Table of Contents Table of Contents
Previous Page  1057 / 1135 Next Page
Information
Show Menu
Previous Page 1057 / 1135 Next Page
Page Background

< isabile. E questo giovinottone salito or ora e

-cdutosi all'interno, forse ne fu egli stesso

ragione, altra volta. Eg li non sa, ma forse

una signora austera un certo giorno non resse

al suo sguardo: per tutto il viaggio i suoi

occhi vagarono come in cerca d'una salvezza.

Se fuggivano là dietro, uscendo all'aperto

traverso i vetri; se scorrevano su e giù lungo

la vettura, arrivati a lu i lo scavalcavano.

A ltra vo lta fu qualche ragazza, davanti a lu i,

a sentirsi franare, dentro, la disinvoltura che

già era parsa ben solida e collaudata.

Ed è venuto il suo giorno. Fam igliare gli è

questa linea che percorre quotidianamente

più volte. E della v ita , per molte esperienze,

non è un novellino. Pure...

Ma donde, dond’è sorta la causa del disagio?

Un marinaio sta di fronte; e, accanto a costui,

una donna che sorveglia il suo piccolo in gi­

nocchio sul sedile, contro i ve tri; due giovani

studenti; un'altra donna, anziana; tre uomini,

operai come questi che gli stanno a fianco. Ma

nessuno, fra costoro, può essere... Ecco, deve

ammetterlo tra sè: là , un poco a sinistra, in

pochissimo posto: bianca fragilissima creatura,

forse m alata, forse convalescente. Insieme alla

donna anziana, pare. Sottile ha il collo, e su

quello stelo il viso par proprio il calice di un

fiore, con pètali appena appena rosati, venati

d'azzurro; colore di bòzzolo i capelli avv ia ti

dietro le orecchie; sedici, diciassette anni. G li

occhi si sono rifugiati una volta in quelli

del giovanottone, ma così semplici, abban­

donati, chiari da parere indifferenti. Po i, di

lì a poco, lu i se li è sentiti sulle mani, quegli

occhi nuovissimi. Ah, le mani, le grosse mani...

Ora queste manacce lu i non sa dove tenerle:

ha messo le braccia conserte, accavallate le

gambe; ma così non sta bene; ha intrecciato

le d ita in grembo; ha posato le palme sulle

cosce. I l sedile è rovente ormai. Un giornale,

almeno (che è lo scampo di m olti, in sim ili

oasi). Fum are...: ne intuisce per la prima vo lta

una opportunità. (Alzarsi senza pretesto e an­

dare là sulle piattaforme, stipate entrambe:

sarebbe fuor di proposito.) Ah, queste ma­

nacce...

È stata come una ispirazione: Tunica via

d'use

irne, che le fiamme dal sedile erano arri­

vate al viso: sceso alla prima fermata, due­

cento metri avanti la sua mèta.

L ì sul marciapiede s'è ritrovato intatto:

uno

e ottanta d'altezza, torace che supera il

metro, andatura energica, testa eretta, sguar­

do

deciso. Con quelle due mani, a Passo

Mecan manovrò per ore la mitragliatrice. Per

iscommessa, là ia Africa, durante il riposo,

con una «ola mano ha chiuso ad anello un

ferro di mulo.

UGO .FO SC O LO

£ L B L JSTT JS ft jS

W & m R &

... «bbi la tua brevissima lettera je r -»*ra «ni punto di cor:

ra n n i; anche la scrittura affrettata mi fu d i amaro presenti*

mento: non ho potuto aver sonno tran q u illo ; e mi sono ride*

«tato più volte con lo spavento nell'an im a.

a a a

Quando in questa mia solitudine la malinconia viene a p i­

gliarm i il cuore io rileggo dalla prim a all'u ltim a tutte le lettere

che mi scrìvesti: e son divenute il mio lib ro favorito.

