

Civica d'Arte Moderna. Torino che, per deli*
Iterazione del suo primo Magistrato, all'indo
mani della morte decretava l'onore del Fame*
tlio al suo più celebre pittore dell'ultimo Otto*
cento e del primo Novecento; Torino, che
aveva coperto con una montagna di fragranti
fiori la bara veneranda mentre, seguita da una
moltitudine di popolo, passava nelle vie della
\ecchia città, consacrando oggi, alla presenza
di un Grande Soldato, la sala dedicata al suo
Nome e così bene ordinata da Vittorio Viale,
ritrova vivo l'artista prediletto: vivo non nella
rame, ma nelle opere: cioè nello spirito. Nel
tumultuoso seguirsi delle valutazioni e delle
salutazioni estetiche, nell'urto fra stili passati
in giudicato e stili in formazione, fra gusti
polemici e modi di vedere sopraggiungenti, la
migliore pittura di Giacomo Grosso non ha su
bito, non subisce oscillazioni e, forse, non ne
subirà in avvenire. Per uno strano confluire di
elementi positivi la ritrattistica grossiana quan
do è contenuta, quando cioè non straripa in
un decorativismo tutto esteriore, appariscente
e appesantito da stoffe, da mobili lussuosi, da
pavimenti lucidati a cera, da fiori che paiono
proprio veri dentro scintillanti vasi di cristal
lo. ecc., s'imporrà e sarà rispettata da tutti,
anche da quei critici che si compiacciono nella
polemica più aspra e esasperata e da coloro che
condannano in blocco la pittura subalpina dei*
l'Ottocento. esclusi sì e no, due o tre paesisti.
Non è questo l'ambiente nè è questa l'ora op
portuna per un'esegesi dell'opera di Giacomo
Grosso. In una monografia che sto da tempo
preparando, con assoluta libertà di critica ma
con devoto rispetto per l'uomo e per l'artista,
vorrei tentare di precisare le origini e lo svi
luppo della pittura del Nostro, il quale nei suoi
non frequenti ma proficui soggiorni a Parigi e
a Londra, specialmente in quelli parigini del
1M66 e del 1889, aveva compreso l'importanza
della pittura di Alma Tadema e dei Tiirner, ma
specialmente la grandezza dell'impressionismo
di Degas e la pittura di Claudio Monet e del
Pissarro.
\ erista,
il Grosso aveva però sentito maggiore
simpatia estetica per la pittura di Dagnan-Bou-
veret,
del Collin e di Carolus Duran, ma spe
cialmente del Bonnat, il quale doveva rima
nere
per tutta la vita il suo ideale maestro di
ritrattistica. Ancora pochi mesi prima di pas
sare
all'altra vita, mentre nel suo studio mo
strava
all'ospite il tormentato bozzetto per il
ritratto
equestre del suo amico Maresciallo Ba-
doglio, ritratto non realizzato perebè interrotto
dalla
morte, il Maestro,
eoa
parola commossa,
rir\
orava l'impressione da lui provata contem
plando 3 ritratto di Pasteur, dipiato dal Bau-
nat, che era stato esposto al a Saloo • pmifiaa
del
1887.