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mente distrugge, insieme con tante bellezze

naturali, anche documenti di alto valore per

la storia del nostro pianeta.

Tutti questi massi furono studiati geolo­

gicamente dal prof. Sacco e floristicamente

dal compianto prof. Alberto Noelli (

8

).

Attraversata la Dora sulla sua sinistra il

visitatole può salire una montagna celebre

nei fasti della botanica piemontese, il Mu­

sine : tutti i botanici torinesi si sono iniziati

ai misteri di Flora appunto erborizzando an­

zitutto su quella montagna, perchè essa pre­

senta una singolare abbondanza di specie — '

circa 800 — ed un interesse mineralogico e

geologico non trascurabile.

Mi astengo dal farne l’enumerazione, an­

che a scartamento ridotto, perchè spero fra

poco di presentare agli studiosi un quadro

della vegetazione di quella montagna — mi

sia peraltro permesso ricordare che là cre­

sce una pianta VEuphorbia gibelliana che

venne intitolata a Giuseppe Gibelli, botani­

co di grande valore, apprezzato anche all’e­

stero per i suoi scrupolosi lavori sui licheni

mentre si rese benemerito per i suoi studi

sulla peronospora e sulla terribile malattia

del castagno — Mal dell’inchiostro — por­

tando notevoli contributi alla conoscenza

scientifica e pratica di quel grave malanno.

Alla basedel Musinè, due erano i laghetti

morenici : uno ornai interratoospitava la già

citata Drosera, l’altro tuttora ricco di pesci

offre allo studioso una ricca vegetazione pa­

lustre.

La giogaia dal Musinè all'imbocco delle

valli di Lanzo presenta press’a poco la stes­

sa fisionomia florìstica del Musinè ; mi piace

però ricordare, a titolo di episodio di geo­

grafia botanica, la presenza nell’alta vailet­

ta di Varìsella dell’Adenophora hìnjoha,

una gentile campanulacea, accantonata ivi

in una limitatissima area isolata e lontana

dalle sue stazioni abituali delle Prealpi lom­

barde e delle Alpi Orientali.

Nei dintorni di Grugliasco e di Pianezza,

là dove il grande ghiacciaio di vai Dora, ac­

casciandosi, deponeva gli ultimi materiali

dì trasporto, incomincia il vero piano di To­

rino in terreno diluviale, che si rivela in

modo molto istruttivo nelle trincee praticate

ultimamente per l'abbassamento del piano

del ferro. In questa pianura, ornai ridotta a

coltura agraria, il botanico può studiare la

flora dei campi e dei prati richiamando la

sua attenzione sulla consociazione delle

piante campestri per raccomandare sempre

più ai coltivatori l’assoluta necessità di di­

fendersi dalle piante infestanti che troppo

iacilmente si accompagnano coi cereali e

che si rivelano poi, a mietitura finita allo

stato di semi, nella così detta Mondiglia nei

granai. In altri tempi era funestamente ce­

lebre come pianta nociva ai campi la famosa

zizzania ossia il Lolium temulentum, il cui

seme macinato col frumento in una certa

proporzione, non solo deprezzava il pro­

dotto, ma daVe

a gravissime malattie

epidemiche — se il coltivatore ora si difen­

de abbastanza bene dalla « zizzania », non

si difende ancor come potrebbe e dovrebbe

dalle «ruggini », e dai «carboni » del gra­

no e del mais (ustilago segetum et ustilago

Maydis).

Ma eccoci al Po ed esso, col suo incedere

maestoso, ci ricorda il poema secolare Vir­

giliano, che ci offre un’immagine stupenda

del re dei fiumi italici :

Et gemina aurato» taurino comua oultu

Eridanu», quo

non

aliu» per pinguia culta

In mare purpureum oioientior effluit amnitl

C vm .. IV. 371.

Ma per apprezzare degnamente le bellez­

ze del nostro fiume occorre recarsi a monte

di Moncalieri od a valle del R. Pano; nel

tratto, diciam così, urbano, esso è

troppo

(

8

)

A. NOCLU. La fiora dai

im m

'

erratici Jetfanfiteatro

morenico di Rivoli. Firenze. 1926.

^

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