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disciplinato, contenuto, abbellito sì di ma­

gnifici murazzi, ma la natura non vi ha più

nulla a che vedere e solo l’arte, che ivi tutto

fa, tutta anche si scopre.

La flora del Po venne già studiata, ma

meriterebbe ornai uno studio complessivo;

lo scrivente stesso già vi fece due brevi ex­

cursus, ma l’istituto botanico universitario,

per iniziativa del suo illustre direttore pro­

fessor Oreste Mattirolo, compose un magni­

fico erbario comprendente unicamente le

specie padane, che figurò brillantemente

alla speciale esposizione del Po tenutasi in

Piacenza nel 1908, dove ottenne le massime

distinzioni.

Sarebbe un fuor d’opera lo sciorinare qui

l’elenco di tutte le specie spontanee del Po;

mi limito quindi a pochissime considerazio­

ni : chi esplora i greti del Po, ed anche del­

la Stura, della Dora e del Sangone, nota

talora delle specie d’origine sicuramente

montana ; così lo scrivente raccolse nel gre­

to a Gassino una magnifica Linaria alpina,

pianticella che rallegra sempre l’occhio del­

l’alpinista nelle alte regioni confinanti coi

ghiacciai ed i sigg. Fontana e Crosetti rin­

vennero un umile felce Yasplenium jonta-

num tra le fessure delle pietre del monu­

mentale ponte Umberto 1, ed a Lucento si

rinvenne il ceratocephalus jalcatus, piantina

dei dintorni d’Oulx, la campanula barbata

a Venaria, il cirsium eriophorum lungo

Stura, Vhutchinsia petraea nelle ghiaje di

Dora, ecc.

1 nostri bravi canottieri del Po si lagnano

spesso d’essere molestati da un’erba, che

talora si sviluppa in modo straordinario,

tanto che il Municipio deve intervenire,

quanto meno per sfollarne la corrente — è

la elodea canadensis, umile erba acquatica

venutaci dall’America, che si moltiplica con

un energia formidabile in via agamica, e

che sotto l’aspetto botanico presenta un

grandissimo interesse, in quanto nelle sue

cellule vive, relativamente enormi, si può

vedere con tutta facilità al microscopio il

movimento dei cloroplasti sotto l’azione

della luce, di quei granuli cioè verdi che

presiedono alla organicazione del carbonio

atmosferico.

La pianura del Po prima ancora della

comparsa dell uomo, fu il teatro di lotta fra

due flore, quando le imponenti fiumane al­

pine andavano riempiendo, coi loro potenti

depositi, l’antico golfo pliocenico; dovette­

ro allora formarsi delle stazioni di rifugio

per le piante a deboli pretese di calore —

piante microterme —e di tali stazioni, seb­

bene ornai ridottissime, non mancano an­

cora esempi.

Qualche, residuo di vegetazione arborea

troviamo ancora, ad es., in boscaglie lungo

Stura ed in boschi di alto fusto come quelli

classici di Stupinigi e della Mandria — ori­

ginariamente però artificiali — nei pioppeti

allineati di certi tratti di sponda dei fiumi.

Una preziosità geografica invidiataci giu­

stamente da altre grandi città è la G)llina

di Torino. Essa fu sempre prediletta ai To­

rinesi che già in passato la popolarono di

villette e villini, ma ora le costruzioni si fan­

no sempre più intensive e già l’erborizzato­

re attuale può esclamare — forse con un

intimo senso di rimpianto per la flora spon­

tanea cacciata verso lontani confini — quel­

lo che il poeta enfaticamente cantava nel

1711 a proposito della collina stessa (9) :

Musa, suburbanum nondum oblioiscere Collem.

Dirige in alta gradum, ciana ubi culmina Villia

Resplendent; ubi Taurino poat terga remoto,

Extra Urbem inveniea urbem....

Molte pendici in questi ultimi lustri ven­

nero dissodate, sostituendo al ceduo la col­

tivazione della vite; rimangono tuttavia, ed

è un bene agli effetti forestali per la sicu­

l i AuMKJm. Regime Villme poetice deacriploe Un

voi.

Auguslar Taurinorum, 1711, pag. 37.