

LA LEGISLAZIONE PIEMONTESE PER GLI EBREI
Su misure d'indole razziale vera e
propria decretate nel nostro antico
Piemonte — in riscontro con quelle
messe odiernamente in vigore dal Go
verno Fa»cista — ho altrove avuto
occasione di fermare l'attenzione de
gli studiosi. Kd ho posto in rilievo
che il Piemonte sentì la necessità di
provvedimenti razziali particolarmen
te quando — assuntasi la m ilione
storica dell'unificazione d'Italia nel
secolo \vi. sotto i re»ni di Emanuele
Filiberto e di Carlo Emanuele I —
orientò le forze
espaiisioniste
di tutto
il «ilo popolo tenace ed operoso verso
la penisola italiana ’.
Precisamente per raggiungere la gran*
de mèta i due menzionati sommi Prin
cipi intuirono la necessità di conser
vare e di custodire gelosamente le doti
etniche della popolazione dello Stato,
di preservare quota medesima popo
lazione da qualsiasi inquinamento morale e soma*
tico. di impedirne la dispersione all'estero, di de
terminarne anzi il particolare incremento, di assi
curarne per quanto era possìbile il benessere e la
elevazione spirituale, di fonderla .*empre meglio per
conseguire, infine, grande omogeneità di intenti.
Naturalmente, cioè. per formare dello speciale ele
mento etnico un tutto posante ed armonico, vera
mente peculiare: strumento il più appropriato da
manovrare nell'incontenibile tendenza all'espan
sione. caratteristica di Casa Savoia; tendenza per la
quale essa era — come d'altronde è tuttora — espo
nente tipico della sua gente.
Non sono, infatti, diretti specificatamente a questo
scopo: l'impianto delle basi di un vero stato civile
anagrafico, la costituzione di una milizia nazionale
permanente. la proibizione di porsi al servizio di
principi stranieri sia colle armi sia in qualsivoglia
altro modo, l'intniduzione della lingua italiana nei
rapporti ufficiali e nelle pratiche legali, il maggior
potenziamento possibile deU'Università di Torino,
il conseguente divieto di recarsi a studiare in Uni
versità straniere, la proibizione di contrarre matri
moni cogli stranieri senza distinzione di sesso e di
condizione. I
mmoti
» dalle ta s i per le famiglie nu
merose?
In tali fortunose contingenze a Unto illuminati Go
vernanti si impose sempre, insieme alle altre que
stioni principali, il problema ebraico: problema a
volta a volta risolto con apposite
nonne
a salva-
guardia della popolazione
picaontccc contro
i mali
che ad essa sarebbero derivati da una
fiduciosa convivenza sociale con le
colonie ebraiche, di varia provenien
za. sparse nei territori del Ducato.
Del resto, la vigile attenzione di pre
cedenti Principi sabaudi si era già
dovuta fermare per stabilire le con
dizioni della permanenza degli Ebrei
stanziatisi nelle loro terre.
F. A. Dubitili nella sua poderosa ope
ra di Raccolta delle Leggi, ecc., della
Reai Casa di Savoia \ tratta per l'ap
punto in primo luogo dello stabili
mento degli Ebrei nel Ducato sabau
do. FI fra l'altro espone: «L 'epoca
della prima introduzione de* Giudei
in questi Stati è incerta, nè si po
trebbe forse fissare, nemmeno ap
prossimativamente; le croniche e le
storie tacciono, o come di cosa indif
ferente. o perchè si facesse insensi
bilmente, e successivamente per se
parate famiglie: posta nel commercio delle cose e
del denari» tutta quanta l'opera loro, è probabile
che le parti più occidentali d'Italia meno dovi
ziose. e meno intraprendenti, ultime li invitassero
a fissarvi i profughi banchi. Strascinati schiavi a
Roma nel i secolo dell'èra volgare, confinati in gran
numero nella vicina Sardegna, introdottisi successi
vamente in Napoli, odiati sempre e perseguitati,
non è a credere che le loro migrazioni non ne ab
biano antichissimamente condotti in Piemonte: ma
il loro numeroso stabilimento presso di noi pare
potersi
attribuire al bando in cui furono cacciati
ripetutamente di Francia, cominciando dall'anno
1180, richiamati e respinti più volte».
Particolarmente, negli Statuti di Amedeo V ili —
raccolti in cinque libr i
1
pubblicati il 17 giugno 1430
« nel castello di Sciamberì. in presenza de' grandi
e del popolo » (fig. 1) — è pure fatto luogo al trat
tamento per gli Ebrei.
Amedeo VI lì — figlio del Conte Rosso — di co
stituzione fisica gracile, di temperamento medita
tivo e animato da grande pietà rdigioM, era natu
ralmente portalo più ad opere di pace e di conso
lidamento che ad imprese guerresche. Non seguì
peiiauto l'esempio degli avi che. secondo lo Sdopis *
« stando di continuo sulle anni, e valendosi di tutte
le occorrenze di pietra, gli avevano procacciato
uno
Stato di mezzana potenza, ma di gran
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