

Q K
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M T I L I
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Arrivato al paese di mia cugina non ci fu altro
da fare che chiudersi in casa. La piovosa gior
nata di maggio sembrava di un autunno con
vinto. e chiusi nella casa di campagna tutti
dettero mano al grammofono, al pane e al
p ro
sciutto.
Ma io mangiavo la mia merenda già serrato
nella mia provvisoria cameretta. E se la porta
richiusa mi portava lo stesso i rauchi suoni del
grammofono con le vivissime voci degli otto f r a
telli di mia cugina, pure dalla finestra aperta
entrava una quieta umida aria a ravvivare il
mio appetito
—
e già la voglia di aprire quei
libri di scuola, lì sulla rozza cassa al posto del
comodino...
Prim avera, dintorno
B rilla nell'aria, e per li campi esulta.
S ì eh*a m irarla intenerisce il core.
Ma a farmeli ritrovare, era stata l'impronta,
sopra quei versi
,
di un piccolo dito sporco d 'in
chiostro p iù che la piovosa campagna lì fuori.
Del resto quel verde molle e inabitato, ed io solo
a
«
mirarlo
»
seduto sul letto fra quei cari libri
sporchi di chi sa quale mio cuginetto ancora
sconosciuto, tutto era un dolce stato d'animo già.
Non risposi che all'invito di andare a tavola, la
sera, e
fì
tra il prete anch'esso mio parente e il
mio zio calzolaio che fingeva di essere severo
,
ne
vidi d i tutti i colori da parte dei miei cugi netti.
Seppi molte cose di loro: quello era il prediletto
dello zio prete. quell'altro della mamma perché
più bello negli occhi azzurri
,
l'altro ancora del
padre perché studioso
,
unico studioso fra tutti.
Ma seppi anche che mancava Quintilio. Perché?
Nessuno poteva dirlo. Quintilio poteva essere
assente fino a tre giorni di seguito senza che si
dovesse temere per lui. Aveva dodici anni
,
va
bene, ma fino ai tre giorni si era oramai d'ac
cordo, il limite era stato g ià sanzionato e senza
pericolo alcuno. Ma dove andava? E con quella
pioggia
,
di sera, di notte, dove dormiva? In una
stalla lontana
,
su di un pagliaio
,
sul tetto, nel
bosco, pane in tasca. Ed io mi figurai Quintilio
un'interessante figura, ma cattivo
,
aspro
,
ribelle,
troppo sicuro di sé, brutto forse, già uomo pre
coce.
Durante tutta la notte non riuscii a dormire un
momento. La novità della camera in casa del
prete mio parente anche lu i, il russare di non
so chi quasi nella mia stanza, o forse solo Pia-
certa primavera, qualcosa mi teneva desto e pe
nosamente lontano da quella calma finestra sul-
ram p ia umida campagna del meriggio.
Ma venne la mattina, e dalle chiare imposte la
timida audacia di fuggire dal letto magari
troppo presto. Trovai invece tutti pronti al mio
caffelatte, e fuori il paese raggiante, asciutto
,
pic
colo. perduto in un mare di verde.
Restai stordito dolcemente e lasciai quella realtà
intensa e delicata ricomporre assai lentamente
il
mio benessere
,
la mia felicità. Poi corsi all'im-
pazzata su quel tenero verde
,
con mia cugina
sempre com plice
prontissima, e facemmo a gara
nel fa r capitomboli estrosi e nel declamare con
vinti i p iù lirici pezzi di alcuni poemi dannun
ziani che in quell'antica primavera avevano
invaso la nostra cittadina.
Pei monti coglierai le genzianelle
e per le spiagge le stelle marine
E si v ivrà , oimé,
si v iv rà tu tta v ia !
E il tempo fuggirà,
fuggirà sempre!
I l nostro entusiasmo
,
la nostra felicità
,
erano
alti assai, direi acuti
,
su quella campagna lavata
e brillante. Ma eravamo come ebbri e infelici
insieme. Ragazzi
,
ci avveniva del resto di ve
derci piangere in quelle corse
,
non so p iù se
per l'aria frizzante o solo per effetto di quella
buffa nostra felicità
.
Forse mancava una dire
zione precisa al nostro amore delle cose, e quel
verde, quella poesia sensuale inasprivano la
nostra gioia senza indicarci nulla, non so come
dire, lasciandoci soli.
Poi, svoltando un sentiero, ricordo l'apparizione
d i un ragazzino, esile e dritto verso di noi. Ci
venne incontro calmo e lucente senza dir nulla.
Ci guardava fisso ma senza osservarci, come l'ar
rivo esatto e indifferente di un treno alla sta
zione.
«
E ' Quintilio
»
gridò mia cugina acca
rezzandolo e aggiustandolo tutto. Ma lu i restava
immobile senza chiedere chi fossi io
,
senza guar
darmi p iù
,
senza ridere o piangere. E dopo un
poco tirò fuori dalla tasca un pezzo di pane
,
e
si mise a mangiarlo
,
calmo e assente. Io vidi
molta luce negli occhi suoi
,
e subito capii che
non si poteva chiamare luce intellettuale. Ma
niente di cupo, di inferiore
,
o di ribelle
,
di uomo
come avevo pensato la sera prima . Tentavo inu
tilmente di attaccare la delicata fortezza con do
mande monotone e logiche. Quanti anni aveva.
Dov'era stato
,
perché non amava la casa.
Egli
rispondeva del resto alle cose precise e alle do
mande come quella ultima mi guardava invece
sereno
e
senza capire. Aveva dodici anni
e
mezzo,
era stato nella stalla di Baldo
,
po i sul tetto, poi
sul fico. Io ero suo cugino
,
aveva capito, e
già
guardava nostalgico altrove. S i allontanava poi
meccanicamente, come attratto da qualcosa che
a noi non appariva.
E
ci
lasciava di nuovo
soli
,
con le nostre
frenesie e
i nostri
languori
poetici
,
vuoti
e
arimi. E noi lo vedevamo invece
naturale anche in quel suo andare di corsa, che
u