

«lilette rome creature vive. Con tante opere memo
rabili, «empiici e commoventi Giacomo Grosso in
staurava e raggiungeva una pittura di tocco che può
essere paragonata a quella di alcuni tra i più cele
brati Maestri francesi.
L"« uomo Grosso » non è ancora conosciuto nella
sua leale bontà e nella sua schietta e cordiale abi
tudine di pensiero e di parola. Orgoglioso delle sue
origini rurali, tenace fino alla testardaggine nelle
pas-i«mi e nelle avversioni estetiche, 'giudice deciso,
.senza reticenze e senza infingimenti di uomini, di
a\lenimenti e di cose. Gros*o aveva il culto dell'a-
mil izia : for^e per questo la concedeva a pochi, pure
e-^endo sempre cordiale con tutti.
Chi ha g«»duto il bene della sua amicizia può dire
il cuore che egli ebbe. Non rare volte ho avuto de
risi contrasti, urti perfino verbalmente vigenti con
Lui circa l'apprezzamento di questo e di quell'ar-
tista. di questa o di q u d l’opera;
non
poche volte,
per la responsabilità che
uno
scrittore d ’arte,
con
sapevole dei doveri e dei diritti
che ha di fronte a sè stesso e al
pubblico, ho dovuto schierarmi de
cisamente contro il Maestro nella
valutazione di opere che ammirava
o condannava, senza reticenze e
senza riserve, di artisti che difen
deva a spada tratta o deplorava in
termini recisi quasi crudeli e irre
vocabili.
Ma anche in quelle circostanze de
licate mai e poi mai è venuta meno
la cordiale e, per me, paterna e be
nedicente sua amicizia. In giornate
di rabbiose polemiche su avveni
menti artistici nei quali Giacomo
Grosso prendeva subito posizione,
animoso e combattivo, e chi vi
parla stava sugli spalti opposti,
l ’Uomo incomparabile per la lealtà
d ’anima e di parola, grande signo
re dal cuore immenso, ospitava
l ’avversario che gli era amico nella
sua bella casa a qualcuno di quei
conviti sereni e lussuosi che erano
le sue predilette feste familiari,
le schiette gioie della sua anima
espansiva anche se apparentemente
sempre un po' assorta e vigilata.
25 luglio 1937-XV, festa di San
Giacomo. In occasione della ricor
renza del suo onomastico ('Artista
convocala nella quieta estiva resi
denza di Brusasco i più intimi
amici per offrire loro una cena
pantagruelica e una serata tran
quilla sotto le stelle, nel giardino
della sua predilezione. Alla tavola
imbandita, con la famiglia, sede
vano Leonardo Bistolfi e Giovanni
Giani, anche loro partiti da anni per il gran viaggio
senza ritorno, Cesare Bisrarra. Giorgio Ceragioli,
Giulio Casanova, Cesare Maggi, chi vi parla e qual
che altro. Era un ’abitudine, anzi una tradizione
cara al cuore del Maestro. Gli ospiti arrivavano a
Brusasco verso il tramonto carichi di fiori, sicuri di
fargli molto piacere.
Ma il San Giacomo del 1937 doveva essere la me
lanconica. quasi funebre sagra del congedo. Alla
soglia della villa antica, Giacomo Grosso ri atten
deva malfermo sulle gambe, Mnaprito e un po’ curvo.
Ci accolse con un mesto sorriso, dicendo in dialetto :
«
Da troppo temptt non
r i
retto. Già
.
non vi fate più
vedere! Mi tento molto malato e tlancu
». Fui gli
occhi gli si riempirono di lacriuie. Vedere Giacomo
Grosso intenerito fu per i sopraggiunti un grande
strazio. Era il preannunzio del non lontano transito.
Poi il vecchio Pittore si riprese. Volle toccare, acca
rezzandole, le rose che gli avevamo portato: volle
accogliere «otto gli alti alberi d d parco le Autorità