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realizzare opere di ritrattistica ben proporzionate

e metteva in evidenza, eolia fisionomia, l'indole

morale dei modelli illustri mi oscuri.

L'Uomo elie. semplice e rude, diceva di voler igno­

rare volontariamente tutto ciò elle è letterario, filo­

sofico. simbolico, fantastico, mistico, mitico ed alle­

gorico edi volcre e sapere dipingere soltanto la realtà

•ritardata con «di ocelli e toccata con le mani, qualche

volta arrivava a geniali e sottili scoperte deU'anima

non sempre chiara di celebri ritrattati, rivelandola

a colpi di pennello: da Lorenzo Delleani. che sem­

bra proprio modellato nella quercia, stupendo di so­

miglianza fisica e spirituale, a Osare Pascarella. da

Alberto Rossi ad Alberto Pasini e a Dina Galli. Gia­

como Grosso ha saputo mettere a nudo le coscienze

più intime e profonde di molti tra i personali più

celebri del suo tempo. In queste opere, fatte più con

il

cuore

che con i colori. l'insigne Artista in un mo­

mento storico nel quale la ritrattistica era decaduta

fino alla insopportabile e tuttavia purtroppo esaltata

« fotopittura ». aveva rassodati» le native doti in uno

stile non confondibile con quello manieristico e piat­

tamente volgare di molti pittori operanti nel clima

sociale e politico degli ultimi lustri del secolo scorso.

L'Artista che per tutta la vita aveva adorato Raf­

faello e Gorreggio. lo Spagnoletto e il Piazzetta. Ti­

ziano e il Bronzino quando pitturav a per la sua gioia

ritrattando parenti dilettissimi e intimi e fraterni

amici, assai frequentemente, insieme al vipere clas­

sico pieno e sontuoso, raggiungeva vibrazioni di pen­

nellate costrittive e splendide, decise e persino spa­

valde. ina. qualche volta, anche trepide e molcenti.

Il mio camerata e collega Marziano Bernardi, vaio*

roso studioso desìi sviluppi della pittura subalpina

ottocentesca, occupandosi dei faticosi e laboriosi

inizi del Maestro, in un articolo pubblicati» in oc­

casione della trionfale Mostra organizzata nel salone

de «.La Stampa » nel febbraio del 1936. riesumava

un giudizio di Andrea Gastaldi sulle possibilità del­

l'allievo giovinetto ancora ignoto, magro e povera­

mente vestito ma già sicuro di sè. ma già audace

alla conquista: «

Tu non te la cavi mollo bene in

pittura. Però fai sempre dei Itei visi. Hai il senso

della delicatezza ».

Il critico aggiungeva che Andrea Gastaldi (a mio

giudizio mediocrissimo pittore e forse anche me­

dioore Maestro) aveva sbagliato in pieno, perchè il

senso e il gusto della delicatezza sono, secondo lui.

del tutto estranei alla pittura gntssiana. A ragione

veduta ed in sede anche della più rigorosa critica io

penso diversissimamente dal collega, condividendo,

invece, il giudizio di Andrea Gastaldi. Pure ammet­

tendo ^he non po-sono es-ere scambiate per espres­

sioni di una vera e convinta te-i estetica certe mor­

bidezze e certe fluidità di accordi tonali, le nitide

freschezze dei bianchi l»ene accoltati ai neri e certe

magistrali notazioni di ro»a pall’do

e

corallino a

contrasto con i verdi teneri e deli'ali. bisogna am­

mettere che le pitture più belle e più memorabili di

Grosso sono squisite e raffinate nelle variazioni e nei

paraggi tonali, studiati a lungo, contemplando i