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delle superfici — specialmente

si tratti di

particolari anatomici — per mantenere ai corpi,

siano figure umane, elementi ili paese o natura mor­

ta. la consistenza e la levigatezza che meglio rispon­

dano aiia costruttiva semplicità delio schema »; ed

un allora giovane critico accennare al « piacere

delle impressioni naturali » che "ià Menzio si con­

cedeva (« paesani chiari, veduti ad occhi socchiu­

si. attenti ai reciproci rapporti delle masse, ralle­

grati qua e là dal lampo di un colore più vistoso »).

dopo tanto « angoscioso impegno di comporre gli

clementi in una \ijiile stilizzazione». Quanto a

Paulucci. di lì a poco l go Ojetti avrehhe potuto

nitare il suo modo di dipingere « tutto alla prima

con una tempera risoluta la quale riesce a rendere

l'atmosfera, le forme del paese e stenograficamente

fino il carattere d'un uomo o d'un animale ». con

un visibile ritorno « all'impressionismo più sicuro

e cordiale ». Solo un anno dopo questo giudizio,

altri osservava come la pittura di Paulucci s'andas-

se « gradualmente assettando, consolidando, inte­

grando ». con una « progressiva riduzione alla es­

senzialità dei mezzi, insieme a una graduale elimi­

nazione delle piacevolezze episodiche del segno,

delle fioriture virtuosistiche ».

Circa un decennio è passato, e gli elementi so­

stanziali del linguaggio pittorico dei tre artisti, mal­

grado le variazioni o progressioni sintattiche, mal­

grado la ricerca di differenti inflessioni, sono rima­

sti i medesimi: che. per noi. è una hella prova di

perseveranza e di fiducia in sè stessi. Diversissimi

fra loro, questi elementi; e tuttavia forse neppur

oggi stonerebbero le parole scritte tredici anni fa dal

ricordato giovane critico torinese: « (Quell'aiuto a

semplificar*i ed a riconoscersi, queli'audacia di in­

traprendere l'opera, che in antico i giovani conse­

guivano frequentando le

botteghe

dei maestri, oggi

non si può ritrovare se non assimilando con discer­

nimento e disciplina le huone influenze. Casorati,

sui giovani che lo circondano, è un suggestivo in-

Huenzatore: e di rado un'influenza artistica fu eser­

citata con altrettanta huona grazia e fatta meno pe­

sare ». Riferendoci a un clima artistico torinese nel

quale sono maturati anche Menzio e Paulucci. sia

l'uno che l'altro non «i sentiranno di certo sminuiti

•e accenniamo all'azione di «maestro» svolta un

tempo anche *u di loro da Casorati: azione di cui

si scorgeva qualche vaga traccia — magari soltanto

« morale » — pur nella recente mostra.

Ma poiché, come diceva Rodin. le linee, i colori,

le forme, il disegno, le sfumature, il rilievo — cioè

gli elementi puramente figurativi sui quali oggi tan­

to (e troppo) sì insiste — altro non Mino che le pa­

role e le fra>i di un linguaggio tutto spirituale, e la

•eduzione di una gamma coloristica risiede essen­

zialmente nei sentimenti interiori ch‘rt>M sa desta­

re Nell'opera d'arte — «otteneva l'autore dei

Borghesi di Calai

« — ciò che soprattutto importa è

quello che non si vede, cioè quello che è suggerito

dall'immagine visibile a), ri *ia Irrito affermare che

per noi il maggior intrrr»-e della mostra, riera di

una cinquantina d'opere scelte con acuta autocri­

tica. consisteva nella precisa definizione dei tre tem­

peramenti. Netti e rilevati essi halzavan fuori, si

può dire, da ogni pennellata: il sottile tormento,

la castigata rinunzia, l'intima e talvolta acre malin­

conia che costituiscono uno dei fascini più intensi

di Casorati, quel suo squallore così ricco di idee,

di presupposti, di suggestioni, di sconsolate eppur

toccanti immagini; la raffinatezza stilistica di Men-

zo. ricercatore esasperato di un contrappunto co­

loristico. ma (almeno in apparenza) così libero, ab­

bandonato. rapito nella gioia pittorica quando il co­

lore si fa luce e con la luce, giocando accortamente

di toni, divien forma, ora fantastica se obbedisce a

un estro impetuoso, ora precisa e serrata se l'artista

vuol mostrar la sua bravura; la spigliatezza, l'ele­

ganza. il brio, ma anche la cocciuta indagine del

motivo, il lieve barocchismo, l'ardore e l'ardire nel-

l'avventurarsi in temi ardui, il vasto decorativismo

e l'agile cordialità narrativa, che sono i tratti carat­

teristici di Paulucci.

In tutti e tre ancora una volta si scorgeva (meno

forse in Paulucci e nel Menzio. ritrattista di

Mauro

e rapidissimo impressionista delle due

Marine

tanto

vivaci quanto liete) quel ritegno, quel pudore, quel­

la grandissima « paura » di cadere in una anche

minima concessione non dico di piacevolezza, ma

soltanto di simpatia per gli aspetti più cordiali della

vita e del mondo. Esempio: Casorati esponeva uno

squisitissimo brami pittorico, una natura morta tes­

suta sul verde e sul bruno, ma questa natura morta

consisteva in mele cotogne aceri»** e marce: Menzio

ci dava un nudo tonalmente sapientissimo, ma era

formalmente il nudo più angolosi! e povero che mai

pittore potesse togliere a modello: Paulucci azzar­

dava un ritratto di signora, ma provava il bisogno

di violentarne il composto raccoglimento con un

contrasto quasi sfacciato di colori. Non apriamo di­

scussioni. per carità, sul « bello » e sul « brutto »:

formule generiche, del resto, e non precise realtà

dell'arte. La scelta del soggetto e dei mezzi per

esprimerlo è. grazie a Dio, libera, ed è un dovere

dell'artista non tradire minimamente i suoi gusti.

Resta però il fatto indiscutibile che anche i gusti

posano diventare una retorica: la retorica dello

scarno, del povero, del casto, dello squallido, la re­

torica della rinunzia come già «'ebbe in altri tempi

la retorica del sensualismo. Questa specie di asce­

tismo plastico (assai più sincero di quanto non cre­

da la massa del pubblico pronta sempre ad irri­

tarsi) aduggìa in verità soverchiamente appunto l'o­

pera di quegli articti che. per fortuna, sdegnano di

imbrancarsi sopra strade che parerrhi vorrebbero

perentoriamente additare all'arte italiana per ri­

durla (essi s'illudono) ad un linguaggio sedicente

« popolarr ». ma in rraltà soltanto plebeo. L'uno

r l'altro aspetto sono — ripetiamo — nient'altro

chr retoriche: dannose entrambe e quindi entram­

be da rvitarr. anche se elaborate e predicate nella

luce di -acro-ante rrazioni.

MARZIANO MftNAJkOt

M