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tronde allora dominante^ Naturalmente però

da quell’epoca ad oggi si verificarono molti

cambiamenti topografici, formidabili nel­

l’ultimo cinquantennio, che indussero an­

che conseguenti cambiamenti nei rispetti

della vegetazione.

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poderoso sviluppo edilizio eliminò in­

tere zone di campagna ed aree già in ba­

lia della vegetazione spontanea : eloquenti

esempi alla Madonna di Campagna, San

Paolo, al R. Parco, in Vanchiglia, ecc. La

cinta del 1853 lunga circa 16 chilometri

comprendeva nel suo ambito amplissimi

spazi perfettamente agricoli con prati, cam­

pi, cascine, boscaglie. La cinta attuale del

1913, con uno sviluppo di 34 chilometri,

non presenta più quelle estese regioni col­

tivate, ed il piano del ferro occupa vastissi­

mi tratti coi suoi fasci di binari e colle sue

moltiplicate stazioni.

Lo stesso fiume Po subì nelle sue rive

grandi opere di sistemazione anche in rap­

porto alle tre grandioseesposizioni del 1884,

1898, 1911: a sponda destra, rimpetto al

castello del Valentino, il piccolo «Po mor­

to » più non esiste (4), la romantica isola al­

luvionale d’Armida rimane solo come un

lontano ricordo di cosa che fu. La Dora ri­

cevette belle mantellate su gran parte delle

sue sponde e presso il Campo Santo gene­

rale subì una correzione a lunate di circa

due chilometri per eliminare alcuni ingom­

branti meati a vantaggio del piano rego­

latore.

1 prati di Vanchiglia, famosi per la loro

esuberante produzione foraggiere, e le bo­

scaglie lungo Dora in quel tratto sono un

ricordo di generazioni che vanno ornai ra­

pidamente assottigliandosi.

La magnifica collina non isfuggì alla sor­

te del piano ed il bric della Maddalena, tra­

sformato in magnifico Parco della Rimem­

branza, ha cambiato tutto il paesaggio locale

con un'abbondante nuova vegetazione arbo­

rea che, col suo periodico rinverdirsi annua­

le, ringiovanisce il ricordo di quelle gesta

romanamente memorande rinnovanti i fasti

e le glorie del Patrio Risorgimento !

La stessa flora del pavimento stradale ha

subito un colpo di grazia colla graduale so­

stituzione di quel classico selciato torinese

che si compiaceva di alternare i ciottoli di

vario colore e natura, formandone anche in

certi siti disegni a mosaico per dar maggior

vaghezza al suolo, tanto che un bello spirito

potè dire che a Torino «on y peut faire une

étude de lithologie » ! (5).

Ornai quei pacifici torinesi del buon tem-

po antico che andavano piluccando i giovani

germogli del «Girasoul » (Leontodon tara-

xacum) o spuntando le tenere estremità del

«Luvertin » (Humulus lupulus) per rega­

larsene come ringraziamento gastronomico

dei primi tepori primaverili, ora dovrebbero

acconciarsi a fare parecchi chilometri prima

di trovare l’op “ it. loro innocenti pia­

ceri bucolici ! — e la ricerca di quei fiorel­

lini prenunzi del gradito aprile, che ci ricor­

diamo di avere colto sui viali di Stupinigi o

di Rivoli proprio alle porte della città, ora

si sono implacabilmente allontanati.

Di quante regioni citate nelle loro opere

dai botanici del principio del secolo scorso,

molti delle giovani generazioni non ricor­

dano più neppur il nome? Chi sa ancora

dove si trovavano ad esempio la «C w ìi»

del boia », il «Gran paese », 1’ « Idraulica »,

le «Molinette », la «Praglia di Pianezza »,

la «Selva Pichère » di Alpignano, il sito

dei Santi «Bino ed Evasio » attualmente

occupato dalla caserma Dogali, ecc.?

Di fronte alla enorme trasformazione to­

pografica occorre pertanto, agli effetti AJIn

studio della vegetazione, definire la eneo-

(4) Mussa. Una dizione botanico torinese che afMrtacc.

Milano. 1909.

(5) MlUJN. Vogale en Smi*me at on Piémonl, eie. Paria,

1816. *ol. I. pag. ITO.