a a a

Il giorno in cui vengono le lue lettere m i reca alcuni mo­

menti di con so latone : ma quella ch 'io ebbi je ri è cosi piena

di amore ch 'io l'bo letta e riletta, e l'ho baciata con certa su-

perstiiione: quando li avrò risposto andrò a riporla fra le a l­

tre, ma in un luogo distinto perchè quando vorrò ritrovarla mi

salti agli occhi più presto,

j.

a a a

Sono ormai le sette della sera. — Ho aspettato sino ad ora il

corriere. — A mezzo di passalo era giunto, ma non si d istri­

buivano le lettere; ho mandato, rimandalo e sempre si tar­

dava. Ecco finalmente Domenico che viene con le mani vuole.

Le lettere si distribuiscono, ma non ve ne sono per me : Dome­

nico fece cercare e ricercare nella casella del mio nome da

quegli impertinenti della posta; e pur troppo! non ve ne sono

per me.

a a a

Viene in questo punto una tua lettera —

Scrivimi lunghe

lettere;

e la mi dai il bell'esempio di lunghe lettere con una

letterina lunga cinqae righe, e tred ici parole. — O r ta p ig liati

la bri

piare nella tua carta e eoi Ino carattere notarile

qaesta Ic tc ra m ia, qae*ta appunto che

è

delle brevi e vedrai

che ri vorranno alinea quattro pagine; e chiamo in testimonio

il C iela che di quattro pagine non ho mai veduta una ina le t­

tera, raramente di tre, spesso di una. e più spessa di mezza.

Io

le conservo latte.

aaa

Oggi la avrai aspettai» invano la mia lettera: ia arrabbio:

m 'immagino latte le tae qaerele. e tomo ad arrabbiare: sappi

ehe je ri consegnai al mio servo due righe, dae sole righe « v 'io

t'annunziava la mia poca fortuna — quel disgraziato tornò sta­

mattina tatto confuso dicendom i a mezze parole e strappan­

domi le viscere ch'ei aveva perdala la mia lettera; paoi idearti

tatto il mio furore, e lo stridere de' miei d e a ti: aè m i doleva

soltanto che ta fossi restala senta m ie aaove, ma atollo p ii

perché chi sa a che amai quella lettera fatale polca capitare!

Dopa molta collera e molte ore di imprecaaioai ch 'io saffocava

nel cuore, la stordito veane fuor dalla mia staasa con la lettera

in mano: l'aveva per ricordarsene posta sopra il cam ino; e

parti lasciandola sopra il ram ina; e pai se ae dimenticò per

più di 24 are.

a a a

... a ehe pretendere, a Marzia, ch’ia ti scriva laagaavente, per

vederm i pai dae a tre sale righe di risposta? T a rasi paca a r­

rapata, anzi qaasi nulla, senti pare il hiaagao di aaa vallar

qaasi mai la prima pagina del fa g lia ; la aaa hai tempo di

scrivere. — A che deva ia ascriverla? Nea ad altra eW a paca

prem ura; e ta rovesci questa accasa tatù qaanla «apra di me

sala ? E s'io ti pago della stessa moneta saa ia il p aatig liaia ?

P a r D ia, M an ia, ricatta ne' term iai del giaste; ricardati caa

g a l i delicatezza ti ha i rm pn — a li; eoa qaaata e s a tte »

ha mantenuto i cmpre vena d i te la mia pacala e le asse pre­

messe, e pai accasami carne fai ed dKggim i caa le tae fred-

dissiaae lettere.

P .S .

— Sig illa aseglio le tae lettere; aarhe garrì'ah im è è

aperta; la taa cara rpagaa aaa vale aa qBattìiao.

Le

lettere

restaao

— e ai

ha hàaagaa

d i

st r i

verae,

e

< rire-

(Da a fatta»»

mméke

a Maa» H réM fi a. a rara

di Anca» Stancasi, ai. La Maaaèar).