

DON BOSCO SANTO I TAL IANO
La O lia ta d i M aria AaaUlatrlca
Il
Miracolo v’ivo, permanente, dilatantesi di Don
Bosco è nelle Sue case, nelle Sue scuole, nei Suoi
campi, nelle Sue officine, nell’opera conquistatrice
di cuori continuamente rinnovata in ogni parte del
mondo dai Suoi figli e dai Suoi cooperatori in una
semplicità che
è
la stessa immagine del Santo. Sem
plicità, serenità, letizia e canto, caratteristiche fonda-
mentali che, con l’attaccamento alla terra, proven
gono donde abbiam detto. Anche il canto, con tutte
le caratteristiche della cantata Monferrina che qualche
peregrino che non conosce l’Italia crede ormai riser
vata a pochi mentre sotto il nome di «canzone
alpina »
è
diventata attraverso la guerra cantata
nazionale, e mentre coloro che girano il mondo
l’anno sentita salire al cielo in tutte le latitudini
dove esistono Istituti Salesiani e da tutti i popoli
con tutti gli accenti insieme alle note della Marcia
Reale e di Giovinezza nate anche quelle sui monti
della stessa terra. Questo passaggio così profonda
mente italiano e perciò in ogni contingenza serena
mente lieto attraverso tutti gli ostacoli ed i triboli che
la vita non gli risparmiò dal primo all'ultimo giorno,
è mirabilmente interpretato in uno dei Santi sogni
di Don Bosco. Aveva davanti a sè una piana disse
minata di cose cadute ovunque, fresche di rugiada,
colorite e vive sotto il sole. Gli comandò una voce:
«Avanza sopra». Non voleva calpestarle, tuttavia ub
bidì e camminò con le scarpe; ma la voce lo ammonì
di toglierle. Ubbidì ancora e camminò a piedi nudi.
Le rose nascondevano presso i petali profumati e
luminosi molte durissime spine e le piante dei piedi
davano sangue da ogni parte. Ma il Santo camminò
e passò la piana e conquistò la mèta, semplice nel
l’atto come sono semplici tutte le grandezze, come
sono semplici i gesti di coloro che operano alla con
quista del pane quotidiano e del vino della onesta
letizia, che sono poi anche il pane ed ’ ' o della
Eucarestia.
Conquistando le rose, superando le spine Don
Bosco ha fondato entro la Chiesa universale un suo
impero i cui rappresentanti ben a ragione oggi, nel
giorno della glorificazione, convengono a Roma come
alla sede del Vicario di Cristo e come alla Madre
delle genti. L ’Impero di Don Bosco
è
vasto quanto
ii mondo: nella America latina dal Messico al Capo
Hom, nell’America Anglo-Sassone, nelTAfrica me
ridionale, nel Congo, in Tunisia, in Algeria, in Egitto,
in Palestina, nella Anatolia, nellTndia, in Cina, nel
Giappone, nelle Filippine, in Australia. Sono venti
mila fra religiose e suore Suoi figli al lavoro in più
di 1400 case. Sono centinaia di migliaia di discepoli
che ascoltano da Lui oggi il verbo di Cristo e di
Roma, più i milioni che l’hanno ascoltato ed i milioni
di cooperatori che crescono ogni giorno in numero
con un sentimento solo che è sempre eternamente
il Suo. Sono milioni e milioni di umanità vivente e
trapassata e nata e nascitura dei quali deve tener
conto non soltanto la Storia d’Italia o quella super-
nazionale della Chiesa, ma anche la Storia della
Civiltà degli Uomini.
Questa è dunque azione che qualche spirito ste
rile ed arcigno non comprese allora, come non lo
comprende oggi ancora, come non lo comprenderà
mai.
Si tratta per lo più della gente che abbiam detto
statica e tappata entro la casa che crolla, ostinata
a non veder di fuori. Ancora in tempi vicini qualcuno
di costoro gli ha rimproverata la sua aderenza alla
vita, quella che noi ammiriamo come fondamentale
Sua virtù eroica. Altri l'ha imputato
dì
parlare
di