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wrso di noi frugandosi nella tasca della cac­

ciatora di velluto. Ne trasse fuori un involto

con formaggio e pane, poi anche un coltello

aruminato, di quelli proibiti dalla leg re. Noi

ci ritirammo di circa un mezzo braccio nella

Manza. Tagliò un boeenn di pane e un ade­

guato pezzo di formaggio, posò il restante sul

nostro davanzale, passando la mano per uno

str>so vano attraverso l'in ferriata. Mentre ma­

sticava disse: « Guardate com'è vivo Paolino »>.

Io dissi: » La fame è indizio di salute e la

salute è v ita ». Aggiunse mia sorella: « V i por­

terò da bere ». Si mosse e tornò presto, con

un bicchiere pieno sino a ll’orlo. che posò sul

davanzale. Eg li disse: <-Eccovi la prova che

nei sacrati sono necessari i tavo lin i ».

Quando prese il bicchiere per portarselo alla

bocca fece col braccio una esercitazione com­

plicata eppur lo trasse a sè senza versare

neanche una gocciola di vino. Prim a di far la

sua bevuta disse: « Questo polso non vacilla ».

Io gli sorrisi come se me ne fossi compiaciuto

ed egli mi corrispose d’un sorriso. Stava per

finire la merenda, dopo di che neanche m 'im­

maginavo che cosa avesse in animo di fare,

per cui approfittai di quel rapido cambia­

mento del suo viso. G li dissi: « Bisogna che

momentaneamente ci assentiamo per suonare

l'or di notte ».

La mia sorella mi si tenne dietro come

ombra, mentre che mi allontanavo dal salotto.

Sonai l'o r di notte in precedenza di tutte

le parrocchie e finii insieme alle altre, anche

con qualche solitario rintocco di rammarico.

Dissi a mia sorella: « Ora converrà tornare nel

salotto ».

Avevamo nel cuore una speranza che si veri­

ficò, ma non precisamente come ci immagi­

navamo. C’era a ll’inferriata un contadino che

ha la casa sulla strada. Mi disse: « V i porto i

«aiuti del vostro compagno Paolino ». G li dissi:

Come l’avete visto ? ». Rispose: « Era qui

inginocchiato per terra mentre suonava la

campana; agli u ltim i rintocchi è partito al

trotto sul cavallo ». Tesi gli orecchi nel prov­

vido silenzio. I I contadino disse: « £ andato

in là per le viottole ». Io mormorai tra me:

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Speriamo che non torni ».

Mi ci è voluto una intera settimana perchè

mi si acquetasse l’anima, come piace a me

nel vivere. Ora, dunque, che ci sono riuscito,

ricordo e racconto in tu tta calma.

•••

Luglio... £ com inciato il vero caldo del­

l’estate. Se si vuole una boccata d 'aria buona

bisogna tra r profitto da quella del mattino,

ehe si è riposata nel fresco della notte. Io me

la godo per circa una m eu 'ora dopo detto

Messa; poi rientro in casa e Caccio colazione.

Sono libero

non appena

esco dall’altare, perekè

in questa stagione di faccende nessuno viene

in chiesa a ll’infuor della domenica. A rrivo per

il solito sino alla v illa che sarà dalla canonica

meno di un chilometro distante. Mi fermo

spesso sul cancello e guardo dentro il parco.

Se il giardiniere è a lavorare nelle aiuole e si

accorge che ci sono, ecco che mi chiama perchè

non vada via sino a che non abbia colto i fiori

per la chiesa. Fa questo per volontà della

padrona, che, nello scorso autunno, mi regalò

persino un baril d’olio.

Ie ri, dopo la consueta passeggiata, mentre

mi sedevo per la colazione, la mia sorella,

invece di portarm i il caffè e latte, posò una

fotografia sopra la tovaglia. Sorrise della mia

sorpresa manifesta, e disse: « Guarda che cosa

ho ritrovato nel baule >. E ra un ritratto che

noi chierici ci eravamo fatto in seminario.

Non mi era capitato p ili sott’occhio almeno

da una diecina d’anni. Nei prim i tempi che

ero qui lo ricordo appeso alla parete del sa­

lotto. Dissi: « Ecco com’era Paolino ». Glielo

indicai col dito in prima fila sulla panca; se

ne stava im pettito più degli a ltri e teneva

una mano aperta sulla gamba; sul dosso della

mano aveva una crocellina fatta con l'in ­

chiostro: la testimonianza che era morto. Con­

segni’

ritratto a mia sorella ehe andò a

rivettino alla finestra, perchè in piena luce

non le sfuggisse nulla. Mi disse: •<Questo era

un bel ragazzo e l’altro un imbroglione per­

vicace ». Mi restitu ì la fotografia e corse a

portarm i colazione.

Mentre mangiavo osservai ciascuna effigie

del ritratto , che avevo posato accosto al p iat­

tino della tazza. Quando mi alzai dissi a mia

sorella che salivo nello studio per l’aggiorna­

mento delle croci, ma che sarei subito disceso;

mi aspettasse.

Avevo bisogno dell’inchiostro per altre quat­

tro crocelline, tan ti mi resultavano i miei com­

pagni preti morti nei dieci anni in cui il r i­

tratto era rimasto nel fondo del baule.

Feci tre crocette sopra il collarino perchè

altrove non risu ltavan spazi bianchi e un’altra

su una gota perchè la tonaca ricopriva persino

il

collarino. Ridiscesi nel momento.

Andai con la mia sorella alla finestra. Le

dissi: « Soltanto tre siam senza crocellina; gli

a ltri, dunque, sono tu tti morti <*. Disse mia

sorella: « Anche se non ci fossero state crocel­

line, dalla espressione dei visi si capirebbe

quali son i morti, e non v ’ha dubbio che non

sia un morto Paolino ». Replicai volendo dare

più risalto alle mie parole precedenti e con­

fermar le sue: « Fra questi che tu vedi già

ventuno or sono anime, e un’anima è certa*

mente Paolino ».

S i disse insieme una

requiem afternam

per

ta tti i ventuno ch’eran morti.

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