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gno di nota. Il Lessing si trovava in Italia
già da più di tre mesi ; aveva già visto città
importanti come Milano, Venezia, Firen
ze, Genova, eppure diede inizio al Diario
solo a Torino. Bisogna credere che in que
sta città si verificassero per il nostro viag
giatore circostanze particolarmente favore
voli e soddisfacenti. Torino è anche la città,
alla quale, nel Diario, è dedicato il maggior
numero di pagine e, per di più, tali pagine
sono le meglio redatte e le più interessanti
per varietà di argomenti e intonazione per
sonale di qualche appunto. Lo spirito insa
ziabilmente avido di conoscere del Lessing,
l’alacrità della sua mente, per la quale egli
s’occupava con piacere anche di argomenti
estranei al suo mondo intellettuale, purché
contribuissero comunque ad allargare la sua
coltura, appaiono in bella luce.
Quando il Lessing, sceso in Italia nel
1775 ed entrato in Torino, si presentava
agli uomini dotti e ai circoli letterari della
città, egli aveva già posto per tre quarti il
piedestallo incrollabile alla sua gloria.
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(i Laokoon » e la « Drammaturgia d Am
burgo )> già avevano rivelato la sua potenza
di critico e di esteta : la « Minna von Barn-
helm » e 1* « Emilia Galotti » già avevano
dimostrato la sua tempra di drammaturgo,
creatore di capolavori d’arte e apostolo d ’u
manità.
Di fronte a lui, negli ambienti dell’alta
coltura torinese, non v ’era nessuno che po
tesse porglisi a fianco in paragone di gran
dezza. (L ’ Alfieri, del quale due mesi prima
s’era rappresentata al Carignano la « Cleo
patra » , appena s’ era svegliato e comincia
va a prender coscienza di se e della sua vo
cazione). Del Lessing, — si può dire —
pochissimi dovevano conoscere il nome,
che ben poco della sua opera era sin allora
giunto di qua dall'Alpi e solo il dramma
lagrimoso • Miss Sara Sampson » era stato
tradotto in italiano (Ha F.lisahrtta Caminrr).
Nè si aveva sentore della grandezza di lui.
(Dovrà passare ancora più d’un secolo per
chè questa sia tra noi compresa e degna
mente apprezzata).
Pure nella capitale piemontese un denso
stuolo d ’ ingegni preclari dava allora, con
la geniale operosità nei vari campi della
vita intellettuale, un largo contributo a quel
vasto risveglio d ’ idee e di intenti, che ca
ratterizza in Italia — in parte come riflesso
del movimento illuministico francese, — la
seconda metà del secolo XVIII.
Il Lessing avvicinò e conobbe la maggior
parte di quegli uomini insigni. Egli stesso,
sotto la data 27 agosto, elenca ben dician
nove dotti, dei quali fece la personale cono
scenza. Sono tra essi docenti di università,
come Girlo Denina, Casto Innocente An-
saldi, Tommaso Valperga di Caluso, Gio
vanni Francesco Cigna; bibliotecari, come
Paolo Maria Paciaudi e Lodovico Francesco
Berta; direttori di musei, come il cavalier
Tarino e l ’abate Mazzucchi; specialisti del
l’erudizione locale come Giuseppe Vernaz-
za;
poeti d ’occasione come Giuseppe Ma
ria Boccardi ; dilettanti del genere dramma
tico come Jacopo Durandi ; gentiluomini
dell’aristocrazia come il marchese de Bre-
zé e i conti Botton di Castellamonte e Fran
cesco Antonio Lanfranchi; alti funzionari
come il commendator Geloso e il cavalier
Didier.
Di questi personaggi Carlo Denina, l ’ ir
requieto, ardimentoso abate, lo storico ver
satile e operosissimo, che il libro « Delle
rivoluzioni d ’ Italia», compiuto l ’anno pri
ma, già aveva reso famoso in Europa; e
Giuseppe Vernazza, il principe degli eru
diti studiosi delle patrie memorie, appas
sionato ricercatore e illustratore delle glorie
piemontesi, furono quelli coi quali il Les
sing più strettamente entrò in relazione e
più assiduamente si trattenne. Lo univa ad
entrambi una certa affinità di tendenze ne-