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ALTRJ S

P R Ù Z E T T &

L'An ton ietta ha più di novan tann i. Nella

buona stagione la vedo giù sull’aia godersi

l'a ria e il sole e l'ordine laborioso della sua

fam iglia. Certi giorni più propizii, va ancora

a falciare erba, tutta affidandosi alla pratica,

chè non ci vede quasi più. Fino a pochi anni

addietro si faceva accompagnare alla chiesa.

Ora. dopo gli occhi, anche le gambe l’hanno

abbandonata. Io conosco bene il suo animo

raro e le voglio un gran bene. M i piace ogni

tanto andar giù a tenerle un po’ di com*

pagnia: ma specialmente per sentirla parlare

di me, come fui, ragazzo. Ha mente lucidis­

sima e ricorda perfettamente di me, zelan­

tissimo chierichetto (quello dello svenimento

a ll’altare) e audacissimo ladro di fru tta . Mi

piace sentirle descrivere come mi vide, scalzo,

manovrare di zappa l ’acqua nei solchi dei

cavoli, dei sèdani, dei pomodori; e discernere

con l’anello-campione i ch inotti da mandare

a canditura.

Una domenica dell’ultimo ottobre, span­

deva una radio del caseggiato la voce di

organo e i canti messali della SS . Annunziata

di Firenze. Ero capitato per caso sul poggiolo,

la guardavo: là seduta s’un sasso squadrato,

sola, ad accogliere in sè anche l’eco nata tra le

navate del tempio invisib ile: fasciata la bella

testa nel fazzoletto. Ed ecco, ecco ai tocchi

del

Sanctus

, eccola comporre, dalla fronte al

petto, da una spalla a ll’altra, il segno della

Croce.

Avrei voluto gridarle: <•Antonietta: pre­

gate anche per me che ne ho tanto bisogno .

Sarebbe parsa cosa teatrale.

* * *

Fino a metà novembre aveva indugiato tra

gli uomini la bella stagione: aria tèpida, cielo

pulito o gentilmente variegato per bianche

nubi leggere; niente vento; e il mare, fermo

specchio del cielo.

Lno solo, tra innumeri v iven ti, a sentire

la grazia di quel tempo memorabile: cercando

rendersene ben conto, scrutando il cielo e il

mare, guardando ogni cosa intensamente, la

campagna specialmente, tu tta rossa ma in ­

tera; trattenendo nella memoria il più possi­

bile tramonti sanguigni, arancioni, v io le tti. E

cercando di attrarre nella sua ammirazione

e riconoscenza a Dio quanta più gente potesse,

ferma ogni momento qualcuno, gli parla di

questo miracolo d’estate durevole, dice a ta ­

luni che dovremmo gettarci in ginocchio a

ringraziare. Mah! Lo guardavano tu tti con

strani occhi; e se, per un rispetto residuo,

non scrollavano le spalle, dicevano sì sì o

accennavano appena col capo, ma come, ap­

punto, a compiacere i discorsi di un povero

folle. E veramente egli si sentiva sempre più

solo, sovrastato il suo cuore da un senso

crescente di pericolo. E una m attina, in fatti...

Una m attina gli alberi furono scossi dal

vento; quasi del tutto spogliati, levavano al

cielo le braccia; l'a ria divenuta color di cenere

e fredda, tutto rabb rivid iva, anche il mare.

Ancora una volta la nostra indifferenza

aveva lasciato che l’inverno fugasse l ’estate

e ne prendesse il posto presso di noi.

Restava la bontà infin ita di D io. Eg li che.

avendo dinanzi a sè tutto tutto il tempo,

proverà infinite volte ancora.

* « *

Menomato il fisico e velata la fantasia da

eccesso di lavoro, andò lo scrittore a rifugiarsi

in un paesello della riviera, presso gente alla

buona. Da un giardino sottostante, un albero

d’alto fusto portava fin oltre la sua camera

— ch’era al secondo piano — ricche fronde

d’alloro.

Cupe giornate divideva lo scrittore tra

spiaggia e monte, forzatamente inerte, fra

malesseri e tristezze profonde, attendendo in ­

vano che la Poesia mandasse un solo sparuto

fantasma a interessarsi di lu i. Così, ta lvo lta,

a bimbo venne comparandosi, un bimbetto

che avesse già imparato ad esprimersi benino:

e improvvisa inferm ità lo porti indietro, col

linguaggio, di qualche mese; o, meglio, para­

gonandosi a sementa che. incautamente por­

tata troppo presso un fuoco, n’abbia avuto

in parte o totalmente annullato il potenziale

di germinazione.

E intanto ogni m attina, a ll’aprire la finestra

per guatare il tempo e ascoltare il saluto dei

passeri, una o più fronde d’alloro gli tocca­

vano la fronte. Sopra il comodino stava una

vecchia edizione della

Vita Nova

, sulla cui

copertina Dante era appunto raffigurato con

la testa cinta d’alloro.

Una m attina, là , appena spalancata la fine­

stra, al solito fresco tocco sulla fronte, con

sùbito gesto strappa una fronda e si parte:

volge, passando, uno sguardo a ll’immagine

del Poeta, e va così, mezzo svestito, in cucina:

getta la fronda sul tavolo, sotto gli occhi

della padrona immelensita, e dice solamente:

« Con questa, oggi, mi preparerete un bellis­

simo, arrosto ».

m

• • •

Circolano ancora, in qualche parte del

mondo, vettore tranviarie con due soli sedili

longitudinali, affacciati.

S i creano ta lvo lta , lì dentro, eccezionali

atmosfere. L ’origine non è sempre ben pre