

scrizione dell’agro torinese, e lo scrivente
appunto ne propose una che comprende
rebbe tutta la pianura di Torino, tra la Chi
sola e l’Orco, le pendici montane di primo
piano dai Tre Denti di Cumiana a Valperga
Canavese, la collina fra Moncalieri e Chi-
vasso (
6
).
Sedalla spianata di Soperga (7), tanto cara
ai torinesi o dalla vetta del Parco della Ri
membranza, che afferma dinnanzi al mon
do attonito l’indomabile volontà della stir
pe italica nella rivendicazione dei suoi na
turali diritti, volgiamo lo sguardo tutto in
torno, l’animo rapito da ineffabile bellezza
— idealmente allargando la visione a tutta
Italia, — erompe commosso nel grido signi
ficativo del poeta umanista
Salve, o cara Deo tellus, aanctisaima salve,
Tellus tuta bonis, Tellus metuenda superbia/
Ma poi la mente e l’occhio, considerando
il paesaggio stupendo, si accingono ad ana
lizzarlo nelle sue particolarità, ed allora l’os
servatore nota da quelle vedette una grande
varietà di elementi geografici che determi
nano a loro volta una peculiare ricchezza
nella flora locale.
A ponente si apre la Valle di Susa, fian
cheggiata dalla Sagra di San Michele e dal
Musine, appartenenti a quelle serie di mon
tagne di primo piano nel prospetto pittorico
alpino che, per la natura delle loro roccie,
— serpentinose — furono chiamate dal geo
logo piemontese Gastaldi «zona delle pie
treverdi ». Una gita alla Sagra di San Mi
chele è sempre gradita non solo per l’ec
cellenza delle sue acque sorgive, non solo
per il ricordo della rotta di quelle Clusae
Longobardorum che nel 773 fecero cambia
re di padrone al nostro travagliato paese,
ma anche per l’abbondanza di belle specie
vegetali ivi ospitate e, tanto per citante una
sola, ricordiamo la bellissima peonia {Pae-
onia peregrina) selvatica dai grandi fiori ro
sei. Che se il botanico scenderà dalla Sagra
verso i laghi di Avigliana, si avvedrà tosto
che il terreno cambia di natura geologica;
egli infatti si inoltra nel magnifico anfitea
tro morenico di Rivoli, come glielo rivelano
i numerosi massi erratici sparsi qua e là a
centinaja testimonii di quelle grandiose gla
ciazioni che, sul principio del quaternario,
preparavano l’assetto attuale del suolo e la
comparsa dell’uomo nelle regioni subalpi
ne. Se l’anfiteatro di Rivoli è uno dei più
istruttivi per il geologo, non lo è meno per
il botanico che vi può fare ampia messe di
specie vegetali e di cognizioni sulla geogra
fia locale botanica ; e così in certi siti palu
dosi è ancor dato al paziente ricercatore di
rintracciare la minuscola drosera, cotanto
interessante per la sua attitudine a nutrirsi
di alimenti carnei, accalappiando, coi suoi
peli ghiandolosi a mo’ di tentacoli, impru
denti insettucoli ; le ninfee gialla e bianca
adornano le rive dei ridenti laghetti morenici
ed i fossi circostanti, mentre, come cintura
littoranea, le sponde lacustri sono popolate
da una consociazione di grandi erbe acqua
tiche capitanate dall’elegante canna di pa
lude (la bella arundo phragmites).
Se poi il botanico si inerpica sui dirupi
di Moncuni o sulle roccie dei dintorni del
diruto castello di Avigliana, troverà la bel
la frassinella — dictamus fraxinella — dal
soave profumo, famosa per l’esperienza del
la combustione dei suoi vapori aromatici che
si infiammano, in determinate condizioni,
appena si presenti loro un fuscello acceso.
Numerosi sono i massi erratici, si conta
no a centinaja, taluni ricevettero nomi spe
ciali quali il »masso Gastaldi » o « Roc di
Pianezza », il «masso Sacco » sulla strada
Alpignano-Caselette : taluni scomparvero
perchè utilizzati dall’uomo che implacabil-
(6) Mussa.
La fiora deitAgro
loniWK
in « Memorie
della R. Accademia Scienze di Torino i. LXV. 1914.
(7)
Massia.
Per
r
etimoiogia di Soperga
Torino. 1907.