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I ~ T

H -

g - - - — a —

mo sottoporre noi stessi e tutti gli italiani

veri, al responso di un plebiscito.

ii Noi disprezziamo i ludi cartacei, noi

proclamiamo d’essere una minoranza, mi­

noranza che è la quarantaduesima parte d ’I­

talia, cioè siamo una minoranza di un mi­

lione. Vogliamo mantenerci tali, non solo,

ma con molta rigidità cerchiamo sempre

d ’assottigliare e purificare le nostre hle.

ii Ora noi siamo, in questa vigilia, qui

riuniti per recare l’unico omaggio possibile

a Colui che dal suo tavolo di quercia a Pa­

lazzo Chigi ci attende in silenzio dopo aver

pronunciato quelle parole che sono sfida per

tutti gli omuncoli, per tutti i transfughi del­

le belle battaglie della vita.

« Duce, qui facciamo un sacramento; noi

qui, Duce, ti diciamo : siamo certi del Pie

biscito, non di Torino soltanto, ma del Ple­

biscito che andrà dal Nevoso di Gabriele

d ’Annunzio alle sabbie di Cirene e Misu­

rata. Noi siamo certi del dono che è l’unico

che può farti sorridere, o Duce. E sapete

voi, camerati, perchè siamo certi?

« Perchè davanti ad ogni nostra colonna

che si avvia ai seggi elettorali precede un

fante in casacca pesante, fangosa. Pare che

egli si sia sollevato a stento dalla fangaia;

ha scarpe pesanti ridotte a due pallottole

enormi di fango; stringe sul petto la scia­

bola baionetta come un crocefisso. Ha il

volto scarno e luminoso sotto l’elmetto che

gli fa aureola ed ha nel volto quella luce

che vedemmo in coloro che tornavano con

pelle membra il tremito convulso delle mi­

tragliatrici. E noi sappiamo che davanti ai

nostri cortei, egli, a distanza, come i gene­

rali, ci precede tutti, ed egli stesso entra nei

piccoli villaggi, nelle sedi montane, nelle

sedi della pianura. Entra solo e tutti sosta­

no e tacciono le musiche.

ii

Ed egli con una mano che par veduta

attraverso i raggi della nuova scienza, con

una mano scarna che somiglia a quella del

Cristo pone nell’urna il suo sì, che è quello

che noi doniamo al Re d’Italia per il no che

il Re d ’Italia ha detto quando si vollero

spianare le mitragliatrici di Vittorio Veneto

contro le Camicie nere che a Vittorio Ve­

neto le avevano adoperate »».

Il

discorso, sottolineato da frequenti ap­

provazioni ed interrotto spesso da applausi,

venne coronato da un irrefrenabile scoppio

di evviva all’Esercito Italiano, al Re, la cui

sacra figura e il cui gesto augusto l ’oratore

aveva così felicemente rievocato, ed al

Duce.

Un’ondata d'entusiasmo sembrò agitare

soggiogata dalla perorazione dell’on. Basi­

le, la folla, che sorpassati i cordoni della

milizia, irruppe sulla tribuna dell’oratore,

strappandolo dal podio e sollevandolo a

braccia fin sotto i portici.

Si formò poi un corteo che, alla luce di

migliaia di fiaccole, discese per via Roma

e si portò dinanzi al Palazzo Reale inneg­

giando al Sovrano, al Principe di Piemonte

ed al Capo del Governo.

Mentre la moltitudine sostava nella piaz­

zetta reale, una delegazione delle maggiori

autorità salì a presentare l’omaggio della

cittadinanza a Umberto di Savoia, il quale

si compiacque vivamente della grandiosa

dimostrazione che riusciva tanto più signi­

ficativa alla vigilia del plebiscito.