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Statuum Sabaudiae,

stampato in Amster­

dam nel 1682, visibile, per chiunque lo de­

sideri, presso la biblioteca Civica o la Na­

zionale : libro che pochi conoscono e che

pur meriterebbe d ’esser ammirato almeno

nelle sue stupende incisioni, non foss’altro

per curiosità, come si va a vedere una serie

di quadri nei musei. Contiene piante e vi­

sioni gustosissime del Piemonte seicentesco,

evocato nel costume e nella topografia.

Mirafiori v’è osservata da settentrione e

da mezzogiorno. Verso la città reca l’unico

ingresso sul mezzo del maggior settore d ’un

immenso anfiteatro elittico a due piani. 11

portone s’apre fra nicchie ornate di statue.

Di fuori, tutte finestre. Maggior varietà of­

fre l ’interno : cortile rallegrato da fontane ;

due terrazze e uno spaziosissimo porticato

per l’intera elissi. La curva opposta all’in­

gresso fa tangente col fabbricato a sud,

composto di ben sette corpi simmetrici su

una sola linea retta, lungo la quale corre

l ’interminabile terrazza con balaustri, pian­

te e statue. Sotto : i portici a peschiere. Due

gradinate divergenti scendono in un primo

giardino di pretta struttura francese, cinto

da canale rettangolare che s’attraversa su

tre ponti. Per un viale centrale si accede in

altro giardino, sul cui limitare due colossali

cervi, ritti sopra basamenti angolari, sem­

brano far da solenni custodi. In ognuno dei

due reparti, aiuole geometriche, larghe co­

me piazzali ; e abbondanza di fontane con

immaginosi gruppi marmorei.

Da una parte e dall’altra, l’intrico del

parco.

* * *

Che cosa sia stato eseguito e che cosa

tralasciato di questo progetto, sarebbe dif­

ficile dire. Non lo mandarono a compimen­

to nè Carlo Emanuele I, nè il figlio Vittorio

Amedeo I. Vita breve, quella di Mirafiori.

La prematura morte del marito di Maria

Cristina impedì di proseguire la costruzio­

ne. La conseguente guerra per la reggenza

cominciò a comprometter l’integrità di ciò

ch’esisteva. Nel 1639 le schiere francesi vi

s’apparecchiavano per la battaglia in soste­

gno di Madama Reale. D’allora, di Mira-

fiori non si parlò che di rado. Con l ’assedio

del I 706, le truppe di Luigi XIV ne distrus­

sero o guastarono la miglior parte.

Se altro occorreva a cancellare i segni di

tanto splendore, ecco, prima, introdursi ne’

suoi giardini la coltivazione del tabacco (con

risultati elogiati anche da stranieri), poi

spargersi la voce, affatto fantastica, d ’un fa­

voloso tesoro nascosto in quei terreni. La

proprietà s ’era intanto trasferita a privati

cittadini. Un di costoro scavò, abbattè, in­

franse, gettò all’aria, naturalmente senza

nulla trovare. Sulla fine del secolo assai po­

co doveva rimanere, se il Grossi nella Gui­

da del 1790, si limita a una nota laconica :

« Castello di Mirafiori. Antica delizia del

Duca... Tre trabucchi e mezzo sopra il pia­

no dell’alveo... ». Sopravviveva, invece, la

cascina della «Spinetta ». Non meno sbri­

gativo il Casalis nel suo « Dizionario geo-

grafico-storico » del 1842: «Terricciuola »>

dove " sorgeva un bellissimo reale castello,

di cui più non rimangono che le vestigia ».

Piuttosto, il Casalis c’intrattiene sulla

chiesa e sul convento di Fugliensi, o mo­

naci di San Bernardo. La fondazione, do­

vuta a Carlo Emanuele I, risale al 1622.

Mezzo secolo dopo, tempio e chiostro era­

no in così cattive condizioni da indurre i

monaci a presentare istanza alla seconda

Madama Reggente, Maria Giovanna Batti­

sta di Nemours, perchè volesse provvedere

a premurosi restauri, se no c’era rischio che

tutto rovinasse. La duchessa capì, provvi­

de, e i frati dimorarono lì finche non so­

praggiunse l’uragano napoleonico. Chiesa,

convento e annesse proprietà passarono

quindi al Municipio come una succursale