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O n .

C a r l o

E m a n u e l e

B a s i l e

ripete una giustizia che

perfetta

non può es­

sere che sul trono divino, nelle ore nefande

assunse l'aspetto di quelle statue che, an­

cora drappeggiate sulle soglie degli archi

trionfali, ridestano in noi il senso di una

tradizione giuridica immortale. Non parlo

agli umili maestri delle scuole elementari

che ebbero un tozzo che non era quello del

parecchio.

Non parlo agli illustri cattedra­

tici che nelle Università, qualche volta,

rara

avis,

sentirono che l ’ambiente era soffocan­

te e spalancarono le finestre, talvolta propa­

gando un verbo di ribellione.

« Parlo da solo a solo con l ’ometto gri­

gio, con l ’omiciattolo dai 75 centimetri di

torace che, certo, in questo momento mi

ascolta appiattato tra colonna e colonna in

questa piazza fatta sonora dai secoli. Parlo

a lui che mi ascolta. Parlo a lui che imma­

gino con una pesante testa, che ha alle tem­

pie un intrico di venuzze piene di tutto il

livore e di tutta la presuntuosa sua sapienza

Parlo a lui che ha i gomiti sdrusciti non per

miseria, ma per avarizia spirituale. Gli par­

lo e gli dico rammentando il passato : T i

ricordi, quando partimmo? non avesti che