’urbanesimo industriale porta

a lla sterilità

!c

popo lazion i ;

2) che altrettanto fa la piccola proprie­

tà rurale. Aggiungete a queste due cause

di ordine economico la infinita vigliacche­

ria morale delle classi così dette superiori

della società.

(Applausi).

Se si diminuisce,

signori, non si fa l’impero, si diventa una

colonia !

Eira tempo di dirle queste cose; se no,

si vive nel regime delle illusioni false e b u ­

giarde che preparano delusioni atroci. (,4p-

plausi).

Vi spiegherete quindi che io aiuti

l’agricoltura, che mi proclami rurale; vi

spiegherete che io non voglia industrie in­

torno a Roma, vi spiegherete come io non

ammetta in Italia che le industrie sane, le

quali industrie sane sono quelle che trova­

no da lavorare nell’agricoltura e nel mare

(Approvazioni).

Da questa digressione di ordine demo

grafico, che mi farete il piacere di meditare

e di rileggere fra le righe, passo alla secon­

da parte del mio discorso, quella che con­

cerne l ’assetto amministrativo del Paese,

che è legato per una piccola passere .la a

questo capitolo del mio discorso.

Perchè ho creato 17 nuove provincie?

Per meglio ripartire la popolazione; perchè

questi centri provinciali abbandonati a sè

stessi producevano una umanità che finiva

per annoiarsi e correva verso le grandi cit­

tà, dove ci sono tutte quelle cose piacevoli

e stupide che incantano coloro che appaio­

no nuovi alla vita.

Abbiamo trovato, a ll’epoca della marcia

su Roma, 69 provincie del Regno. La po­

polazione era aume

i 15 milioni, ma

nessuno aveva mai osato di toccare questo

problema, e di penetrare in questo terreno,

perchè nel vecchio regime l ’idea o l’ipotesi

di diminuire o aumentare una provincia, di

togliere una frazione a un comune, o puta

caso l’asilo infantile ad una frazione di co­

mune, era tale problema da determinare

crisi ministeriali gravissime.

Noi siamo più liberi in questa materia, e

allora, fin dal nostro avvento, abbiamo mo­

dificato quelle che erano le più assurde in­

congruenze storiche e geografiche dell’as­

setto amministrativo dello Stato italiano.

E ’ allora che abbiamo creato la provincia

di Taranto e quella di Spezia, che abbiamo

restituito la Sabina a Roma, perchè i Sa­

bini questo desideravano, e il circondario

di R o c ta Saìi Casciano a lla provincia di

Forlì per ragioni evidenti di geografia.

Ci sono state quattro provincie partico­

larmente mutilate che hanno accettato que­

ste mutilazioni con perfetta disciplina : Ge­

nova, Firenze, Perugia e Lecce. C ’è stata

una provincia soppressa che ha dato spet­

tacolo superbo di composta disciplina : Ca­

serta.

Caserta ha compreso che bisogna rasse­

gnarsi ad essere un quartiere di Napoli.

La creazione di queste provincie è stata

fatta senza pressioni degli interessati; è

stato perfettamente logico che i segretari

federali siano stati festeggiati, ma non ne

sapevano nulla !

(Si ride).